Ogni mese Margherita Seppi sceglie un luogo nel mondo e ci racconta che tempo fa, a modo suo.
Nello stomaco di Candida ci sono le bisce, una – lei ne è sicura – le è strisciata su per lo sterno fino alla trachea, la sente mentre le titilla la laringe. Sta per vomitare.
Candida stringe con forza nella mano il biglietto di andata e ritorno per l’Italia. Guarda le persone che le stanno davanti. Deglutisce. Sa che non ripercorrerà mai la tratta verso casa.
È in fila al check in, le faranno domande. Perché se ne sta andando, dove starà esattamente, chi visiterà, famiglia o amici?
E quando tornerà? È sicura che tornerà? È davvero sicura di avere intenzione di tornare?
Il Venezuela non è facile da abbandonare. Presentarsi in aeroporto con il solo biglietto di andata, significa perdere l’aereo. Il personale ha ordine di aggrapparsi ad ogni insulsità per consumare il tempo.
Ce l’ha l’assicurazione di viaggio?
Il governo controlla tutto ciò che entra e ciò che esce, merci, soldi e persone, le città sono in mano ai colectivos, i gruppi paramilitari.
E la carta dei vaccini?
Ma lei resterà tranquilla. A chi le farà le domande, dirà che andrà a trovare la sorella e i suoi nipoti in nord Italia, che tornerà a Maracay tra venti giorni.
Certo che tornerò. Certo che sì. La mia vita è a Maracay. Ho amici, casa, famiglia, un buon posto di lavoro.
È il lavoro è soprattutto quello a cui sta pensando. Quando, dopo qualche mese, la fredda gente del freddo nord Italia le chiederà cosa le manca di più di casa sua, Candida non parlerà del clima tropicale, che la teneva tiepida tutto l’anno senza farla soffocare, dei concerti che amava regalarsi al Teatro dell’Opera ogni anno per il suo compleanno, il 13 aprile, dei venti che in inverno sferzavano costanti fra gli edifici grigi, quei parallelepipedi grossi e antropomorfi, cresciuti fuori controllo, che l’aria risonante faceva urlare con voci che parevano umane. Non racconterà del calore della gente, nonostante il Venezuela sia piombato in uno stato di terrore. Lei ricorderà il suo posto di lavoro.
Candida lavorava nella sede di Maracay della più grande azienda alimentare del Venezuela, la Empresas Polar, dirigeva una grossa squadra di persone che dovevano rifornire più di 3000 punti vendita in tutto lo stato dell’Aragua. Non un lavoro da donna. Non di certo un lavoro per una donna di meno di trent’anni. Ma lei lo amava, era la sua casa, il suo sogno, il suo sacrificio diventato desiderio realizzato.
Entrata in azienda a 16 anni, non si può dire che Candida abbia vissuto una giovinezza senza preoccupazioni. Né lei né, in verità, nessun altro cittadino venezuelano, negli ultimi decenni. Maracay, poi, è una città strana. Incastrata nel mezzo di una catena montuosa costiera nel nord del Venezuela, la Cordigliera della Costa, più che per le spiagge è famosa per i suoi grandi centri di produzione.
Con la metà del 900 l’industrializzazione iniziò a risucchiare strade e case come un blob, ne risputò ben 10 zone industriali, già nel 1981 di 96 km quadrati di area urbana, 5 costituivano un’area industriale consentita. Maracay si tramutò in una gigantesca macchina metropolitana sparatutto: cibo, medicinali, tessuti, carta, metallo.
Quello che tiene a mente di trovarsi in una città tropicale, è il clima. Media annua di 25 gradi, nemmeno 3 gradi di differenza tra aprile, il mese più caldo, con 26 gradi, e gennaio, il mese più freddo, con 23,5 gradi. Piove soprattutto in primavera, estate e autunno: 100 mm maggio e ottobre, 130 mm giugno, luglio e settembre, il più bagnato è agosto con 170 mm; gennaio, febbraio, marzo e dicembre sono mesi secchi, meno di 15 mm di precipitazione in media, mentre aprile e novembre si aggirano sui 50 mm. I venti sono forti d’inverno, da inizio dicembre a fine aprile non scendono mai sotto gli 11 km/h e marzo è il mese più ventoso con 15 km/h; il resto dell’anno si smorzano, addormentandosi ad ottobre, quando soffiano a 7 km/h. Le giornate hanno quasi la stessa durata sia in estate che in inverno: il giorno più lungo, il 21 di giugno, dura 12 ore e 43 minuti, il sole sorge alle 6.10 e tramonta alle 18.54, il giorno più corto, il 21 dicembre, dura 11 ore e 31 minuti, il sole sorge alle 6.42 e tramonta alle 18.13.
Il sole è una delle poche cose che risplendono a Maracay, perché Maduro non ha potuto piantarci una base, raffreddandolo in una nana nera.
La gente va nei negozi con le borse che strabordano di soldi, i portafogli da soli non ne conterrebbero abbastanza, ma alla fine tutto quello che si può permettere è riso in bianco. L’inflazione è un razzo lanciato nello spazio. I vecchi non possono comprarsi le medicine, i giovani muoiono nelle proteste, i bambini crepano di fame. Gli ospedali chiudono.
La compagnia per cui Candida lavorava è un’azienda privata. Il nemico del governo. Maduro sta prendendo il controllo di tutte le imprese venezuelane per restituirle al popolo, ma poi non riesce a gestirle, il Paese è nel caos anche perché non si produce più niente. Vorrebbe mettere le mani anche sulla Empresas Polar, i gruppi violenti già da tempo esercitano pressione: le minacce, i furti, poi perfino le telefonate a casa ai pezzi più grossi. Tra cui c’era Candida.
Candida era in assemblea quando, un giorno di luglio, i colectivos erano passati dalle parole all’azione. Erano arrivati in fabbrica e avevano iniziato a fare domande ai presenti, ad uno ad uno.
Qual è la tua posizione? E la tua? Chi è il più alto di rango?
Stabilivano la gerarchia.
Avrebbero portato via quattro persone, le avrebbero messe in galera e, una volta uscite, queste avrebbero avuto il divieto di lasciare il Venezuela. Candida, dopo il direttore, era la più importante là dentro, ma l’avevano lasciata in pace. Non per una sorta di galateo d’altri tempi, solo perché non avrebbero mai preso in considerazione la possibilità di trovare una donna come capo.
Sono salva perché sono una donna.
L’ironia e la tragicità della sorte accompagnano Candida a braccetto sulla rampa di scale dell’aereo, le bisce si ritirano in un antro dello stomaco senza disturbare. Ma rimangono vispe, pronte a contorcersi di nuovo nelle notti di veglia, o nei momenti di nostalgia, perché la vita di chi emigra per forza non conosce una pace che sa durare.
*Candida da due anni vive in un piccolo paese del nord Italia, ha ricominciato da capo, fa la cameriera. Con sé è riuscita a portare la madre e il fratello, affetto da sindrome di down. Maracay le manca, ma – dice – vedere sua madre che passeggia tranquilla per strada e poter comprare le medicine per suo fratello è un lusso che non avrebbe pensato di potersi permettere, e vale tutti i sacrifici compiuti. Mentre le parlo scoppia spesso in una lunga risata sincera.
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Le foto all’interno di questo articolo sono foto libere da diritti, mentre la foto di copertina è stata realizzata da Yanez
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