La prima volta che ho incontrato Rupert Sealdrake ero in una libreria di Modena. Primavera, 2018. Sto sfogliando un libro intitolato La mente evolutiva. Conversazioni su scienza, immaginazione e spirito e ci trovo loro tre, comodamente seduti ad un tavolino da te a fare tre chiacchiere o, come dicono loro, a “trialogare”. In copertina sono citati in questo ordine (presumibilmente solo alfabetico): Ralph Abraham, matematico statunitense noto per i suoi lavori su teoria dei sistemi dinamici e fra i pionieri della costruzione di teoria del caos e sue applicazioni; Terence Mckenna, celebre esperto di psichedelia, autore di numerosi libri divenuti capisaldi in materia, nonché etno-botanico, studioso di sciamanesimo, ricercatore sul campo; Rupert Sheldrake, biologo inglese, destinato a divenire il mio unico solo vero amore scientifico per almeno i due anni seguenti.
Ho progressivamente smesso di seguirlo in forma compulsiva, di comprare e leggere tutti i suoi saggi e gli articoli scientifici di prima mano, solo da quando ha iniziato ad acquisire una qualche fama mediatica che, sebbene presto dimenticata, mi ha fatto sentire un po’ meno speciale ad essere suo fan. Tutto è avvenuto quando un suo TED Talk è stato ritenuto così pericoloso da essere epurato, o ‘bannato’. I TED (Technology, Entertainment and Design) sono una serie di conferenze volte a diffondere idee di valore, dal 1984. Significativo il sottotitolo: Ideas worth spreading ovvero Idee che meritano di essere diffuse. Non li ho mai amati, sebbene abbia sempre dovuto ammettere la loro utilità ed efficacia. Ciò che non mi è mai piaciuto è il fare da predicatore americano che hanno i partecipanti, sebbene spesso si tratti di eminenti scienziati dei settori più disparati.
Un palco semivuoto su cui campeggiano come unica scenografia le lettere T E D, in rosso e costruite ad altezza umana. Di solito uno schermo su cui proiettare eventuali supporti grafici (immagini o video) collegato al telecomando che lo stesso conferenziere maneggia. Pochi minuti (dieci di media, a volte 6, quello di Rupert 18), che scorrono anch’essi rossi sul cronometro, per dire in breve ciò che si è scoperto in anni di vita, studio, pratica, esperimenti, ricerca, lavoro. Sono strumenti efficaci, i TED, per una facile fruizione sul web, pare. Personalmente, piuttosto che passare dei lunghissimi minuti della mia vita ad ascoltare il ritmo cadenzato di qualcuno che mi enuncia, con fare da amico e retorica accattivante, la sinossi del suo ultimo libro, preferisco leggermi da solo il retro di copertina, con il ritmo che preferisco, potendo avere un’idea di massima delle stesse cose in mezzo minuto.
Grazie a Rupert Shaldreke ho scoperto ad esempio che miliardi vengono spesi nella ricerca, milioni di persone lavorano per interminabili ore, solo per cercare di provare scientificamente quelle che per me, non scienziato, sono banali ovvietà. Un esempio su tutti: la scopaesthesia, ovvero la sensazione, che ognuno di noi ha probabilmente sperimentato almeno una volta nella vita, di essere osservati. Senti come un’energia, o un fastidio, dietro la nuca e, appena ti volti di scatto per comprovare, vedi l’altra persona che improvvisamente distoglie lo sguardo o, nel migliore dei casi, che ti guarda intensamente e col sorriso per dirti “ciao, finalmente ti sei accorta che ti stavo guardando”. A chi non è mai capitato? Ebbene ci sono laboratori nel mondo in cui si fanno fior fior di esperimenti solo per provare “scientificamente” l’esistenza di questo fenomeno.
Innanzitutto va detto che per la scienza è valido e “comprovato scientificamente” solo ciò che può essere sperimentalmente riprodotto e ripetuto ovunque e da chiunque con gli stessi risultati. E questo è il problema cardine di tutto ciò che concerne quei lati sfocati ai confini della scienza che vengono poi macchinalmente archiviati come “para”: parascientifici, paracredibili, paranormali. Tornando all’esperimento del percepire l’essere osservati, ad esempio, i risultati dipendono ovviamente dalla sensibilità individuale e dal grado di concentrazione, attenzione, percezione (e addestramento alla percezione) delle cavie umane assoldate. Ogni tentativo di verifica potrà quindi solo fare affidamento su dati statistici che difficilmente potranno confermare tout court la scientificità di un dato fenomeno. Ma in realtà le stesse costanti delle leggi fisiche, come velocità della luce e costante gravitazionale, non riscontrano affatto i medesimi valori sperimentali sempre e ovunque. Sono quindi paraverità? Di per sé il fatto che alcune verità non siano spiegabili non prova automaticamente che non siano reali. Ma questo fa la Scienza con la s maiuscola: è documentato, è accaduto, ma non è spiegabile e, quindi, può scientificamente essere archiviato come accidente; una casualità che non inficia le teorie comprovate.
La lotta di Rupert è tutta qui: far prendere in considerazione alla scienza la non certezza delle sue credenze. Nel divertente TedTalk in questione, in cui appare scalzo e immerso in una scenografia di alberi natalizi, non fa altro che spiegare in breve il contenuto di uno dei suoi libri più famosi: Le illusioni della scienza. 10 dogmi della scienza moderna posti sotto esame (titolo originale The science delusion, che in America è uscito come Science set free). La scienza moderna si basa su alcuni enunciati che sono ritenuti leggi inalienabili. Ciò che l’autore fa è mostrare questi enunciati come domande piuttosto che come affermazioni, per poi provare che la risposta non sempre, o quasi mai, è così certa come appare. Ogni teoria scientifica è, per l’appunto, una teoria, e sarebbe nell’ordine delle cose che fosse quindi considerata come modificabile, riscrivibile, ripensabile. Ciò, nei fatti, avviene regolarmente (esempio su tutti l’eliocentrismo), ma anche qui inspiegabilmente si preferisce vedere questi ripensamenti della scienza come eccezioni alla ferrea regola.
Tra i tomoni che ho letto di suo pugno molti si dilungano su fenomeni extrasensoriali apparentemente inspiegabili, eppure molto frequenti. Eventi che già Carl Gustav Jung e il fisico Wolgang Pauli studiavano e definivano con il termine di sincronicità. Inspiegabili per la scienza classica eppure reali, comprovati. Oggi per fortuna la fisica quantistica inizia a sgretolare molte credenze e apre nuovi scorci (vedi l’entanglement, esperimento della doppia fenditura e l’influenza dell’osservatore sulla realtà). Ma cosa c’è di male nel provare a domandarsi se ci sono altre risposte? Perché non provare a discutere, e solo discutere, di teorie che possano spiegare la realtà prendendo in considerazione tutte, e non solo le più comode, sue manifestazioni?
La teoria di Rupert Sheldrake ruota attorno al concetto di Campi Morfici o Morfogenetici (dal greco morphe, forma, e genesis, messa in essere). In poche parole la sua teoria è che tutto, nel cosmo, comprese le leggi che lo regolano, siano in evoluzione nel tempo, e che sarebbe più corretto parlare di abitudini piuttosto che di leggi. Prendiamo quelle che per Platone erano le idee del suo iperuranio: l’idea del due, per il filosofo greco, esiste, perfetta, in un altrove ideale cui noi, nella realtà materiale, attingiamo. Per Sheldrake ed altri, invece, è più corretto supporre che nella storia del cosmo, in un dato momento, si sia per la prima volta verificata la dualità (ovvero l’idea del due) e che, più questa si è andata verificando nella storia, più è facile che si riverifichi. Possiamo immaginare i campi morfici come delle vallate nello spazio-tempo: più questi solchi vengono percorsi, più divengono ampi e più probabilità ci sono che un determinato evento (immaginiamolo come una biglia) ci cada dentro e vi scorra. Più ampio e vicino a noi è un campo, più facile sarà entrare in risonanza con esso.
Questa teoria, in realtà molto semplice, come tutte quelle che si sono poi dimostrate le più rivoluzionarie, potrebbe per estensione riuscire a spiegare tutta una serie di misteri ancora inspiegati dalla scienza moderna. Perché molte sono in effetti le domande non risolte, sebbene non se ne parli. Un esempio: dove si annidano i ricordi? Tutti pensano che siano annidati nel cervello da qualche parte, ma con tutti gli studi e le vivisezioni fatti fino ad oggi non si trova alcun luogo fisico in qui possano venir rinchiusi come enti materiali. Oppure, come possono alcuni animali costruire complicatissime architetture senza comunicare tra loro? Che cos’è la coscienza, cosa sono i sogni e come funziona la mente? L’esistenza ha uno scopo? O ancora, come fa una cellula a sapere che compito deve assolvere? E’ un dato comprovato, ad esempio, che l’embrione durante la gestazione ripercorre il processo evolutivo della sua specie (vedi la comparsa delle branchie nello sviluppo del feto). Secondo la teoria di Sheldrake, l’embrione entra in risonanza con il campo costituito precedentemente, storicamente, dagli altri simili prima di lui, e così comunichiamo nel tempo.
Per lo stesso motivo da millenni riproduciamo riti antichissimi in maniera fedele: se mi vesto, pronuncio le stesse parole e compio gli stessi gesti di chi mi ha preceduto, è più facile che io entri in risonanza con il campo che è stato già solcato da chi prima di me lo ha percorso. Ma anche senza sfociare nel misticismo, o nell’idea di una mente non localizzata, si possono trovare molti altri esempi: negli occhi dei polipi, nel volo dei piccioni, nell’intelligenza delle piante, o nella cristallizzazione dei composti chimici che avvengono tanto più facilmente quante più volte vengono riprodotti nel mondo. Etc etc etc. La dissertazione sulle applicazioni, scientifiche e filosofiche, e sugli innumerevoli esempi citati ad avallo di queste teorie sono infinite. Perdersi nelle indagini di questo ed altri scienziati intenzionati ad aprire la mente (La mente estesa è il titolo di un altro dei libri più divulgativi del dottor Sheldrake) non è una perdita di tempo. Indagare possibilità altre, cercandone la verifica costante nel tempo, non può che arricchire anche chi decide di restare sullo stesso cammino. Non si vedono nuove cose guardando altrove, ma guardando con nuovi occhi. E chissà che iniziando a considerare le leggi della fisica come assiomi in evoluzione, dunque modificabili, non si arrivi a vedere in maniera più umana anche la società e il corpus di leggi che gli uomini scrivono per gli uomini, senza arrivare alla disobbedienza civile. Forse ci allontaneremo sempre più dal mondo monolitico e inalterabile del passato, per arrivare a una realtà in cui essere veramente consapevoli di quanto ognuno di noi, in ogni istante, modifica il futuro.
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