Nel 2019 abbiamo pubblicato quasi 200 nuovi articoli. Per una rivista come la nostra, che va avanti grazie allo straordinario lavoro dei suoi appassionati collaboratori, è davvero un grande risultato, di cui siamo fieri e orgogliosi. Soprattutto, considerato il tipo di giornalismo che proviamo a proporre. Un’informazione dilatata, di lungo formato e di lunghissime idee, possibile solo grazie al desiderio puro di costruire un tipo di giornalismo diverso, che si concretizza a seguito di un lavoro editoriale che deve, in ogni fase, restare critico e attento. Un lavoro in cui crediamo fortemente, un’idea di giornalismo per la quale continueremo a impegnarci anche nel 2020.
Questi di seguito sono i dieci pezzi più amati dai lettori di Yanez nel 2019.
Prova a star con me un altro inverno a Pordenone – di Caterina Coral
Cartoline schiette e innamorate, che ci portano dentro i segreti della città friulana, fra Corso Garibaldi, il festival del libro di Pordenonelegge e le brioches della Pasticceria Reale.
A volte, quando ero da sola o con le amiche più strette, mi piaceva andare a salutare Egle. Allora superavamo il municipio, attraversavamo piazzetta San Marco lasciandoci il duomo con la sua facciata spoglia e il campanile sulla sinistra, per raggiungere il ponte di Adamo ed Eva, un ponticello di pietra che prende il suo nome fraintendendo quello delle due statue al suo ingresso: Giove e Giunone. Da qui si incontrava il Noncello, un fiume di media portata che oggi scorre in sordina ai lati della città.
Quando la stagione era più secca e l’acqua più limpida era possibile individuare Egle: una bicicletta immersa tra i flutti, di cui si poteva ancora notare l’originale colore rosso fiammante, ancora non del tutto arrugginito e a cui ci eravamo divertite a dare un nome. Per ammazzare il tempo ci ritrovavamo spesso a metà del ponte, amavamo guardare il fiume, acqua verde circondata da ulteriore verde, quello delle foglie, dell’erba, del muschio. Ci piaceva inventare storie sulla sua fantomatica proprietaria e ci sentivamo come quella bici: un mezzo di locomozione impedito nel movimento, allagato, incastrato, soffocato da una realtà minuscola, ma con il potenziale di poter andare dappertutto, esplorare l’inesplorato.
Supersex, il fotoromanzo pornoalieno – di Riccardo Zamunaro
Supersex è un personaggio creato nel 1965 dalla penna di Alan G. Ferguson. In questo pezzo se ne raccontano storia, vicissitudini, eredità culturali e tracce critiche, con una piccola dose di erotismo ed un’inevitabile carrellata di pornografie.
Ma chi è Supersex? Un extraterrestre erosiano ossia proveniente dal pianeta Eros, che per un guasto alla sua navicella spaziale è costretto ad atterrare sul nostro pianeta, in Olanda. Purtroppo però, il mezzo è destinato a disintegrarsi poco dopo l’atterraggio di emergenza, e Supersex, per riuscire a salvarsi, è obbligato ad abbandonarlo. Facendo ciò il nostro eroe si ritrova presto in balia degli agenti atmosferici inadatti del nostro pianeta, poiché troppo aggressivi per la sua struttura. Supersex infatti è un’entità priva di corpo, un‘ombra nera che si aggira per i boschi olandesi alla ricerca di un corpo ospite. L’unica possibilità di salvezza consiste nell’Operazione Transfert, una sorta di osmosi psicosomatica di trasferimento di un essere nel corpo di un altro. L’operazione transfert però, può essere attuata solo nel corpo di un uomo, e non quello di una donna. Qualsiasi uomo va bene, l’importante è che abbia un pene.
Poveri e londinesi – di Serena Ansaldi
La Londra meno conosciuta, quella di chi cresce povero in una città di ricchi, delle case popolari (le cosiddette council houses), dei disoccupati e del welfare inglese.
Una litania tra il canto e la preghiera si alza inaspettata nell’aria. Difficile capirne la provenienza in quel geometrico teatro urbano, costellato da case tutte identiche di mattoni rossi, sparute aree verdi e il lungo ponte in cemento della ferrovia di superficie. Eppure quelle voci sembrano vicine, come se fossero i mattoni sbiaditi ad emetterle.
A sinistra mi si aprono dinnanzi, come enormi bocche voraci, i magazzini ricavati nelle arcate sotto la struttura del ponte. Una porta socchiusa, minuscole scarpe allineate all’uscita. Lembi di bianche e nere vesti adagiate sul pavimento, che si muovono ritmicamente al suono del canto e della preghiera. Tra un deposito di generi alimentari e un negozio di frutta, si nasconde, insospettabile, una moschea, quasi fagocitata dal cemento e dai mattoni della struttura sovrastante. Siamo a Stocks Place, nello storico quartiere di Limehouse nell’est di Londra, vicino all’antica area portuale della capitale inglese.
Nudismo vs Capitalismo – di Margherita Seppi
Freikörperkultur: storia del naturismo in Germania.
Faccio notare subito due cose. La prima è come la FKK non nasca in relazione con il sesso. Al contrario, i naturisti credevano che la continua esposizione al corpo nudo distruggesse ogni carica sessuale, volevano normalizzare la sessualità depurandola dai tabù cui è associata. Se avete qualche familiarità con il termine FKK, però, probabilmente lo avete già automaticamente collegato alla scena dei sex club tedeschi, ad esempio l’Artemis di Berlino, uno dei più grandi bordelli della Germania. Si tratta di fatto di un’appropriazione indebita del termine. Il marchio – non registrato – nel corso del tempo è stato via via sempre più di frequente sfruttato per la promozione di offerte a sfondo erotico, fino a venir legato indissolubilmente alla sfera dell’intrattenimento sessuale. Ma in realtà le origini della FKK sono completamente diverse: il corpo era il focus di una filosofia politica e di vita che perseguiva l’armonia con la natura e gli altri esseri umani, e pertanto doveva essere curato e accettato nella sua normalità.
Storia d’amore fra un veneziano e Venezia – di Gianluca Cedolin
Come scatti in bianco e nero da una vecchia Polaroid, questo racconto emotivo ci trasporta, per immagini e ricordi, fra il ricordo di una Venezia che non torna e il presente di una città determinata a sopravvivere.
Ogni volta che torno a Venezia, il contapassi del telefono supera quota 10mila attorno all’ora di pranzo: si cammina tantissimo, qui. L’idea di poter raggiungere tutti i posti a piedi per i veneziani è una forma mentis. Ricordo che una volta a Roma io e i miei genitori abbiamo imboccato a piedi un cavalcavia, rischiando di essere investiti: avevo letto che la nostra destinazione distava quarantacinque minuti a piedi, ma non avevo pensato che forse non fossero, i quarantacinque minuti, tutti camminabili.
Per me Venezia, è casa mia, il luogo in cui sono cresciuto e da cui i miei amici vanno e vengono, da sempre un porto di mare. Da me si guardano le partite dell’Italia e quelle del Milan (solo io, mio padre e Tommi, gli altri sono tutti juventini); si organizzano le cene di Natale, le serate alla Play, i ritrovi per prenotare le vacanze, le grigliate in giardino: il 2153 del sestiere Castello è un viavai continuo, soprattutto ora che la stanza di mia sorella Micol è affittata. E oggi, quando torno, a volte devo dormire sul divano, visto che Micol nel frattempo ha messo su famiglia e si rischia l’overbooking in certi weekend. Bellissimo. Il record è stato battuto nell’estate 2013, quando ho invitato settanta persone per una festa in casa stile Project X: i vicini ancora non me lo perdonano.
Ordoliberalismo: l’universo parallelo dell’economia tedesca – di Alessandro Borscia
Per sapere tutto, ma proprio tutto, della dottrina economica che ha determinato la nostra epoca.
Nell’ambito dell’attuale dibattito sulla situazione economica e politica dell’Unione Europea, uno dei temi più interessanti riguarda proprio la questione di quanto l’ordoliberalismo sia “responsabile” della posizione che la Germania ha assunto, e che tuttora assume, nei confronti degli squilibri dell’Eurozona. In molti, soprattutto fra gli economisti non tedeschi, credono che la chiave per capire il comportamento tedesco nella crisi dell’euro stia proprio nell’analisi dell’opera di Walter Eucken.
Lorenzo Mesini, ad esempio, scrive su Limes che i principi ordoliberali, dopo avere trovato attuazione all’interno dei confini nazionali, si sono trasformati nel principale motore dell’integrazione economica europea, plasmandola fin dall’inizio secondo un insieme di vincoli e principi di governance funzionali agli interessi dell’economia nazionale tedesca. (Limes, 12/2018, p. 241). Altri studiosi, in maggioranza tedeschi, sostengono invece il contrario, e cioè che l’ordoliberalismo non spiega la posizione tedesca all’interno della crisi e che le sue teorie non prevalgono nelle politiche macroeconomiche della Germania.
Full Metal Internet – di Beniamino Cianferoni
I millennials, il capitalismo, la dipendenza da social, la crisi psicologica globale.
Le profezie si stanno avverando? Internet, e soprattutto i social media, sono diventati un Grande Fratello da un lato e una distrazione compulsiva continua, l’intrattenimento senza via d’uscita di “Infinite Jest”, dall’altro. Perché chi è in anticipo sui tempi, per sensibilità privata e per la collettività, sconta sulla propria pelle le distorsioni del futuro. Wallace voleva scrivere un romanzo sull’infelicità, ma è la combinazione di queste due profezie che non era stata ancora preannunciata. È il risultato del capitalismo digitale che domina lo sviluppo tecnologico che, a sua volta, pervade interamente la vita delle persone.
Il genio del basket non ero io – di Giorgia Bernardini
L’educazione emotiva di una ragazza su un campo da basket.
Le ragazze di La Spezia sono diverse dalle mie compagne di squadra. C’è un’allegria in loro, mista a serietà, che mi è nuova. Sono scherzose, fanno battute da insider, ma quando tirano a canestro sono concentrate come se non ci fosse nient’altro di più importante nell’universo che mettere a segno quei due punti. Io le osservo dall’altra metà campo, quella deserta, e ascolto con attenzione mentre tiro a canestro da sola. Stanno parlando di una partita: Mery è stata infinita come sempre e una certa Monica ha fatto tornare a casa la sua avversaria con i segni delle dita stampate da tutte le parti.
Chi è Mery, mi chiedo? Chi è Monica? Non passerà molto prima che lo scopra.
Quando l’allenatore arriva in campo le ragazze si fanno serie, si stringono in un capannello attorno a lui e ascoltano attentamente – fino a quel momento nessuna ha dato cenno di essersi accorta della mia esistenza. In breve ci viene esposto l’allenamento, ci mettiamo subito a lavoro. Mi bastano pochi minuti di riscaldamento per notare gli abissi tecnici che ci separano. I loro fondamentali di passaggio e palleggio sono raffinati, in campo vige un ordine gestito con maestria dal playmaker, che aumenta o rallenta il ritmo di gioco in base alla lettura delle situazioni. I ruoli delle giocatrici all’interno delle squadre sono stabiliti in modo definito e io, che fino a quel momento ho coperto la posizione da uno a cinque in base alle necessità di gioco, mi trovo senza un posto a cui tornare ogni volta che la mia squadra prende il possesso della palla.
«Tu», mi chiamano, e io non rispondo, inconscia che si stiano rivolgendo a me. Per imparare il mio nome ci impiegheranno qualche settimana, ma quando sono più avanti di tutte, la palla mi arriva fra le mani con un passaggio perfetto.
Intervista a Moana Pozzi – di Mattia Grigolo
E se Moana Pozzi fosse viva? Noi l’abbiamo intervistata.
“Buonasera.” cammina verso di me, aggirando l’auto dalla quale è scesa. Allunga una mano, gliela stringo, è fragile e spigolosa.
I capelli voluminosi, ondulati e palesemente tinti. È curva sulle spalle, ma mantiene un portamento fiero. Non è riuscita a nascondere le rughe con il trucco oppure non ha voluto. Sono tutte lì, come zigrinature perfette su un gioiello costoso. L’unica cosa indimenticabile è il suo sguardo. È un abisso.
“Ho prenotato un tavolo in quel Café. È il mio preferito.” allarga il gomito invitandomi ad accompagnarla.
Dico ‘certo’ infilando il mio avambraccio attorno al suo, senza aggiungere altro, perché non riesco. L’emozione mi ha colpito senza avvisarmi, anche se me lo aspettavo. Sapevo non sarebbe stato semplice. Mi sono preparato per settimane, studiando quello che un tempo era il suo modo di parlare, di rispondere alla gente e ai giornalisti. Pensavo di riuscire a controllare la mia sensibilità, ma non è così. E lei se ne accorge immediatamente.
L’auto riparte lentamente, parcheggiandosi una ventina di metri più avanti. Non scende nessuno.
Germania, la rabbia dell’Est – di Lorenzo Monfregola
Analisi storica e politica di un paese che deve ancora superare i postumi della riunificazione.
Nonostante centinaia di miliardi di investimenti, l’economia degli stati dell’ex DDR rimane ancora oggi indietro rispetto a quella dell’ovest. I grandi centri orientali come Lipsia e Potsdam stanno crescendo velocemente, ma le aree più provinciali vivono una sostanziale depressione economica e sociale. Si tratta di un problema strutturale, frutto anche dello smantellamento quasi completo delle obsolete industrie della vecchia Germania socialista, avvenuto nei primi anni ‘90. Smantellamento a cui sarebbe dovuta seguire una riqualificazione ragionata. Riqualificazione che, invece, è stata messa in atto solo parzialmente, malgrado l’arrivo a est di piccoli eserciti di impiegati del governo federale e vere e proprie missioni di investitori occidentali. Ancora oggi, quegli stessi investitori, funzionari e manager vengono talvolta indicati come emblematici dell’arroganza di un ovest che dopo la Riunificazione sarebbe stato solo interessato alla trasformazione accelerata di un’economia socialista in un tassello periferico del mercantilismo capitalista tedesco.
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Wale Café
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