In questo strano anno che sta per concludersi Yanez ha pubblicato circa 180 nuovi pezzi. Tantissimi per una rivista che dal 2016 ha deciso di puntare tutto sul giornalismo di lungo formato e su un lavoro editoriale minuzioso, critico e attento. Un lavoro in cui crediamo fortemente, un’idea di informazione per la quale continueremo a impegnarci anche nel 2021.
Questi di seguito sono, in ordine sparso, i dieci pezzi più amati dai lettori di Yanez nel 2020.
Essere passivo-aggressivi – di Domenica Morabito, illustrazioni di Marta Bianchi
Un viaggio, personale e concettuale, per raccontare uno dei comportamenti più diffusi, ma meno riconosciuti, del nostro tempo.
“Il passivo-aggressivo non prende posizione, combatte con silenzi punitivi e musi lunghi, omissioni, battute sarcastiche, falsi complimenti, dispetti. Senza perdere il sorriso. E’ un comportamento passivo-aggressivo, ad esempio, guardare di proposito il cellulare mentre qualcuno ci sta parlando. Lo ignoriamo, gli stiamo dicendo che le sue parole in quel momento non hanno nessun valore per noi, nemmeno un suono: abbiamo altro da fare.”
Dove non ci sarà coraggio, resterà solo l’odio – di Lorenzo Monfregola
Una breve analisi, lucida e precisa, delle dinamiche europee legate al debito, realizzata nel momento di massima pressione della pandemia.
“Di fronte alla crisi del Covid-19 fare debito serve per salvare vite umane e intere economie nazionali. A livello europeo, quindi, anche forme di approccio concretamente solidali al debito non sono da gestire con la categoria della “colpa”. Tocca però convincere una parte di élite dirigente di lingua tedesca che “Schuld, Schulden” (debito, debiti) non significhino la stessa cosa di “Schuld” (colpa). Il fatto che siano praticamente la stessa parola complica un bel po’ le cose.”
Lo stupro come paradigma culturale – di Nora Cavaccini
Di cosa parliamo, quando parliamo di stupro?
“La mitologia non è altro che uno dei più antichi serbatoi di storie con cui l’uomo, sin dall’antichità, ha cercato di rappresentare a se stesso il mondo, l’idea del bene e del male, del bello e del brutto, e anche del maschile e del femminile.
In queste dicotomie si nasconde ovviamente grande complessità, ma possiamo provare comunque ad avanzare delle riflessioni rimanendo sul nostro tema.
Quando Plutone viene trafitto dal dardo di Cupido e rapisce Proserpina, ci è restituita l’immagine di un uomo (anzi di un dio!) egli stesso preda di un istinto che non può combattere, o dominare. L’amore non ha nulla a che vedere con l’educazione sentimentale, ma è invece una forza cieca che chiede di essere soddisfatta, che irrompe “a precipizio”.”
Essere Deserto – di Stefano Boring
Il deserto è molto più di uno spazio.
“Il vero demiurgo del deserto è proprio il vento. L’interazione fra vento e superficie arida gioca un’azione fondamentale. Il vento, infatti, erode, sfalda, escava, trasporta e deposita particelle dando vita a quelle che sono le formazioni più appariscenti. Dalle diverse tipologie di dune, ai laghi detti, appunto, eolici; dalle distese di rocce, alle spettacolari e gigantesche sculture di terra alte decine di metri dette Yardang. Formazioni che a un occhio esperto raccontano molto sulla tipologia di clima e sui fenomeni eolici del territorio, da dove spira il vento per esempio, le sue inversioni e la sua direzione.”
Ode agli Späti di Berlino – di Ambra Cavallaro
Un amore incontrollato e incomprensibile per dei luoghi meravigliosamente oltre ogni concetto di commercialità.
“La realtà dei fatti è che questi luoghi rappresentano molto più che dei semplici negozi. In essi si colloca un vero e proprio stile di vita, quello della Berliner Kultur, a cui sono indissolubilmente legati, proprio come lo sono alla città stessa che ne ospita di ogni sorta e in ogni dove. Ci sono per esempio quelli nelle stazioni della U-Bahn e della S-Bahn, noti principalmente come Kiosk (in modo analogo a ciò che avviene nelle regioni della Germania occidentale). Questi appaiono talvolta avveniristici e avvolti da accecanti fasci di luce al neon che trovano la loro ragione d’essere nei prezzi esorbitanti impressi sugli espositori, oppure, al contrario, estremamente fatiscenti, con vetrine colme di articoli impolverati e ormai scoloriti capaci di insinuare legittimi dubbi in merito al loro periodo di permanenza in quelle teche. Gli Späti interni alle stazioni sono punti vendita di passaggio, nei quali di norma non si ha alcun interesse a trascorrere del tempo e che, nella gran parte dei casi, si evita anche accuratamente di frequentare.”
Il Cile ha gli occhi grandi – di Serena Montera
Per gli amanti del Sudamerica, dei viaggi lontani, delle idee ribelli e delle strade che sanno di esistenza.
“In cima la natura sta sola e ti zittisce. Due grandi specchi d’acqua separati da poche centinaia di metri, si accompagnano tra montagne dalle forme cremose, tinte come da polveri colorate cadute dal cielo, e sfiorate dalle grosse ombre scure di nuvole in cammino. Avverto la superbia di chi sa di meravigliare per tanta bellezza. Mi affanno di più ad ogni passo e limito all’essenziale movimenti e parole. Compaiono di nuovo gli animali dorati dal collo lungo, ancora in gruppo. Osservo l’armonica corsa giù per il colle, che costeggia le sponde bagnate fino a risalire e terminare davanti a me. Sagome brillanti sovrapposte a strati di colori e di materie. Uno di loro si siede in terra e lo faccio anch’io, ci guardiamo negli occhi, io e la creatura fantastica con messaggi dall’universo. I vicuñaproducono la lana più pregiata e cara al mondo, l’antica civiltà Inca ne riconosceva la sua unicità e la paragonava all’oro, la indossavano solo i reali e meritava grande rispetto. Mi convinco che il vicuña sia qui per me ed è difficile lasciare andare questo momento.”
Biancaneve in Val di Non – di Margherita Seppi
Viaggio nel cuore del Trentino, per raccontare il rapporto, quasi morboso, fra popolazione e mele.
“Sono cresciuta in Val di Non, in Trentino, dove i meleti si estendono in ogni direzione. Per tutto il campo visivo i meleti rosicchiano ogni spazio, si insediano nei boschi, si arrampicano sui pendii, arrivano sulle sponde dei laghi, quasi ti bussano alla porta con quei rami lunghi, butterati, invadenti.
Sono nata in ottobre, nel periodo della raccolta, quando mia madre era sola in casa e il resto della famiglia era nei campi. Sotto ai meli ho dato il primo bacio da bambina, ho fumato la mia prima sigaretta, ho perso la verginità in una notte di agosto stesa su una coperta. Sopra ai meli ho costruito casette di rametti e di paglia, mi sono arrampicata per leggere, per mettere la faccia al sole. Fra i meli ho corso un migliaio di volte fino a perdere il fiato, ho camminato quando ero triste, ho confidato da adolescente alle amiche segreti che mi parevano sconcertanti, sono andata a piangere quando mia madre era a letto e stava esalando al mondo i suoi ultimi respiri.”
La terza guerra mondiale non è ancora scoppiata – di Enrica Fei
Sembra passato un secolo, ma all’inizio del 2020, dopo l’uccisione del generale iraniano Suleimani da parte dell’intelligence statunitense, ci preoccupavamo che il mondo fosse sull’orlo di un drammatico conflitto su scala planetaria. Sappiamo tutti com’è poi andata a finire…
“Le piazze principali di tre grandi capitali del Medio Oriente si chiamano “saahat attahriir” –Piazza della Liberazione. C’è una Saahat Attahriir a Saʾana, in Yemen, una ad Al Cairo, in Egitto, e una a Baghdad, in Iraq. Sono enormi piazze attraversate ogni giorno da centinaia e centinaia di persone. In occasione di proteste, rivolte popolari, ribellioni, rivoluzioni, hanno sempre rappresentato il loro epicentro, il luogo di ritrovo e raduno dei manifestanti. Sono diventate teatri di sangue e violente repressioni da parte del regime, quando le rivolte popolari – sempre – sono state sedate. Piazza Tahriir: Piazza della Liberazione. È ironico pensare al loro nome.“
La costruzione della solitudine collettiva – di Linda Farata
Alla scoperta di un universo sociale in cui l’individualità è ormai valore e dramma.
“La loneliness si è fatta strada nei nostri vocabolari – e nelle nostre vite – a partire dal XIX secolo, a braccetto con l’industrializzazione, l’urbanizzazione e l’insorgere del capitalismo. Ma soprattutto, di pari passo con “la nascita dell’individuo”.
Nel XIX secolo, il darwinismo sociale fornisce una giustificazione teorica al perseguimento della ricchezza personale da parte dei vittoriani. Nel XX secolo, il sogno americano cristallizza il concetto di meritocrazia: l’eroe moderno diviene il self-made man. La ricchezza e la fortuna sono da attribuirsi ai meri successi del singolo, spogliando il ragionamento di qualsiasi considerazione sulle condizioni di partenza. Chi soffre è da biasimarsi: non si è impegnato abbastanza. La società capitalistica è imperniata sul concetto stesso di individualismo. Lo sforzo individuale, l’autosufficienza e l’indipendenza sono i suoi tratti distintivi.”
Comandare è meglio che fottere – di Francesco Capria e Mauro Mondello
Fra le tante ferite aperte dal Covid-19 c’è anche quella al concetto di democrazia.
“Il rischio più grande di una società dominata dalla paura è in tal senso quello legato all’accettazione perpetua della limitazione delle proprie libertà, un’approvazione rassegnata di misure che, nate provvisoriamente e “per il nostro bene”, modificano per sempre, in maniera drastica, la nostra presenza nello spazio democratico, ben al di là dei tempi dell’emergenza.
Si tratta in primo luogo della costruzione del cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”, un’architettura globale di controllo che diventa elemento imprescindibile al nostro movimento e che ribalta completamente la cultura contemporanea della sacralità della concessione dello spazio privato. Corea del Sud e Singapore, in questo quadro, hanno già implementato dinamiche di sorveglianza individuale fortemente invasive, che mai sarebbero state accettate sino a poche settimane fa e che vengono invece studiate in questi giorni come modelli virtuosi da esportare in tutto il mondo.”
MENZIONE SPECIALE
I 30 migliori film degli Novanta – di Autori Vari, illustrazione di copertina di Ivano Talamo
Ci siamo lanciati in una serie di impossibili classifiche cinematografiche. È stato divertente e difficile, ma ci è piaciuto un sacco. Quella sui film della decade fra il 1990 e il 1999 ha avuto un grandissimo successo.
“Ho affittato un killer (Aki Kaurismaki, 1990)
Aki Kaurismaki non è un regista convenzionale. Nei suoi film non si corre, per nessuna ragione, e i suoi personaggi, le sue storie, sono sempre calate in un tempo metafisico, assoluto, universale, a metà fra il fumetto e la sperimentazione teatrale.
A tanti non piace Kaurismaki, lo so, ma tante volte è perché non si fa lo sforzo di provare a entrare nel suo ritmo delle cose. Prendiamo questo film ad esempio. E’ tanto assurda quanto meravigliosa, la storia dell’impiegato francese stralunato, che si perde nel grigiore di una Londra industriale, una città in cui si sente perduto e da cui viene abbandonato, piena di bar fumosi di periferia nei quali farsi rispettare a colpi di frasi da duro, lanciate in un inglese pesantemente sporcato. A combattere contro la morte, arriva l’amore. E poi, a un certo punto, arriva pure Joe Strummer.”
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