Abbiamo preso un po’ di collaboratori tra Yanez, 9 Righe e Rivista Eterna e ci siamo fatti dire cos’hanno letto quest’estate.
Come ogni anno, il mese di luglio per me coincide con un momento di frivolezza e mondanità. Lo testimoniano anche le mie letture. Anzi, per meglio dire, la mia lettura mai portata a termine: Revenge of the She-Punks (Omnibus Press) di Vivien Goldman. Peccato, perché conoscere la storia delle sottoculture da una prospettiva femminile mi interessava davvero. Ma poi è subentrato agosto, la mia lunazione introspettiva, e sono stata richiamata da un volume rivelatosi tristemente profetico solo pochi giorni fa, Leggere Lolita a Teheran (Adelphi) di Azar Nafisi. E ora il viaggio prosegue con l’esplorazione delle tradizioni sciamaniche, raccontate in Gli insegnamenti di don Juan (BUR) di Carlos Castaneda.
Ambra Cavallaro
Finalmente a luglio raggiungo la spiaggia per iniziare, dopo quest’anno triste e terribile, le mie letture estive. Inchiodato alla sedia, nell’ombra assoluta, indossando bermuda dei Rammstein, inizio la trilogia saggistica di Yuval Noah Hahari: Sapiens, breve storia dell’umanità, poi Homo Deus, breve storia del futuro e infine 21 Lezioni per il ventunesimo secolo. Tutti editi da Bompiani. Volevo capire più a fondo come collocare quanto stava succedendo all’interno del corpus della vita dell’uomo su questo pianeta e ridimensionarne l’imponderabilità, l’assurdità. Questo Harari è un giovane genio che è riuscito a mettere a sistema antropologia, politica, filosofia e tecnologia. Una lettura profonda ma mai pesante, avvincente come un romanzo solo che narra esattamente della nostra vita. Ho rialzato gli occhi da questi tre volumoni a fine agosto. Mi hanno dato quella sottile felicità dell’aver trasformato oscuri ingranaggi in lucide meccaniche dell’esistenza.
Giovanni Di Iacovo
Adoro le balene. Parlo il balenese, finisco Moby Dick (Herman Melville, Einaudi). Tornato a riva mi rendo conto di essere a Cuba. Trovo Calvino e mi commuovo per Il Viandante e Le città invisibili (Mondadori). Dopo, voglia malata di postmodernismo americano: Underworld (Don De Lillo, Einaudi). Mi tolgo uno sfizio e leggo un bel libro molto triste: Stoner (John Edward Williams, Fazi). Ah, dimenticavo Sciascia, che mi dà del quaraquaquà per aver letto solo adesso quel gioiellino misterioso di A ciascuno il suo (Adelphi).
Amerigo Biadaioli
In questa luminosa (sul piano sportivo) estate italiana 2021, il libro che mi ha tenuto compagnia per alcuni giorni parla invece della parte più oscura e sordida del Bel Paese. I personaggi e le azioni che compongono l’aggrovigliato intreccio della trama di questa inchiesta dimostrano, ancora una volta, come la realtà continui a essere per la fantasia creatrice dell’opera letteraria qualcosa che si può magari emulare ma mai superare. Le vicende e i protagonisti di questo libro sono, ahimè, impressi nella memoria di ogni cittadino italiano nato fra i Sessanta e i Settanta: Contrada, Falcone, Cassara, Lo Giudice, Gladio, Servizi segreti, omicidi, stragi, vittime innocenti. Chi si muoveva bene in quella zona grigia dove Stato e criminalità diventano contigui è Giovanni Aiello, detto Faccia da Mostro (Rizzoli). La sua storia, sulla base della documentazione processuale, è ricostruita da Lirio Abbate, giornalista investigativo in forza a Repubblica/L’Espresso.
Alessandro Borscia
Mamma mia, quest’estate ho viaggiato tantissimo!
Primo stop: biblioteca piemontese a scrivere un Romanzo Rosa (Stefania Bertola, Einaudi). Sono salpata nel futuro, nel passato, nel presente alternativo facendo un bel Respiro (Ted Chiang, Sperling&Kupfer). Atterrata a Chicago nel ‘68, ho capito che La mia cosa preferita sono i mostri (Emil Ferris, Bao). Dopo mi sono ritrovata nell’incubo del Cile di Pinochet, come nel videogioco spara-tutto Space Invaders (Nona Fernàndez, Edicola). E poi con dei Sortilegi (Bianca Pitzorno, Bompiani), dall’Italia del ‘600 sono finita nell’impenetrabile Norh Korea de Il grande successore, l’uomo che ci distruggerà tutti (Anna Fifield, Blackie). Boom!
Francesca Dallasta
La tubercolosi è stata a lungo considerata la malattia dei caratteri raffinati. Il cancro quella di chi reprime le emozioni. Nel medioevo per evitare la peste era raccomandato ridere. Malattia come metafora (Nottetempo) di Susan Sontag è un saggio ancora necessario dopo 40 anni. Poco più di 100 pagine per argomentare che le malattie non sono metafore e non rappresentano niente, se non la malattia stessa. E che se è umano cercare di dare un significato a tutto, nel caso delle malattie questo è inutile alla guarigione, diventando anzi un giudizio morale che colpevolizza prima di (invece di) curare.
Ivano Talamo
Ho letto La lista degli stronzi di John Niven (Che è poi autore del consigliatissimo A volte ritorno), entrambi Einaudi.
Trama che ricorda un film dei Coen, un tragicomico percorso nella triste vita di Frank, un sessantenne vedovo e solo, ex giornalista – e quindi con le rotelle quasi tutte a posto – che scopre di avere pochi mesi di vita, e che fa, secondo voi? Non compila una lista di gente a cui vorrebbe davvero far del male? Calcola che siamo in un futuro dove Ivanka si é presa la leadership del paese, dove le armi sono totalmente legali e dove quel muro esiste davvero. Frank, però, inseguito da uno sbirro dalla morale del tutto discutibile, ha un solo obiettivo finale, l’ex Presidente. Riuscirà il nostro eroe a farsi giustizia da solo?
Poche pagine, un libro che si legge in poco tempo, lo consiglio a chi, come me, un ceffone a qualcuno lo darebbe molto volentieri.
Elena Arcidiacono
Il console onorario (Graham Greene) ripubblicato da Sellerio nel 2019, mi ha accompagnato nelle ultime settimane d’agosto. Giornate torride si mischiavano alle pagine sudate di un romanzo che, nel caldo del Nord argentino, combina ritmo e avventura, filosofia e sentimenti. Giugno e luglio, invece, li ho passati con due testi un po’ “diversi”, entrambi pubblicati da Gog Edizioni. Per primo Il libro verde di Muammar Gheddafi, utile a costruirsi un’idea culturale non solo sull’uomo Gheddafi, ma su tutto un tempo storico fondamentale per la nostra epoca. E poi, Stroncature, di Davide Brullo, una rassegna di recensioni cattivissime che, più in là del valore puro dell’opinione, mi ha fatto riflettere sulla necessità di approcciarmi a ciò che leggo in maniera un po’ più critica e profonda.
Mauro Mondello
Se le ossessioni altrui ci conducessero verso uno spazio di noi stessi ancora inesplorato saremo disposti a scoprirlo? In bilico fra questi due interrogativi sembra delinearsi la sorte di Kay Norris, la protagonista di Scheggia (Ira Levin, Interno Giallo), indecisa se accettare la morbosa abitudine voyeuristica del suo compagno o cercare di resisterla. In questo breve, forse troppo, romanzo di Ira Levin atmosfere sensuali si mescolano a un clima di tensione che avanza inarrestabile fino alla fine. A un certo punto però anche il lettore si sente complice di questo gioco di sguardi filtrati attraverso telecamere nascoste. Esperienze espansive distorte dominate dalla psichedelia trasformate in possibilità per raggiungere un nuovo livello dell’io, scoprire una più profonda spiritualità o un diverso modo di percepire un evento estetico o semplicemente la realtà, sono i temi contenuti in La scommessa psichedelica (Federico Di Vita, Quodlibet) una raccolta di saggi che in un periodo storico in cui il materialismo domina la maggior parte delle discussioni si presenta come contrasto. Fin dove può spaziare la mente? Sembra essere la domanda costante del libro, le risposte però non sono scontate: perché si sa…ognuno ha il suo trip.
Silvia Cegalin
Ho trovato un tizio nella Sprea; non si ricordava come ci fosse finito, in quella melma torbida. Ho ascoltato la lirica di una semioscurità; il dolore dell’abbandono, solo quello era certo. Ho perso tempo a seguire le vicende delittuose di Harry Quebert, non fate altrettanto. Da Parigi sono finita in Sicilia con un vignettista di Charlie Hebdo. Qualcuno mi ha detto che si impara come vivere da scrittrice, non come scrivere. Tra Bolzano e Berlino ho guardato le parole. Sul binario di un treno, ho pensato al tempo. Ho macchiato il mondo di colpa, e ho cercato di salvarmi. Sono Gli annegati di Lorenzo Monfregola (Il Saggiatore), Gli eroi sono partiti di Francesca Mazzotta (Passigli Poesia) La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker (Bompiani), Je suis Charlie di Eva Luna Mascolino, Divergenze, La scrittura non si insegna di Vanni Santoni (Minimum Fax), Lingua madre di Maddalena Fingerle (Italo Svevo), Binari di Monica Pezzella, (TerraRossa), Il valore affettivo di Nicoletta Verna, (Einaudi).
Enrica Fei
Passato un inverno arrugginito, per l’estate volevo qualcosa che mi catturasse, che risvegliasse l’amore per la lettura, quella voglia di stare per ore a leggere all’ombra mentre batte il sole. La vita invisibile di Addie LaRue (Mondadori) mi ha catturata senza preavviso in libreria. Letteralmente il libro che ho abbracciato dopo averlo finito, che mi ha fatto venir voglia di scriverne milioni ma anche di uscire a passeggiare e ammirare a braccia aperte il mondo. Una storia che parla di vite attraverso gli anni, un po’ fantasy, un po’ naive, ma nel senso buono del termine. Dopo questa parentesi idilliaca uno schiaffo dal sapore intenso di narcisismo: Greenlights di Matthew McConaughey (Baldini + Castoldi). Mielenso, di quella falsità da morning affirmations americane: stucchevole. Per risollevare l’onda: Sapiens di Harari (Bompiani). Indispensabile, diretto, difficile da metter giù.
Luisa Barbero
A giugno, di ritorno verso casa, mi sono fermato per due giorni a Madrid. Ho visitato una serie di librerie indipendenti bellissime (segnalo, su tutte, Desnivel, specializzata in libri di viaggio, Pantha Rei, per arte e illustrazione, e Lata Peinada, per gli amanti del mondo latinoamericano) e trovato due gioielli che mi hanno tenuto compagnia per tutta l’estate, affascinanti anche per chi non conosce lo spagnolo: Breve atlas de los faros del fin del mundo (Gonzelez Macias) e Animales Invisibles (Gabi Martinez). Il primo, edito da Menguantes, è un viaggio illustrato alla scoperta dei fari più lontani ed isolati del pianeta, mentre il secondo, splendidamente disegnato, narra di animali estinti, fantastici e poco conosciuti, ed è edito da Nordica Libros.
Manuel Moran
Non ho quasi mai smesso di leggere e l’estate se n’è andata lontano. Ho letto due libri di Lorrie Moore: Anagrammi (Bompiani) e Amo la vita (La Nave di Teseo). Tutti dovrebbero leggere la Moore. È una medicina. Ho trovato in riva al mare, a porgermela le mani tremanti di un vecchio, una vecchia edizione di Gum Mursia de La Guerra dei Mondi (H.G.Wells). L’ho ri-letto, annusato e protetto, pagina dopo pagina. Ho letto Lingua Madre (Maddalena Fingerle, Italo Svevo). Sull’ultima parola dell’ultima pagina, mi sono alzato e ho applaudito forte. L’ho preso, quasi per caso, perché mi faceva sorridere l’omonimia con una persona che conosco, La Banda degli Uomini di Flavio Villani (Neri Pozza). Ho fatto bene perché dentro c’è la mia Milano, che è uno sfondo per altri sfondi in una storia di padri e di figli. Sono tornato da Omar di Monopoli, dopo tanti anni. L’ipnotico Nella perfida terra di Dio (Adelphi) mi ha ricordato di cosa siamo fatti quando soffriamo. Ho letto X di Valentina Mira (Fandango). Mi ha fatto male e mi ha messo in un angolo buio per un po’. Ho chiuso tutto con Gita al Faro, della Woolf (BUR).
Mattia Grigolo
Come fanno le volpi di Ulderico Iorillo (Pequod), un romanzo che ricorda certe narrazioni pastorali e di cui parlerò su Rivista Blam.
Mandibula di Mónica Ojeda (Alessandro Polidoro Editore). Il romanzo si apre con un rapimento apparentemente senza motivo. Di più su Rivista Blam.
Il segreto del Bosco Vecchio (Mondadori), un racconto pregno della migliore tradizione fiabesca, in cui il Bosco Vecchio rappresenta l’eden perduto.
Il deserto dei Tartari (Mondadori). Una storia sulla vita che passa, sulle attese e le speranze.
Le menzogne della notte di Gesualdo Bufalino (Bompiani). In questa storia quattro condannati a morte per avere attentato alla vita del re devono scegliere fra la vita e gli ideali.
Valeria Zangaro
C’era un ragazzo a Bologna che chiamavamo Azazello, come il personaggio de Il maestro e Margherita (Newton Compton) di M. Bulgakov. Volevo leggerti, Azazello, volevo pensarti. Ma in viaggio ho portato Estasi culinarie (e/o) di M. Barbery. L’ho lasciato a Vittorio; gli ho detto di non aspettarsi granché. Al ritorno ho cominciato Una stanza tutta per sé (Feltrinelli). Dicono che V. Woolf sia una scrittrice femminista. Che vuol dire essere femminista? Speravo che lei me lo spiegasse. Un po’ l’ha fatto.
Ora ho iniziato Ogni mattina a Jenin (Feltrinelli) di S. Abulhawa, perché la mia mente volge ad oriente.
Greta Canestrelli
Ragioni di difficile interpretazione mi hanno portata ad un’estate di letture molto impegnative. Ho aperto la stagione, in giugno, con Una passeggiata nella zona, di Markijan Kamis, edito da Keller, un editore che amo spassionatamente. Il libro di Kamis è un reportage personale, una serie di racconti in presa diretta dentro il mondo delle rovine di Cernobyl, fra esplorazioni illegali, rischi di congelamento, invettive contro i turisti hipster e ubriacature epocali. Ho continuato con Midland a Stilfs, due racconti nei quali Thomas Bernhard porta all’estremo assoluto il suo gusto esagerato per l’ironia ossessiva.
Melania Murillo
Quando sono a Trieste, visito sempre la bancarella di libri usati a Via del Rosario. Quest’estate mi ha regalato Anna Karenina di Lev Tolstoj nell’insuperata traduzione di Pietro Zveteremich (Garzanti) e Il lungo addio di Raymond Chandler (in una vecchia edizione Oscar Mondadori). Anna Karenina è una Sacra Scrittura su vita e morte, amore e odio. Il mondo spietato e amaro di Chandler fa venir voglia di bere, fumare e guidare per Los Angeles su una Chevrolet Bel Air del ’50. Ho chiuso agosto con Sottomissione di Michel Houellebecq (Bompiani), un grande romanzo europeo che ti graffia e ti fa pensare.
Flavio Villani
I mostri del mare (Chloe Aridjis, Fandango) l’ho letto fino alla fine sperando che potesse riscattarsi, perché ha tutti gli elementi per potermi piacere, ma rimane una storia ben scritta che pare più un esercizio di memoria che altro. Jamaica Kincaid fa cose con la scrittura che andrebbero studiate per capirle e vale anche per Mio Fratello (Adelphi) dove gli inserti autobiografici stemperano il racconto crudo e brutale del fratello malato di AIDS. Cacciatori nel buio (Lawrence Osborne, Adelphi) è un noir uggioso ambientato al confine tra Cambogia e Thailandia popolato da personaggi ambigui e sgradevoli. Un romanzo perfettamente congegnato dall’atmosfera sordida e disperata.
Paola Moretti
Le mie letture estive si articolano tutte attorno a Infinite Jest di D. F. Wallace (Einaudi), iniziato in lingua originale i primi di luglio. Il libro è allucinante, esilarante, doloroso, geniale, ma il linguaggio è così arduo e la mole così sconfortante che ne interrompo la lettura più volte. Prima per Eva Luna di I. Allende (Plaza & Janes S.A.), dove avventure surreali si stagliano su un Cile dilaniato da conflitti politici; poi per Atta di J. Kobek (semiotext(e)), la biografia finzionale di uno dei partecipanti all’attacco delle Torri Gemelle; infine per Il nipote di Wittgenstein di T. Bernhard (Adelphi), dove lo scrittore austriaco narra della sua amicizia col nipote del famoso filosofo. Ma questi tre libri sono stati comunque inglobati nelle pieghe di Infinite Jest che, da quando mi sono arresa a leggere in italiano, non sono più riuscita a mollare.
Linda Farata
La mia è stata una stagione fra le nuvole. Ho letto due libri di Massimo Capaccioli, editi da Carocci, che mi hanno raccontato spazio e stelle. Luna rossa l’ho scoperto sulla spiaggia di Ostia, quasi sempre di pomeriggio, e mi ha fatto capire come i sovietici abbiano guidato la corsa per lo sbarco sulla Luna per lunghissimo tempo, venendo sorpassati solo all’ultimo momento. C’era una volta nel cielo, invece, l’ho letto, tutto d’un fiato, fra l’imbrunire e la mezzanotte del 27 agosto. Dentro ci sono trenta affascinanti storie che, con un linguaggio dolce e affascinante, raccontano lo spazio cosmico.
Mariella Merlino
Quest’estate sono partito dal Giappone con Hiroshima (Vintage), del giornalista John Hersey. Un reportage da manuale, durissimo, dai giorni dello scoppio della bomba. Tabucchi mi ha introdotto alle Azzorre con l’antologia Donna di Porto Pim (Sellerio), mentre Lorenzo Pini mi ha portato A Lisbona con Tabucchi (Giulio Perrone Editore). Nella calma di agosto mi sono dedicato a Sapiens di Harari (Bompiani), un’opera mastodontica sulla nostra storia, che a ogni pagina ti fa esplodere la mente, per come te la apre. Pazzesco davvero. Ora per riprendermi sono su Nel nome del padre, libro sulle sorelle Williams di Giorgia Mecca (66thand2nd), e dello stesso editore mi sta aspettando Ibrahimovic, una cosa irripetibile, di Daniele Manusia. Non vedo l’ora.
Gianluca Cedolin
Pensare con la pancia, sentire più che pensare, le emozioni e la passione prima di tutto contrapposte al pensiero sistematico razionale, l’importanza dell’autenticità. Queste sarebbero le linee guida non di un manuale di auto aiuto con vaghe ascendenze new age, ma del nazismo. Il nazista che nell’immaginario collettivo è un freddo calcolatore, raccontato da Viktor Klemperer -che il nazismo lo ha vissuto e lo ha subito- diventa un fanatico e patetico sentimentalista. E se avesse ragione Klemperer e alla base di certe teorie strampalate non ci fosse l’ignoranza ma una certa esasperazione di idee romantiche e dionisiache?
La lingua del Terzo Reich di Victor Kemplerer (Giuntina)
Stefano Boring
Avendo un lavoro molto impegnativo mentalmente, in estate, quando mi godo la mia meritata vacanza in spiaggia, mi piace darmi alle letture leggere. Quest’anno ho scelto L’uccello del malaugurio di Camilla Läckberg (Feltrinelli ) e Una gran voglia di vivere di Fabio Volo (Mondadori), l’una perché mi piace sia il giallo che seguire storie lunghe e conoscerne a fondo i personaggi, l’altro perché mi era molto piaciuto Il giorno in più (Mondadori) e me ne avevano parlato molto bene. Mentre le 400 e passa pagine del giallo mi hanno tenuta buona compagnia nelle afose giornate siciliane a 40 gradi, Volo non mi ha dato molta soddisfazione. Sarà che il tema proprio non mi riguarda ma non mi hanno appassionato neanche i personaggi né il modo in cui è scritta la storia.
Elisa Barrotta
Io mi sono vaccinata. Così la maggior parte delle persone che conosco. Pure, nella cerchia di quelle che amo, e con cui ho costruito nel tempo rapporti basati sul reciproco affetto e stima, ce ne sono adesso alcune No Vax. Discutere di vaccini, ora, sembra essere cruciale. È un terreno su cui si costruisce il nostro futuro, in molti termini, anche in quello delle relazioni affettive. Chi ha paura dei vaccini? di Andrea Grignolino (Codice Edizioni) “ci riguarda dunque da vicino”, strumento importante per formare un’opinione meno approssimativa su temi tanto complessi. Perché, comunque la si pensi, il dibattito è sempre da auspicare critico, capace di andare oltre le semplificazioni, il manicheismo e l’aggressività da tastiera.
Nora Cavaccini
Quest’estate ho letto Neroconfetto di Giulia Sara Miori (Racconti Edizioni). L’ho trovato un buon libro, soprattutto nei primi racconti, anche se proseguendo la lettura sembra un po’ tutto uguale a se stesso . Mi sono rifatto con Le otto montagne (Paolo Cognetti, Einaudi). Un capolavoro. Ho letto Brevemente risplendiamo sulla terra di Ocean Vuong (La Nave di Teseo), una delle migliori letture del 2021. Consigliatissimo. Infine A grandezza naturale, l’ultimo di Erri de Luca (Feltrinelli). Continuo a chiedermi come possa uno scrittore arrivare a tali cime di lessico.
Marco Baule
L’autore delle più famose foto dello sbarco in Normandia, Robert Capa, ungherese, morto troppo giovane, scrisse un libro, Leggermente fuori fuoco (Contrasto). La lettura è cominciata in una terrazza con vista sull’Etna e finita pochi giorni dopo sul divano grigio della mia casa berlinese. Autobiografico, racconta di come sia riuscito a diventare fotografo dell’esercito americano durante gli ultimi anni della seconda guerra mondiale. Capa é tuttora accusato di aver messo in scena alcune delle sue foto, ma nella prefazione dichiara in piena sincerità di essersi preso qualche libertà nel raccontare i fatti presenti nel libro. Storie di sbronze, di donne, di amori, di guerra e di tanta incoscienza, ingrediente fondamentale del suo lavoro.
Loris Rizzo
L’immagine di copertina è libera da diritti, è stata scattata a Imperia, Liguria, Italia, Mondo, all’inizio degli anni 60 da Arno Senoner
REDAZIONE
Wale Café
Hobrechtstrasse 24, 12047 Berlin