Germania Anno Zero è una serie di contenuti attraverso i quali cercheremo di esplorare le grandi trasformazioni politiche, sociali e culturali in atto nel paese tedesco, a un anno di distanza dalle elezioni federali del 2021, che dovrebbero sancire il ritiro definitivo di Angela Merkel.
A oltre 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, la Germania è oggi una nazione molto più complessa e articolata di quanto venga invece usualmente proposto da una narrativa giornalistica e letteraria spesso stereotipata o centrata su una serie di concetti retorici di culto.
Il nostro sarà un viaggio che terminerà nel novembre del 2021, alla scoperta, in tempo reale,
della nuova Germania contemporanea.
Contrariamente alla tradizione storica della politica tedesca, la recente elezione di Armin Laschet alla presidenza della CDU non sgombra il campo dai dubbi sul futuro candidato dell’Unione Cristiano Democratica per le elezioni federali del prossimo 26 settembre, unanimemente considerate le consultazioni nazionali più importanti nella storia recente del continente europeo.
Da prassi Laschet, in quanto presidente, dovrebbe essere il candidato cancelliere naturale della CDU, ma la corsa per la difficile successione ad Angela Merkel resta ancora apertissima e sarà probabilmente definita soltanto in aprile, dopo il voto per l’elezione dei nuovi governi negli stati del Baden-Württemberg e della Renania-Palatinato.
Un successo della CDU nelle due consultazioni regionali permetterebbe probabilmente a Laschet di dissipare definitivamente i numerosi dubbi relativi alla sua consistenza come candidato nazionale, mentre una performance del partito inferiore alle aspettative rinfocolerebbe le incertezze di quanti considerano il governatore della Renania Settentrionale inadatto al ruolo di leader federale, soprattutto in una congiuntura storica come quella della successione merkeliana.
Nel Baden-Württemberg la situazione sembra abbastanza favorevole a Laschet. I sondaggi danno la CDU appaiata ai Verdi, al 30%, e la consultazione dovrebbe dunque tradursi in un testa a testa fra l’attuale presidente, Winfried Kretschmann, e la ministro della Cultura, Susanne Eisenmann, insieme al governo in una coalizione nero-verde a guida Grüne. La regione del Sud-Ovest tedesco, la terza più grande del paese e uno dei motori economici della Germania, con un tasso di disoccupazione bassissimo (al 4.6%, superiore solo al 4.1% della Baviera) potrebbe fungere, in caso di successo della CDU, da acceleratore per la candidatura nazionale del nuovo presidente. Il Baden-Württemberg è infatti, in un certo senso, il territorio ideale per sperimentare il progetto centrista di Laschet, che ha come obiettivo politico quello di strappare ai Verdi porzioni importanti dell’elettorato giovane e della classe media urbana.
Anche nella Renania-Palatinato il quadro di partenza sembra sorridere al neo-leader dei cristiano-democratici tedeschi, in una regione in cui, contrariamente al resto del paese, i due grandi partiti storici, SPD e CDU, continuano a registrare performance intorno al 30%, lasciando poco spazio alle altre formazioni politiche. La SPD, oggi al governo in condivisione con i Verdi e i liberali della FDP, potrebbe perdere la presidenza dello stato renano per la prima volta dal lontano 1991: tutti i sondaggi danno avanti la CDU, tra i tre e i cinque punti percentuali. Christian Baldauf potrebbe così diventare il primo presidente cristiano-democratico della regione in trent’anni, un successo sul quale Laschet potrebbe mettere la firma, ipotecando la corsa alla Cancelleria.
Meno prevedibile, invece, la consultazione in x, uno degli stati tedeschi dove la destra nazionalista di Alternative fuer Deutschland raccoglie il più alto numero di consensi: il 24% alle elezioni regionali del 2016, con sondaggi che la collocano fra il 23 e il 25% anche per le prossime elezioni. I giochi per la Cancelleria dovrebbero essere fatti quando si andrà al voto nella regione al confine occidentale della capitale Berlino, ma un eventuale e clamoroso successo di AfD, al momento comunque poco probabile, potrebbe sconvolgere i piani anche a livello nazionale. E c’è da considerare un ulteriore elemento di disturbo proveniente dalla Sassonia: la discussione tabù, solo tecnicamente chiusa, di un’alleanza di governo fra CDU e AfD. Si tratta di un’alternativa sempre rigettata dalla segreteria cristiano-democratica in carica ma che resta tema di scontro nel partito e che è già costata la leadership ad Annegrett Kramp-Karrenbauer, costretta alle dimissioni dopo il caso del voto dei deputati regionali CDU in Turingia insieme ai colleghi di AfD.
Dal punto di vista politico, la scelta di Armin Laschet come candidato CDU per la cancelleria sarebbe la più logica dal punto di vista della continuità con la presidenza di Angela Merkel. Pragmatico, orgogliosamente centrista, sempre molto fermo rispetto alla necessità di evitare polarizzazioni e isolare i partiti politici più estremisti, Laschet concretizza il suo merkelismo soprattutto nella flessibilità delle posizioni, un approccio che rende difficile, per chi gli sta intorno, offrire una visione netta dei suoi orientamenti, ma che ha come obiettivo ultimo quello di unire le parti e di evitare qualsiasi frizione, vale a dire la base politica su cui Angela Merkel ha fondato i suoi sedici anni di cancellierato.
Anche sul fronte internazionale Laschet, un sostenitore tiepido della politica merkeliana sul tema dell’accoglienza dei rifugiati, seguirebbe la strada aperta dalla Cancelliera. Da un lato, un europeismo spiccato ma a trazione controllata, rigido sui conti e di basso profilo sulle riforme comunitarie. Dall’altro, un atlantismo mite verso gli Stati Uniti, rinvigorito dalla recente elezione di Joe Biden alla presidenza statunitense, ma comunque frenato dalle posizioni tedesche rispetto ai rapporti da tenere verso le potenze orientali di Russia e Cina. L’approccio di Laschet, così come quello di Merkel, vedrà il dominio sostanziale dell’economia nelle relazioni con Mosca e Pechino. La Cina è d’altronde il partner commerciale più importante della Germania, con un volume di scambi da 209 miliardi di euro l’anno, diventato nel secondo quarto del 2020 il primo mercato per l’export tedesco, superando gli Stati Uniti, per un valore di beni esportati da Berlino alla Cina pari a 23 miliardi di euro, in crescita, secondo i dati dell’Ufficio Generale di Statistica tedesco, anche a ottobre 2020, dello 0.3%.
La Germania è anche il più grande investitore europeo in Cina, con 4 miliardi di dollari e 5000 imprenditori tedeschi dispiegati sul territorio cinese, oltre ad essere il terminale finale della linea ferroviaria Yu’Xin’Ou, che collega la città di Chonqing con Duisburg, un tratto ferrato da undicimila chilometri fra Asia ed Europa, con più di cinquanta treni la settimana carichi di merci. Difficilmente un rapporto economico di questa portata potrà essere scalfito da qualsiasi apertura di credito sul fronte atlantico.
Un altro punto su cui si gioca il futuro diplomatico della Germania, e sul quale Laschet è perfettamente allineato con Angela Merkel, riguarda il caso Nord Stream 2, il gasdotto che trasporterà gas dalla Russia alla Germania, raddoppiando la capacità di trasferimento e stoccaggio dell’infrastruttura Nord Stream 1, già attiva dal novembre del 2011. L’opera, completata al 90% e dal costo di 10 miliardi di euro, è sempre stata duramente osteggiata da Washington, un’opposizione che verrà rinvigorita dall’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden. Gli Stati Uniti, che hanno già in essere pesanti sanzioni per le aziende coinvolte nella costruzione del gasdotto, ritengono infatti che l’infrastruttura rafforzerà l’influenza economica e politica russa sull’Europa e spingono affinché Berlino abbandoni il progetto. Pressioni sul governo tedesco arrivano in questo senso anche dal Parlamento Europeo, che il 21 gennaio scorso, con una maggioranza compatta, ha votato una risoluzione in cui si chiede all’Unione Europea di bloccare il completamento del Nord Stream 2 in risposta all’arresto da parte del governo russo dell’oppositore politico Aleksei Navalny. Sia Armin Laschet che Angela Merkel hanno negato con nettezza ogni possibilità di blocco dei lavori, insistendo sulla separazione fra relazioni politiche ed economiche. Di certo, una parte fondamentale della politica estera tedesca dei prossimi cinque anni si giocherà proprio a partire dalle relazioni con Stati Uniti e Russia e la continuità di Laschet rispetto alle posizioni di Angela Merkel è un segnale da non sottovalutare.
La leadership di Laschet, come spiegato in apertura, non è però così certa come potrebbe sembrare. Il presidente della CDU dovrà infatti dimostrare di essere in grado di mantenere la crescita che la gestione della pandemia di Angela Merkel ha assicurato al partito (+10% dal marzo del 2020 ad oggi), un incremento che sembra più legato alla figura della Cancelliera, che a un repentino innamoramento dell’elettorato per i Cristiano Democratici. Laschet, inoltre, secondo un sondaggio pubblicato in gennaio dalla Infratest Dimap, avrebbe al momento appena il 32% di gradimento da parte dell’elettorato conservatore, che apparentemente non riesce ancora a vederlo come figura di riferimento a livello nazionale. È in questo contesto che potrebbe farsi largo la candidatura per la Cancelleria di Markus Söder, presidente della Baviera e leader della CSU, il partito cristiano sociale bavarese tradizionale alleato della CDU. Söder si è sempre mostrato molto attendista rispetto alla prospettiva di correre per la successione di Angela Merkel, ma i sondaggi oggi lo danno all’80% di gradimento fra i votanti di centro-destra e la sua ascesa, anche grazie a una gestione della pandemia aggressiva ed estremamente decisionista, è ormai costante.
Söder è un politico carismatico, ha dalla sua parte un’immagine più fresca e brillante rispetto a Laschet e ha provato a imporsi come leader moderno, attento alla questione del cambiamento climatico (rispetto a cui Laschet non si è dimostrato particolarmente reattivo) e pronto per raccogliere la sfida politica nazionale: la costruzione di una coalizione di governo con i Verdi, peraltro, sarebbe sicuramente alla sua portata, forse ancora di più di quanto risulterebbe per Laschet. Contro Söder giocano i nefasti precedenti di candidati CSU alla Cancelleria. Soltanto due volte nella storia elettorale tedesca l’Unione di centro-destra ha infatti scelto di presentarsi alle consultazioni nazionali con un esponente proveniente dal partito bavarese, ed in entrambi i casi è uscita sconfitta: con Franz Josef Strauß nel 1980 e con Edmund Stoiber nel 2002. C’è da dire che la situazione odierna è molto diversa dai due precedenti e che Söder, se candidato, si giocherebbe le sue carte in maniera ben più aperta dei suoi due predecessori. Nonostante ciò, è difficile prevedere quanto potrebbe pesare l’effetto del salto nazionale per un politico fortissimamente radicato nella dimensione regionale della Baviera.
Ad attendere paziente dietro le quinte c’è Jens Spanh, attuale ministro della Salute tedesco. Spahn ha pubblicamente supportato la candidatura alla presidenza di Laschet e l’idea condivisa è quella di sostenere il neo-leader della CDU anche per la Cancelleria, puntando a diventare uno degli esponenti di spicco del nuovo governo, con la prospettiva di guidare il partito alle elezioni del 2025.
40 anni, protetto dell’ex ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble, Spahn si è fatto un nome nella politica tedesca dopo le aspre critiche ad Angela Merkel per le sue scelte in materia di accoglienza migratoria, con particolare riferimento agli 1.2 milioni di rifugiati arrivati in Germania fra il 2015 e il 2016. Nonostante un gradimento ancora molto alto da parte dell’opinione pubblica tedesca rispetto al suo operato da ministro, Spahn sta patendo, sul piano della popolarità, alcune incertezze legate alla gestione delle vaccinazioni e la sue chance di candidatura saranno legate a doppio filo con l’andamento del Covid-19 nel paese. La sensazione è che il suo nome possa tornare d’attualità qualora i sondaggi, fra un paio di mesi, confermassero le difficoltà di Laschet nel conquistare la fiducia dei tedeschi a livello nazionale, un trend che, come spiegato in precedenza, dipenderà in buona parte anche dai risultati nelle elezioni regionali di marzo.
Definitivamente tramontata, invece, la candidatura di Friedrich Merz. L’anti-Merkel per eccellenza, dopo aver perso, tutto sommato in maniera contenuta (47% contro il 53% di Laschet) la corsa per la presidenza del partito, non avrà chance di correre per la Cancelleria, ma ha tutta l’intenzione di continuare a combattere nel tentativo di spostare la CDU il più a destra possibile. Personaggio profondamente divisivo, ma con il sostegno di una minoranza pesante nel paese, la sconfitta di Merz, che per le sue posizioni assolutamente contrarie a qualsiasi alleanza con i Verdi difficilmente vedremo in un ruolo di governo, è una buona notizia per chi spera in un definitiva chiusura delle prospettive di sbilanciamento della CDU, un progetto che ha Merz come punto di riferimento e che ambisce a raccogliere preferenze fra gli elettori nazionalisti di Alternative für Deutschland.
La corsa per la Cancelleria tedesca sul fronte dei cristiano-democratici è insomma una gara ancora apertissima, che si deciderà probabilmente alla fine della primavera. A meno di un impossibile colpo di scena, un’eventualità romanzesca ma che nessuno si sente di escludere definitivamente: il quinto mandato di Angela Merkel.
REDAZIONE
Wale Café
Hobrechtstrasse 24, 12047 Berlin