L’ho conosciuto quasi per caso e di lui mi sono innamorato. Punto e a capo.
Johnny Jewel è uno dei più grandi compositori di colonne sonore contemporanei. Spesso è stato all’ombra di mostri sacri come Clint Mansell o Cliff Martinez, probabilmente non a caso, ma il suo talento smisurato lo si percepisce solo affacciandosi nel suo baratro.
Jewel, anche grazie alla sua formazione di polistrumentista, è uno di quelli che ama l’elettronica al pari della composizione più classica e questa cosa si intuisce, si annusa, in ogni suo pezzo. Allo stesso modo ama il ruvido metallico synth degli anni 80 e anche questo puoi portartelo dietro, come anche ti ci puoi aggrappare saldo. Non a caso, il fondatore dell’etichetta Italians do it better, è anche membro dei Chromatics. Quelli della colonna sonora di Drive, per coloro che sono un passo indietro.
C’è un suo lavoro, che io considero il suo masterpiece, anche se non è tra le cose più importanti che ha inciso e soprattutto, so che può sembrare strano, è anche il suo primo disco. Si tratta di The Other Side Of Midnight.
Ecco, insomma quello è il disco che ti fa capire chi è Jewel, qual è e quale sarà la sua concezione della musica e dei suoi lati più ritorti e storti. Pregni di quel malessere che solo lui riesce a realizzare e poi trasmettere e che gli da un tratto caratteristico unico e inequivocabile.
Anzi no, c’è n’è un’altro che riesce a fare la medesima cosa, però attraverso le immagini: David Lynch.
Il disco di cui parlo in questa mini recensione, Themes for Televison, è uscito in digitale a maggio e alla fine di giugno vedrà la luce anche in formato fisico. Altro non è che una serie di 21 tracce realizzate da Jewel per la terza stagione di Twin Peaks, ma delle quali il buon Lynch ha preso solo Windswept al fine di accompagnare le sequenze finali di due episodi della serie.
Ok, partiamo da questa traccia, innanzitutto ascoltatela, guardandovi anche i titoli di coda della puntata.
Quella cosa che sentite è Johnny Jewel ed è anche il mood dell’intero disco.
Ok, ma cosa ci sentite davvero dentro? Badalamenti.
Sembra scontato, considerando il contesto, ma non lo è. È un Badalamenti contemporaneo. Un Badalamenti se vogliamo ancora più arreso rispetto i suoi canoni, che guarda il Lynch con cui ha collaborato e sente la malinconia di una cosa che è passata e che forse non sarà più. Un uomo e un regista che prima veniva osannato per quello che non riusciva ad essere a discapito di un sistema sbagliato, e che ora viene massacrato, deriso a volte, per essersi ancorato ad un passato e ad una concezione obsoleta di quello che ancora considera un cinema vincente. Ma il cinema “non per tutti” non esiste più. Forse.
Ecco Jewel si prende questa cosa e se la porta dietro, forte di una consapevolezza fortissima: lui può davvero essere l’erede di Angelo Badalamenti. Deve solo trovare la strada giusta e forse non è quella che lo porta da Lynch vicino a Lynch, ma piuttosto da Lynch a più lontano possibile da Lynch.
Per questo Themes for Televison è un disco bellissimo, ma anche difficilissimo. Perché è una sostanza che è destinata a disperdersi lasciandoti quella sensazione di vuoto sospeso.
Ho avuto un’immagine fissa in mente, per tutto il tempo in cui ho ascoltato Themes for Television per la prima volta in streaming: io che sono sospeso nell’aria, sopra un buco nero ed una forza innaturale mi sorregge. Come se il vento mi tenesse in braccio, pronto a decidere il momento giusto per lasciarmi andare. E non arriva mai.
Intanto io, che sono innamorato di questo compositore, ho già messo le mani sul preordine in vinile.
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