Ogni mese raccogliamo il meglio di quello che è stato proposto da Yanez e lo riproponiamo. Questi sono gli articoli che avete apprezzato di più nel primo mese del 2017, raccontati attraverso stralci e citazioni (cliccando sul titolo verrete rimandati direttamente all’articolo):
L’online dating spiegato a tua madre
di Margherita Seppi
con le illustrazioni di Simon Rizzi
“Il 58% delle persone su OkCupid sono interessate al bondage, il 23% degli utenti si masturba almeno una volta al giorno, la domanda che è più frequentemente evidenziata come “molto importante” è: “Usciresti con qualcuno che ha dei pregiudizi contro una specifica etnia?”
“Žižek, dicevamo, in una delle sue interviste sostiene che ciò che c’è di triste nell’amore ai giorni nostri è che abbiamo tolto dal “fall in love” il “fall”, il cadere.”
“OkCupid fa da ponte ai siti vecchio stampo che aiutano nella ricerca di un partner stabile e quindi si appoggiano su tutta una serie di parametri in cui rientrare e criteri da rispettare, e le app di nuove generazione, più volte al sesso occasionale. Il match con gli altri utenti viene stabilito dopo aver risposto ad una serie di domande che coprono vari argomenti, dall’etica alle preferenze sessuali. Sul profilo personale, poi, viene lasciato lo spazio per una descrizione esaustiva, che molti utenti sfruttano completamente.”
Vent’anni nella terra di nessuno a Genova
Reportage fotografico di Zaira Biagini
“Il Centro Sociale Occupato Autogestito Terra di Nessuno nasce nel Dicembre del 1996 a Lagaccio, quartiere popolare di Genova, all’interno di un ex-officina abbandonata dagli anni Settanta adibita a discarica abusiva. Il fabbricato, che comprende un capannone di 230 mq e un appartamento sovrastante di circa 110 mq, al momento dell’occupazione da parte di un gruppo di giovani del quartiere, presentava al suo interno un’enorme quantità di rifiuti quali lavatrici, scheletri di macchine, frigoriferi, motori rubati e detriti che furono, però, l’inizio di un atto politico volto al riciclo e al riutilizzo contro il degrado e l’abbandono in cui versava la zona.”
Quel tossico di Hitler
di Mattia Grigolo
“Insomma, I nazisti erano junkie.
È una cosa che a pensarci potrebbe far sorridere amaramente; questa razza che si ritiene perfetta, questi robot eccezionali, questi uomini convinti di essere i prescelti. Ricorda qualcosa di molto attuale. Quest’uomo immenso, in grado di plasmare la storia per l’eternità, quasi reggerla sul palmo della sua mano per anni. Un oracolo, il prescelto. Ecco questi esseri infiniti si drogavano, facevano uso di cocaina, di amfetamine.”
“La giornalista tedesca Julia Encke, in un’intervista apparsa sull’edizione on line del Frankfurter Allgemeine domanda a Ohler se la presunta follia di Hitler possa diventare più comprensibile se si considera lui come un drogato. La risposta dello scrittore è la seguente: si e no. Giustamente.
Noi gli abbiamo chiesto, invece, se secondo lui ci fosse un connessione fra il suo stato psichico e la droga che assumeva.
“Sicuramente. Aveva una dipendenza grave. Il pesante abuso durante il 1941 e poi, soprattutto, nel 1944 hanno deteriorato ulteriormente il suo stato di salute fisica e mentale.”
I film in poche parole #1
Una rubrica di cinema curata da Francesco Somigli
“Un palestrato in calzamaglia e una stufa di ghisa (magistralmente riempita da Ben Affleck) discutono su chi dei due sia più credibile mentre fanno a brandelli l’umanità.
FINE”
Perché scrivere
di Paola Moretti
“Sono stata in silenzio per molti anni. Da bambina perché succhiarmi il dito mi sembrava un’attività molto più soddisfacente. Da adolescente perché paralizzata da un’eccessiva, e probabilmente distorta, autocoscienza. Da una parte ero convinta che tutti fossero in grado di vedere quello che vedovo io, quindi perché aggiungere ovvietà al discorso? Dall’altra articolare i miei pensieri in frasi poi pronunciate ad alta voce rappresentava uno stress emotivo troppo forte se comparato alla poca importanza che ai miei occhi avevano le cose che avevo da dire. Non riuscivo a forzarmi a fare tutta quella fatica solo per dire come la pensavo.”
“Mi è stato chiesto dai professori, dagli amici, dagli sconosciuti. Ho sempre risposto con un’alzata di spalle e un laconico: ‘Per capire le cose’. Era vero. Lo è ancora. Ma adesso posso dirlo senza vergognarmi: il motivo per cui scrivo è per capire me stessa. Non raggiungerò mai il mio scopo. È come cercare di capire di che colore è il mare. Per quanto scrivere mi possa pacificare, chiarificare, non arriverò mai al punto in cui potrò dire: ‘Adesso l’ho capito, so chi sono’. Perché le onde, che siano agitate o tranquille, il loro colore dipenderà sempre dal fondale marino, dai raggi del sole, dalle nuvole nel cielo, dagli occhi di chi le sta guardando.”
Terrorismo: il dovere di andare oltre l’infotainment
di Lorenzo Monfregola
“Alla meccanica del terrorismo fondamentalista va bene qualunque tipo di reazione, anche quella distrattamente tollerante. L’importante è che le risposte rimangano emozionali, generalizzate, narrativamente consumabili ma mai psicologicamente convincenti.
La sola circostanza di cui abbia bisogno il terrorismo è che tutto si mantenga sul piano delle retoriche più banalizzanti, poco importa se negative o positive, perché sono queste le retoriche incapaci di reggere la paura e lo shock.”
Never Trust a Punk
di Margherita Seppi
“Hai 17 anni, cammini, la strada è buia e intorno non c’è nessuno perché vivi in un posto sperduto che non sopporti, ad ogni passo le catene che hai legato ai pantaloni più per scena che per tenere al sicuro qualcosa di valore sbattono e cingolano, stai producendo il rumore di un fantasma, e in verità ti senti un fantasma perché nessuno ti vede, e in verità ti sta bene sentirti un fantasma perché non vuoi che nessuno ti veda.”
“Il punk ha portato il caos in una musica che era governata dalla tecnica. L’esistenzialismo ha portato il caos in una filosofia che era governata dalla logica. Nella musica, c’erano i Pink Floyd, nella filosofia, c’era Hegel.”
“Il mio preferito fra i filosofi esistenzialisti, che è Albert Camus, dà una connotazione leggermente diversa a questa angoscia. Lui la chiama Assurdo. Una parola bellissima. Per come la vedo io, Camus leviga un po’ le asprità dell’angoscia e la fa diventare un sentimento che è sì, spiazzante e terrificante, ma è privato di quella negatività insita nell’angoscia radicale.”
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Immagine di copertina © Zaira Biagini
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