È già accaduto almeno un centinaio di volte.
Sono sul tetto di casa. Casa mia è la più alta del paese, la supera solo il campanile della chiesa, lo dico sempre a scuola ai miei amici. Ho otto anni.
È estate. È sempre estate quando succede. Io indosso i pantaloncini corti e una maglietta gialla, ho i boccoli biondi che mi avvolgono fino alla vita, cammino decisa fino alla grondaia e guardo giù. Vedo la lamiera del tetto della veranda luccicare, una decina di metri più in basso. Chissà come scotta, con il sole che batte così forte. Più sotto c’è il terrazzo. Il pallone da calcio di mio fratello rotola lento in un angolo, adesso mi accorgo che c’è un filo di vento, mi sposto una ciocca di capelli dalla faccia. Al piano terra, che dà sulla strada, c’è il negozio dove lavora mia mamma, ogni tanto lei esce a spazzare le foglie del gelso centenario che domina in giardino.
Ecco dove voglio finire, là di fronte al negozio, là vicino al gelso.
Torno indietro fino alla cima del tetto e prendo una bella rincorsa, devo superare la veranda e devo superare il terrazzo se voglio arrivare fino in fondo.
1, 2, 3 via, corro!
4, 5, 6 vai, salto!
Mentre mi lancio nel vuoto posso sentire lo spessore del cielo e tastarne il blu intonso, sa di Vigorsol alla menta quando hanno perso sapore, il sole per un attimo è a un palmo dal mio naso. Tempi, distanze e consistenze sono così diversi quando si sta precipitando.
Tutto dura solo pochi secondi, credo, sento solo un inizio di paura, un leggero vuoto alla pancia, poi…
Stop!
Arrivata. Cado in ginocchio, non mi sono fatta niente. Il test è finito, questo è un sogno.
Mi tiro su, do un’occhiata in negozio, accarezzo il gelso e rifaccio i gradini di casa. Il rito si ripete, questa volta però provo a volare.
Un sogno lucido è un sogno durante il quale si è consapevoli di stare sognando. Secondo uno studio condotto all’Università del Northampton fra il 1966 e il 2016, circa il 55% delle persone sperimentano almeno un sogno lucido nell’arco della loro esistenza. Coloro che ne hanno uno almeno una volta al mese, invece, sono circa il 23% della popolazione.
Per la maggior parte delle persone il sogno lucido capita e basta. Semplicemente, ad un certo punto del sonno ci si rende conto di stare sognando. Sembra si tratti di una capacità innata, come arrotolare la lingua e fare veloce di conto. Secondo uno studio condotto all’Università di Lincoln, in Inghilterra, sognare lucidamente in modo frequente potrebbe indicare una maggiore “capacity for insights”, che viene descritta dalla ricercatrice Hannah Shaw come “a lightbulb moment, or an ‘aha’ moment”. La Shaw spiega: “It appeared that lucid dreamers showed the ability to see the more remote connections needed to solve problems”. Questa capacità di insight sarebbe, in fondo, proprio quella che consente al sognatore di capire che si trova in un sogno.
Anche altre ricerche nel campo dimostrano, infatti, che il soggetto dormiente diventa consapevole di sognare attraverso la cosiddetta percezione delle incongruenze: un inconsapevole processo di analisi e sintesi delle informazioni circostanti che gli consente di capire che quello non può essere il mondo reale perché risponde a leggi diverse.
Per altre persone, invece, il sogno lucido è il risultato di lungo e duro lavoro. Le tecniche di induzione più antiche di cui siamo a conoscenza sono vecchie circa un migliaio di anni e fanno parte di una branca del buddismo tibetano chiamato Dream Yoga. Queste tecniche sono complesse, richiedono la presenza di un insegnante e vanno contestualizzate nella cornice teorica e spirituale buddista ma, semplificando, possiamo dire che hanno come fulcro lo studio dei sogni. I maestri tibetani raccomandavano di pensare a lungo ai propri sogni, di ricordarne i particolari e rievocarne sentimenti e sensazioni. In questo modo sarebbe stato possibile individuare meccanismi, eventi e stati d’animo ricorrenti e, di conseguenza, sarebbe stato più facile riconoscere di stare sognando durante il sogno stesso.
Questa è anche la prima tecnica raccomandata dalle moderne comunità di sognatori lucidi, o onironauti, come si fanno chiamare, che consigliano di tenere sempre vicino al letto un diario dove appuntare i propri sogni. Di queste comunità ce ne sono a migliaia, soprattutto online, ma anche con sedi fisiche. Alcune offrono workshops di due o tre giorni al termine dei quali viene promessa l’abilità di sognare lucidamente. Diffidate, chi non ha la predisposizione naturale può impiegare anche diversi mesi prima di avere la sua prima esperienza.
Lo studio del sogno, quindi, è la fase propedeutica al sogno lucido. I passi successivi prevedono l’applicazione di tecniche più specifiche.
Il metodo basato sulle recenti scoperte scientifiche che sembra avere più successo si chiama MILD, acronimo per Mnemonic Induction of Lucid Dreams, e si fonda essenzialmente su motivazione, memoria e soprattutto pratica di visualizzazione. Perché la MILD abbia effetto ci si deve svegliare alle prime ore del mattino, quando è più probabile trovarsi nella fase REM. A tale scopo si può anche puntare una sveglia. Si deve poi rimanere in piedi per circa mezz’ora, concentrandosi sul sogno che si stava facendo, se si riesce a ricordarlo, e ripetendo più volte il mantra “La prossima volta che sognerò mi accorgerò di star sognando”. Ripeterlo come una filastrocca non basta, allo stesso tempo ci si deve già visualizzare all’interno del sogno. Il complesso mentale implicito in questo procedimento si basa sulla memoria prospettica ed è molto simile a quello che adottiamo quando decidiamo di svegliarci a una certa ora, andando a letto dopo aver impostato una sveglia mentale. La capacità di svegliarci nei nostri sogni può essere considerata come una sorta di perfezionamento della capacità di svegliarci dai nostri sogni. Naturalmente, non è detto che la tecnica funzioni. A dire il vero quasi mai funziona la prima volta: deve diventare una pratica regolare. Tenetevi pronti a presentarvi in ufficio in ritardo, con occhiaie e caffè doppio in mano, e a mettere a tacere le voci su un vostro presunto problema con l’alcool.
Un’altra tecnica considerata efficacie dagli onironauti è quella basata sui test di realtà. Per sognare lucidamente, abbiamo capito, ci si deve in qualche modo accorgere di stare sognando. A tale scopo è necessario identificare durante l’attività onirica, attraverso dei test, dei segni che indichino chiaramente una situazione bizzarra o irrealizzabile nel mondo reale. In senso generale, l’operazione consiste nella ricerca di alcuni dettagli che contraddistinguono univocamente il mondo onirico. Si deve quindi prestare una grande attenzione all’ambiente circostante, ad esempio analizzando gli oggetti presenti in una stanza e verificando che non cambino spontaneamente posizione o forma. La difficoltà maggiore di questa tecnica sta nel ricordarsi di effettuare tali verifiche durante il sogno, ecco perché è importante eseguirle anche nel corso della giornata: devono diventare un automatismo. Non è una procedura di difficile applicazione e, in questo caso, l’accusa peggiore che vi potrà essere rivolta sarà quella di narcisismo. Il più facile test di realtà consiste, infatti, nel guardarsi allo specchio. Quando si sogna si fa molta fatica a focalizzare la propria immagine, quindi, quando incontrerete un vostro riflesso sfocato o inesistente, capirete di stare sognando.
Queste due tecniche principali, a cui ne seguono molte altre che spesso costituiscono una loro variante, si basano su studi recenti, i quali sono comunque ancora acerbi e poco numerosi.
Il sogno è sempre stato un campo ostico da indagare a causa dell’impossibilità di applicare un metodo scientifico affidabile che coinvolga i partecipanti. Nello studio di un’esperienza o di un fenomeno, in neuroscienza e scienza cognitiva solitamente si combinano report soggettivi con esperimenti comportamentali; entrambi sono però di difficile realizzazione quando si ha a che fare con un soggetto dormiente, separato dal mondo da uno stato di incoscienza e di paralisi. Il successo dell’esperimento è affidato alla sola memoria postuma di ciò che è avvenuto nel sogno, la quale è spesso annebbiata ed inattendibile.
Anche il sogno lucido, quindi, per secoli è stato considerato una leggenda indimostrabile, oppure uno stato di veglia confuso con il sonno, addirittura un imbroglio o un’illusione.
La svolta avviene negli anni ’70, quando Keith Hearne, all’Università di Hull in Inghilterra, mette a punto una procedura, poi perfezionata e fatta accettare dalla comunità scientifica da Stephen LeBerge a Palo Alto, nell’81. L’esperimento chiave si basa sulla comunicazione di un volontario con i ricercatori in tempo reale – durante un sogno lucido – grazie ad una sequenza di movimenti degli occhi precedentemente concordata fra le due parti. I sogni, infatti, si verificano quasi sempre nella fase REM, quando gli unici evidenti movimenti corporei sono quelli oculari. La comunicazione fra le due parti ha successo, lo stato di coscienza del volontario durante il sonno viene provato e, di conseguenza, viene dimostrata la capacità di sognare lucidamente.
Da quel momento gli studi sui sogni lucidi si intensificano e portano a nuove scoperte. Ad esempio, da una serie di esperimenti basati su specifiche azioni da intraprendere in fase di sogno, oggi sappiamo che esiste un legame di corrispondenza tra le reazioni fisiologiche del corpo “reale” e ciò che viene esperito durante il sonno. Queste corrispondenze riguardano:
-La respirazione: se si trattiene il respiro nel sogno lucido, anche il corpo fisico lo trattiene.
-Il battito cardiaco: le pulsazioni si modificano in base alle situazioni vissute in sogno.
-L’apparato riproduttivo: se nel sogno lucido si svolge un’attività sessuale, si hanno le stesse manifestazioni fisiche che si avrebbero durante un vero rapporto sessuale.
Da qui la domanda successiva viene spontanea: cosa si riesce a fare esattamente durante un sogno lucido?
Ve lo racconto attingendo anche dalla mia esperienza personale di sognatrice lucida frequente.
I sogni lucidi cambiano molto d’intensità e di livello di lucidità di volta in volta e anche nell’arco dello stesso sogno. Dimenticate per ora scenari fantastici alla Inception, quelli sono molto rari. Quando ero piccola, ad esempio, il mio divertimento più grande si limitava il più delle volte a salire sul tetto di casa e buttarmici giù, sapendo che non mi sarei uccisa.
Il fatto è che spesso, in questi sogni, si riesce ad avere controllo su se stessi, ma l’ambiente circostante rimane impermeabile, come se seguisse delle regole incorruttibili imposte da un’autorità più alta. Circostanza piuttosto dissonante se si considera che quell’autorità è la stessa che si trova nel sogno e sta cercando di cambiarlo.
Vi faccio degli esempi. Dopo volare (azione che riesce quasi a tutti, anche perché non implica un alto livello di interazione con l’ambiente circostante), avere un rapporto sessuale con uno o più personaggi del proprio sogno è l’attività più popolare fra i sognatori lucidi. Un’ovvietà, soprattutto considerando che le reazioni fisiologiche scatenate sono le stesse che si verificherebbero durante una scopata in veglia, e sono sicura ora non ci sia bisogno di elencarvi i vantaggi della cosa. Capita però di frequente che i personaggi del sogno non abbiano nessuna intenzione di fare sesso con il sognatore. Immaginate l’oggetto del desiderio trasformarsi in un mostro ributtante a metà performance, oppure entrare improvvisamente in uno stato catatonico facendo precipitare rovinosamente la libido. Si può insistere, certo, e a volte l’insistenza premia. Ma è giusto obbligare chi vive nel mondo onirico ad un rapporto intimo forzato? Sembra una domanda strana ma, se ci si trova spesso con la coscienza sveglia in questo mondo, si inizia ad attribuirgli uno status di realtà, ad esso e anche ai suoi abitanti. Io personalmente ho smesso di andare in giro a molestare la gente – anche perché venire rifiutati in sogno dalle proprie creazioni mentali è un’esperienza abbastanza frustrante – ma vi posso assicurare che, quando invece c’è consenso, si gode anche di più che nella vita reale, e non c’è limite a quello che si può sperimentare.
Altre attività molto popolari sono il teletrasporto, la telecinesi e la materializzazione di persone ed oggetti. Tra queste, il teletrasporto è forse la più facile. Si può decidere di teletrasportarsi in un’altra stanza se ci si trova in un edificio, oppure totalmente in un altro ambiente se ci si sta annoiando del proprio sogno, se si è spaventati, o tristi. Anche in questo caso, però, non è detto che la volontà di cambiare scenario sia sufficiente. Io mi sono scontrata centinaia di volte contro muri onirici sperando di superarli con la forza del pensiero. Scoprendo però che loro erano più duri della mia testa.
Come il teletrasporto, la telecinesi riesce spesso bene senza grandissimi sforzi. Si possono muovere oggetti e persone a proprio piacimento, infondendosi di un appagante e megalomane senso di onnipotenza. Una manna per chi ha problemi di autostima. Altra storia, invece, per la materializzazione di oggetti, decisamente più ostica: la mia creazione più riuscita fino ad ora è un vaso marrone per le piante.
Perché queste attività abbiano più successo alcune persone si servono di oggetti o di portali. Ad esempio, uno specchio trovato nel sogno potrebbe fungere da portale verso un’altra realtà, o un tappeto potrebbe essere usato per volare. A me queste tecniche non hanno mai aiutato, ma vale la pena provare: ognuno deve trovare la propria strategia personale per contrattare con il proprio subconscio.
In un sogno lucido si può anche cambiare identità, e qui c’è da sbizzarrirsi. Da uomo si può diventare donna, da donna uomo, ci si può trasformare in un animale, in una pianta, addirittura in un concetto, in un colore o nel nulla. Questa è la mia esperienza preferita, è iniziata senza che io lo decidessi, poi è diventata un meccanismo spontaneo. Ho realizzato attraverso di essa come i confini del nostro io siano labili, transitori, e come in verità la nostra identità sia un’illusione alla quale non dovremmo affezionarci troppo. È passeggera, destinata a scomparire.
Non sorprende, alla luce di questo, che il sogno lucido venisse usato dai buddisti già mille anni fa per raggiungere più alti stati di consapevolezza. Mettete da parte per un attimo il lato ludico del fenomeno, in ballo c’è di meglio. Vivendo consciamente e a lungo nel mondo onirico, si relativizza l’importanza del mondo reale, il quale, con il tempo, inizia a perdere di solidità. Sognare lucidamente diventa un mezzo per intuire la precarietà del mondo e per esercitare l’impermanenza: la realtà smette di essere univoca, è illogico darle tanta fiducia ed esserne così attaccati. Non serve avere nessuna credenza religiosa o spirituale per raggiungere questa conclusione – io non ne ho alcuna – semplicemente, dopo l’esperienza, la comprensione consegue naturale.
Il sogno lucido è anche una porta privilegiata verso il subconscio e può essere usato per affrontare paure, fobie, o per comprendere meglio noi stessi. Una branca recente di applicazione riguarda il trattamento del disturbo da stress post traumatico. Quello che vi riporto qui di seguito è un caso clinico.
James è un veterano del Vietnam, da decenni fa lo stesso sogno negli stessi minimi particolari: è il ricordo di un amico perso sul campo, Paul. Paul è a pochi metri da James quando una pallottola gli si conficca nel cranio e il cervello gli esplode. Brandelli di carne arrivano fino a James, il sangue si mischia alla terra bruciata di cui è coperto, diventa una marmellata grumosa e rossastra. Il subconscio di James si impregna del film della morte del suo amico, che si conclude con il corpo di Paul che si piega a novanta gradi all’indietro e rimane sospeso così, spastico, per un tempo che sembra infinito, mentre James lo raggiunge e infine lo abbraccia.
Il terapista suggerisce a James di scegliere un istante preciso del sogno in cui vuole diventare cosciente e gli ordina di visualizzarsi in quel momento ogni sera prima di addormentarsi, ricordando a se stesso di stare sognando. Gli prescrive la tecnica MILD, insomma.
James, fra tutti, sceglie il momento conclusivo in cui raggiunge l’amico. Dopo qualche settimana di prove, si risveglia in quel punto del sogno e finalmente è consapevole di stare sognando. Ora può cambiare le cose.
James, come quasi ogni notte, abbraccia l’amico steso a terra ma questa volta, invece di disperare, gli sussurra in un orecchio: “Hey buddy, la guerra è finita, possiamo andare a casa adesso”. Per un attimo nessuna reazione. Poi Paul tira su la testa, lo guarda stupito, infine gli mostra un sorriso a trentasei denti. “Era ora James, sono anni che aspetto”. L’incubo che aveva perseguitato James per decenni da quel momento scompare.
Le abilità che si possiedono in un sogno lucido possono variare molto in efficacia. Il paragone più azzeccato è con un videogame: se il vostro personaggio ha livelli bassi di energia o di esperienza, non potrà far molto altro che andarsene a zonzo a guardare il mondo dov’è capitato. Una volta fatta scorta di stelline, invece, svilupperà capacità sempre più sofisticate, fino a quando di quel mondo diventerà il Signore.
Prendiamo volare.
Di solito per lanciarsi in volo si salta da un edificio, come facevo io da bambina, oppure ci si dà una spinta verso l’alto e si inizia a nuotare nell’aria. Ognuno ha il suo piccolo trucco per rendere il decollo più facile. Il problema è che, ad un certo punto, non si riesce più a salire. Può essere che manchi l’energia o che ci si trovi di fronte ad una specie di muro invisibile che blocca il passaggio; spesso a me capita di spaventarmi perché soffro di vertigini. In ogni caso, non si riescono a superare una certa altezza e una certa velocità.
Talvolta, però, queste barriere cadono completamente. Allora si ha la totale libertà di girare il mondo, sorvolare i continenti, salire sulle cime delle montagne e lanciarsi a picco nei mari. Si può perfino viaggiare nello spazio. Immaginate di trovarvi coscientemente in mezzo alla Via Lattea, di vedere la Terra allontanarsi ad una velocità incontrollabile mentre il nero vi inghiotte e tutto quello che avete sperimentato prima diventa inconsistente, mentalmente insignificante. È un’esperienza terrorizzante e sbalorditiva, pazzesca, che ti accompagna anche durante i giorni successivi. Il sogno lucido spezza la dicotomia storica e culturale tra sogno e veglia, tra irreale e reale, contaminando l’uno con elementi dell’altro, lasciando strascichi di irrazionalità nella prassi quotidiana. Apre una crepa in quello che si credeva fosse granitico, incontrovertibile.
Ma perché a volte si agisce da spettatori e altre da artefici? Cosa cambia, cosa ci dà più potere?Probabilmente molto dipende da fattori fisiologici che ancora non sono stati indagati adeguatamente, come funzioni cerebrali e andamento del sonno, ma a mio parere ci sono anche delle componenti psicologiche da considerare.
La prima è la calma. Quando si entra in un sogno lucido la prima reazione potrebbe essere quella di agitarsi o emozionarsi, soprattutto se non si è esperti onironauti. Di conseguenza, messo in allarme, il corpo riceve una scarica di adrenalina e si sveglia. È importante quindi mantenere una certa compostezza: rilassarsi, fermarsi e fare qualche respiro profondo. Una tecnica particolare prevede di lasciarsi cadere all’indietro mentre si sta sognando, semplicemente lasciarsi andare, in questo modo si raggiunge uno stato più profondo di coinvolgimento. Io l’ho provato un paio di volte e con me funziona.
La calma da sola però non basta. È fondamentale capire che, quando si entra in un sogno lucido, si entra in un’altra realtà. Benché la propria coscienza sia sveglia, ci si trova in un mondo con delle regole a sé stanti, illogiche, e benché si abbia la sensazione di essere padroni delle proprie facoltà mentali, in verità molte funzioni normali di giudizio morale e critico sono assopite. Bisogna accettare questo mondo come legittimo e bisogna accettare la versione di noi stessi che popola quel mondo come reale. Si deve anche capire che, quando si diventa creatori in un sogno lucido, non si sta “controllando” il sogno, ma si sta collaborando con quanto già esiste per trovare uno sviluppo armonioso. Questo, in fondo, null’altro vuol dire che entrare in sintonia con se stessi e con il proprio subconscio.
La regola fondamentale, allora, è dimenticarsi delle leggi del mondo comune, abbandonare le resistenze, accogliere le contraddizioni e le stramberie della realtà in cui si è capitati.
Avete presente in Hook, quando un Robin Williams dimentico di essere Peter Pan, seduto con i bambini sperduti, finalmente accetta le regole dell’Isola che non c’è e vede il cibo di cui la tavolata è imbandita? Ecco, se vi ricordate, solo in quel momento riesce di nuovo a volare.
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