La connessione tra guerra e droga esiste.
E in qualche modo, nemmeno troppo velato, ogni guerra ha la sua droga.
Durante la Prima Guerra Mondiale i soldati abusavano dell’alcol, durante la Seconda sono state introdotte negli eserciti le amfetamine e la cocaina. Dal 1955, durante il conflitto in Vietnam, l’abuso di eroina e di morfina – anche per alleviare il dolore delle ferite durante gli scontri. Ancora eroina e metamfetamine durante la Guerra del Golfo e ora, nei conflitti seguiti ai moti delle Primavere Arabe in Maghreb e Medio Oriente, la cocaina, associata al Captagon, anch’essa un’amfetamina.
E il Viagra, per rendere più facile e duratura la pratica dello stupro.
La milizia dell’IS utilizza il Captagon per trovare il coraggio e la brutalità. Per essere macchine instancabili. Lo stesso motivo per il quale è stata utilizzata la droga in ogni conflitto, da ogni esercito.
Il Captagon è prodotto nella Penisola Araba, inizialmente utilizzato durante le feste negli Emirati Arabi e poi sdoganato proprio durante le manifestazioni arabe.
Ora. C’è una considerazione da fare. Banale ma spinosa.
Quale soldato, qualsiasi sia il suo grado, può essere in grado di adempiere al suo dovere senza l’abuso di una droga capace di disinibirlo rispetto ai gesti che va compiendo durante il periodo di appartenenza ad un esercito od una milizia? Non può essere una generalizzazione, ovviamente, non esistono standard comportamentali e psicologici in un fatto complesso come la guerra. Però la verità è nei dati e i dati sono sconcertanti, perché si appoggiano automaticamente a quelli che in una guerra standard (esistono guerre non standard? Forse sì) sono i compiti principali: difendere, attaccare, uccidere, marciare, conquistare.
C’è questa foto di Adolf Hitler.
Il Fürher è immortalato di profilo in una delle sue pose classiche, ma qualcosa appare diverso: Il suo volto, o meglio, la sua espressione.
Lo sguardo è spento, il collo leggermente incurvato in avanti, le labbra dischiuse, le borse sotto gli occhi.
Hitler sembra sfatto oppure potrebbe essere fatto.
Chiaramente questo non può essere certo, però proprio questa foto è stata utilizzata come copertina del libro ‘Blitzed’ del saggista tedesco Norman Ohler, uscito in prima edizione in Germania con il titolo ‘Der Totale Raush’, (la totale euforia). In Italia è edito da Rizzoli con il titolo ‘Tossici. L’armata segreta del Reich. La droga nella Germania nazista’.
Il saggio rivela come, durante il Terzo Reich, è stato permesso l’utilizzo di diverse droghe come eroina, cocaina, metamfetamine, crystal meth, morfina e altre.
Abbiamo incontrato Ohler e gli abbiamo fatto qualche domanda, cercando di capire meglio cosa c’è nascosto tra le righe del libro.
Lo stesso Hitler, insieme al Generale Rommel – dice Ohler – abusava regolarmente di droga.
Il 14 maggio 1940 l’esercito tedesco marcia verso l’Olanda, conquistandola dopo soli quattro giorni. L’incredibile capacità di resistere e combattere senza sosta, senza dormire, è agghiacciante.
È determinante, secondo l’autore di ‘Blitzed’, quello che si può considerare il nonno del Captagon.
Il Pervitin è un farmaco dopante scoperto nel 1937 dal medico tedesco Fritz Hauschild, ispirato dall’utilizzo e somministrazione delle benzedrine durante i Giochi Olimpici del 1936.
Insomma, I nazisti erano junkie.
È una cosa che a pensarci potrebbe far sorridere amaramente; questa razza che si ritiene perfetta, questi robot eccezionali, questi uomini convinti di essere i prescelti. Ricorda qualcosa di molto attuale.
Quest’uomo immenso, in grado di plasmare la storia per l’eternità, quasi reggerla sul palmo della sua mano per anni. Un oracolo, il prescelto.
Ecco questi esseri infiniti si drogavano, facevano uso di cocaina, di amfetamine. Questi semidei in terra sentivano in ogni caso la necessità di reprimere quella che, in fin dei conti, era la loro vera natura, che poi è la natura umana. La paura dinnanzi al nemico, in pena per il dolore altrui e in scrupolo verso il male.
La droga tutto ciò lo copre – non a caso è sinonimo di sostanza stupefacente – lo sotterra con uno strato di quasi-incoscienza o iper-coscienza, o rincoglionimento.
Gli studi di Norman Ohler si basano sugli scritti inediti del Dr. Theodor Morell, medico personale di Hitler e, guarda un po’, del Duce.
“Ho viaggiato fino a Koblenz, nell’ovest della Germania, presso l’Archivio Federale. Lì c’era una parte dell’archivio di Morell. Il resto era a Monaco, all’Istituto di Storia Contemporanea.” Ci dice.
Il Fürher è – anche ma non soprattutto – famoso per i suoi disturbi psichici e fisici. Su quelli mentali si è molto speculato, ci si è spesso chiesti se il leader della Germania nazista fosse realmente pazzo o se invece, addirittura, una personalità geniale. E poi pazzo in che senso, in che modo? Considerando anche che la genialità non preclude necessariamente un disturbo mentale. Da cosa è stato sostenuto il carisma di un uomo in grado di manipolare un’intera nazione, fino a fare credere giusta l’esistenza di una razza ariana e il conseguente genocidio di 15 milioni di esseri umani?
Forse non la droga che assumeva durante il suo regime. Forse, non solo la droga che assumeva.
Lo abbiamo detto sopra, i principali compiti del soldato sono difendere, attaccare, uccidere, marciare, conquistare. Hitler era un soldato. Era il soldato.
I suoi disturbi fisici erano motivo della sua dipendenza dalle sostanze stupefacenti. È comprovato che Hitler abbia assunto regolarmente cocaina fin dal 1941, al fine di aiutarlo a sopportare la sua ipertensione arteriosa, i suoi cronici spasmi allo stomaco e un timpano forato.
La giornalista tedesca Julia Encke, in un’intervista apparsa sull’edizione on line del Frankfurter Allgemeine domanda a Ohler se la presunta follia di Hitler possa diventare più comprensibile se si considera lui come un drogato.
La risposta dello scrittore è la seguente: si e no.
Giustamente.
Noi gli abbiamo chiesto, invece, se secondo lui ci fosse un connessione fra il suo stato psichico e la droga che assumeva.
“Sicuramente. Aveva una dipendenza grave. Il pesante abuso durante il 1941 e poi, soprattutto, nel 1944 hanno deteriorato ulteriormente il suo stato di salute fisica e mentale.”
Hitler di cose discutibili ne ha fatte abbondantemente ben prima di iniziare ad assumere droga. Cose che sono scritte in quella stessa storia che lui ha plasmato – con la sua sola presenza sulla faccia della terra – irrimediabilmente e definitivamente. Bambino ‘in-bred’, ovvero concepito da parenti prossimi, come era usanza nella famiglia Hitler. Un’infanzia difficile e disturbata, un’adolescenza in bilico e un’età adulta iniziata con il suo divenire orfano.
Chiediamo a Ohler se, secondo lui, Hitler fosse cosciente della sua dipendenza.
Risponde con un secco no.
“Solo molto tardi se ne accorge, quando silura Morell con queste parole: ‘mi hai dato oppiacei per tutto questo tempo?’ Il mio sospetto è che sia stato Goebbels a riferirglielo.”
In tutto il meccanismo contorto ma perfetto del Terzo Reich, fin dalla Weimarer Republik, tra gli obiettivi principali c’è proprio quella ricerca dell’eccellenza a scapito di molte cose – e molte vite – nella quale non esiste spazio per la titubanza, le problematiche mentali. I timpani forati.
In un sistema complesso e definito quanto l’interno di un orologio, ogni cosa in grado di inceppare è, con qualsiasi mezzo, sciolto. Sciolto è la parola giusta.
Ohler ci dice anche che Morell è stato, sicuramente, l’uomo che conosceva meglio Hitler. Usa, l’autore, una parola importante e terribile: simbiotici.
Ma tutto è partito con il contrario di tutto: per il Fürher, un uomo dedito al salutismo, in un modo quasi atroce.
Nei fiorenti anni della Repubblica di Weimar – viene raccontato nel libro – la Germania è stato il più grande esportatore di morfina e cocaina, a fine medico. Infatti, l’industria farmaceutica tedesca era considerata tra le più produttive d’Europa.
In questo scenario, Hitler, figura inattaccabile, uomo dedito al suo lavoro e al suo popolo come nessun altro fino a quel momento, non permetterebbe a nessuno che il suo corpo venisse intaccato da qualsiasi tossina: Non beve né alcol né caffè, è vegetariano. Non tocca le donne.
La droga, secondo le sue teorie e le sue idee, è una cosa da ebrei.
Dal 1933 il veleno diventa fuorilegge, messa al bando, i tossicodipendenti sono considerati pazzi e criminali, alcuni di loro vengono deportati nei campi di concentramento, altri sono giustiziati con iniezioni letali.
E quindi come è possibile che quest’uomo incorruttibile sia diventato un tossico nel giro di una manciata di anni?
Si torna al Pervitin, metil-amfetamina considerata come il farmaco della fiducia. Inserito sul mercato e acquistabile anche senza ricetta medica.
“Il Pervitin” racconta Ohler nel suo libro e in un’intervista al The Guardian “lo si poteva trovare anche in pasticceria, sottoforma di cioccolatini. Veniva, attraverso accurate campagne pubblicitarie, consigliato alle donne di mangiare due al giorno per riprendere quell’energia sempre più importante nella Germania nazista e, oltretutto, anche per perdere peso, dato che il Pervitin aveva un effetto deleterio sull’appetito.”
Ohler spiega che la dipendenza e l’abuso hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale nella morte del Führer. Sul finire del conflitto, il Pervitin è riuscito a mantenere integro e stabile il delirio di Adolf Hitler.
C’è un però.
Allo stesso modo, durante l’ultima settimana nel Führerbunker, le sue condizioni psicofisiche peggiorano sensibilmente, causandogli paranoie, psicosi, estrema agitazione, insufficienza renale e deterioramento dei denti.
Molti, nel corso degli anni, hanno imputato questa disfatta soprattutto al Morbo di Parkinson, ma la verità potrebbe essere nascosta dietro al ritiro dell’Eukodol, farmaco che Hitler ha iniziato a prendere regolarmente dal 1941 a causa dei suoi problemi fisici.
L’edizione italiana del libro presenta un capitolo in più, riferito a Benito Mussolini e al suo rapporto con la droga e con il Dottor Morrell. Il Duce avrebbe preso farmaci simili a quelli di Hitler, attraverso un medico tedesco supervisionato da Morrell stesso.
“L’Asse ha lavorato bene anche a livello farmacologico, per così dire.” conclude Morell.
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