Ogni mese Margherita Seppi sceglie un luogo nel mondo e ci racconta che tempo fa, a modo suo.
Karola sta percorrendo il Passo Rombo, un valico alpino ad 80 km da Bolzano che connette l’Italia con l’Austria. È il 17 agosto 1994, lei non mette piede in Italia dal 1989, quando è stato emanato il mandato di cattura nei suoi confronti. Non si può dire che l’Italia le sia mancata, perché lei l’Alto Adige lo considera austriaco, questa è la sua fede, la sua guerra.
Una guerra iniziata nel 1986 a colpi di bomba. La prima l’avevano piazzata il 13 giugno a Gargazzone, un paesello vicino a Bolzano, in un magazzino gestito da un italiano. La seconda, a settembre, l’avevano rischiata direttamente in città, nei pressi del tribunale avevano fatto esplodere tre etti di dinamite sotto ad una Volvo con targa padovana. Con le ultime due dell’86 avevano preso di mira Merano, una l’avevano destinata al monumento dell’Alpino, l’altra indirizzata all’hotel Palace, dove Andreotti e famiglia stavano passando il capodanno.
Karola si ricorda bene tutto, si ricorda come poi lei e gli altri membri di Ein Tirol avessero preso coraggio e avessero intensificato gli attentati, si ricorda l’adrenalina nel piazzare le bombe, si ricorda l’exploit del Movimento Sociale Italiano a Bolzano nell’88 e si ricorda come tutto era caduto a scatafascio quando, sempre nell’88, Karl, il suo compagno, il loro leader, era stato arrestato. Karola immagina farà la stessa sua fine, ma forse non sa che accadrà così presto. Al confine con l’Italia, infatti, i carabinieri del ROS la stanno già aspettando. Ma lei per loro ha solo poche lapidarie parole: “Non potete arrestarmi, qui non siamo in Italia, siamo in Sud Tirolo”.
Karola Unterkircher è uno dei tanti simboli di una zona ambigua perché confinante, pullulante di sentimenti di contrasto, di tentativi di affermazione, animata dalla massacrante ricerca di un’identità stabile. Bolzano e l’Alto Adige hanno uno spirito antico, basta alzare lo sguardo alle Dolomiti millenarie che li ospitano, ma si comportano ancora come adolescenti dai genitori in perenne combutta.
La storia di Bolzano è una storia di un tiro alla fune.
Divenne parte del Regno d’Italia dopo la Prima Guerra Mondiale e venne sottoposta ad anni di italianizzazione forzata da parte del Regime Fascista.
Questi sono anni traumatici per gli altoatesini, un popolo che non ha una propria vera coscienza nazionale e che, anche se l’avesse, non sarebbe certo italiana. Un popolo contadino, montanaro, che si vede sradicato delle proprie sicurezze più fondanti, come la toponomastica, e il quale da quel punto non può più insegnare la propria lingua, il tedesco, ai propri figli. Agli altoatesini viene data la possibilità di scelta. Emigrare in Germania o nella Crimea, oppure rimanere in Italia ed accettare l’italianizzazione. Chi resta, i Dableiber, i rimanenti, viene trattato come traditore, mentre chi se ne va, gli Optanten, viene tacciato di filonazismo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Bolzano rimase all’Italia, ma al Trentino Alto Adige venne garantita un’autonomia speciale. Vennero reintrodotti la doppia toponomastica e l’insegnamento del tedesco, ma gli attriti non s’assopirono. Gli altoatesini non sopportavano l’arrivo di immigrati da altre zone dell’Italia e rifiutavano categoricamente la presenza maggioritaria di italiani nelle pubbliche amministrazioni.
Iniziano così negli anni Sessanta i tempi del terrore del BAS, il Comitato per la liberazione del Sudtirolo, il cui erede negli anni Ottanta è l’Ein Tirol di Karola Unterkircher e Karl Außerer.
Il terrorismo altoatesino lascerà sul campo 21 morti e 57 feriti in 361 diversi attentati.
La storia dell’Alto Adige è poco studiata, poco scritta e poco conosciuta, ma è straordinariamente complessa ed affascinante. L’unico libro romanzato che ho letto anni fa a riguardo si intitola Eva Dorme, lo consiglio a chiunque voglia avvicinarsi al tema.
I luoghi che circondano Bolzano sono ipnotici, chi ha visto le Dolomiti sa del senso di eternità che emanano, immaginate altrimenti queste immense rocce protettive sempre alle vostre spalle, come degli antenati in guardia, vedete i pascoli, le vacche e il loro andare stanco, l’erba verde e la neve, entrambe talmente brillanti che bruciano gli occhi.
Bolzano stessa ha una dimensione surreale, è una cittadina tranquilla, pulita, dove si sta bene, che mai si direbbe aver passato tanto subbuglio. La sua facciata tedesca si scorge benissimo nei negozi del centro, dove la gente parla questo dialetto incomprendibile ai tedeschi stessi, e nella sua organizzazione, una macchina amministrativa oliata perfetta.
Anche il clima sfugge completamente ad ogni concetto di italianità.
Nevica, vuol dire che tanto freddo non è. Questo ci si dice a Bolzano d’inverno. Perché se nevica, si sa, fanno più o meno 0 gradi, mentre a Bolzano le temperature scendono anche a -15. Lunedì scorso, il 3 febbraio, la massima era -6 gradi e -16 la minima. Venerdì scorso una bufera è riuscita a mettere in crisi il sistema bolzanino (e non chiamatelo bolzanese che quelli s’incazzano), un orologio svizzero dell’efficienza il quale dopo i primi 10 fiocchi ha già le truppe di spazzaneve sulla riga del via, ché le strade siano sempre pulite e sia mai che cittadini arrivino in ritardo al lavoro.
A gennaio la temperatura media è 0°, a febbraio 3.5, a marzo 8.4, ad aprile 12.7, a maggio 16.6, a giugno 19.8, a luglio 21.8, ad agosto 20.8, a settembre 18.1, ad ottobre 9.5, a novembre 6.1 e a dicembre 1.5°. In generale Il clima della città, situata in un fondovalle alpino, è di tipo subcontinentale, con minime invernali di norma sotto lo zero e massime estive anche oltre i 35 °C. Le precipitazioni non sono molto abbondanti, poco più di 700 mm di pioggia annui, che si distribuiscono per lo più in estate (da maggio ad agosto fra gli 82 e i 98 mm) sotto forma di temporali e grandinate al pomeriggio e alla sera, per il contrasto di masse d’aria fresca e aria calda e secca.
Protetta in una conca, Bolzano non è molto ventosa. A fine primavera ed inizio estate, ovvero in maggio, giungo e luglio, i venti soffiano a 6 km/h, mentre durante il resto dell’anno oscillano fra i 5 e i 3 km/h. Dal solstizio d’inverno fino al solstizio d’estate, le ore di giorno a Bolzano si raddoppiano quasi: a dicembre sono 8 ore e 46 minuti, a luglio 15 e 31.
Karola Unterkircher sconterà otto anni di carcere e due di arresti domiciliari. Sarà libera di nuovo nel 2013 e, appena uscita, tornerà alla politica, manifestando nelle file del partito secessionista altoatesino di Eva Klotz Go to Austria. Verrà accolta a braccia aperte, perché per chi non c’è mai stata Italia è naturale non sentirsi italiano. Le spinte di affrancamento di Bolzano e dell’alto Adige dall’Italia non finiranno lì, continuano ancor’ oggi, non solo in politica, anche nelle bocche della gente comune, anche in chi non ha mai vissuto il cambiamento ed è solo influenzato da gesti simbolici, umori sotterranei, dall’insicurezza che porta a vedere l’erba più verde crescere sempre al di là del confine.
Forse, soprattutto oggi, questa assopita storia di Bolzano ci può ricordare quanto sia sempre stato labile e soggetto agli umori del tempo e della storia, appartenere a qualsiasi nazione.
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Le foto all’interno di questo articolo sono foto libere da diritti, mentre la foto di copertina è stata realizzata da Yanez
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