Il disprezzo.
Alexander Dugin, considerato l’ideologo dell’eurasiatismo contemporaneo e fra i pensatori di riferimento del presidente russo Vladimir Putin, quando racconta l’Occidente è ossessionato dall’arroganza dei liberali, dal loro ghigno di scherno.
Nel quadro teorico del filosofo russo, Occidente e liberalismo sono sinonimi. Il liberalismo, a suo avviso, è la dittatura che domina nei paesi dell’ovest, una terza forma di governo subentrata al fascismo e al comunismo, che promuove, per losche ragioni economiche, aberrazioni contro natura: l’omosessualità, il gender, il controllo delle nascite, un uso improprio della tecnologia. Tentando, nel contempo, di sopprimere i valori che il popolo sentirebbe vicini: la nazione, la religione, la differenza fra i sessi.
In questa visione, lo strumento bellico della corrente liberale sarebbero “i diritti umani”, concepiti come universali e inalienabili, utilizzati quindi per distruggere i quadri valoriali altrui. La modalità bellica, invece, sarebbe costituita dal disprezzo per tutti coloro che non condividono quei valori.
Peccato, però che nel mondo occidentale sui diritti umani ci sia ampio dibattito (soprattutto negli studi antropologici), che gli omosessuali vengano spesso aggrediti, che il femminismo dell’indifferenza (chiamato erroneamente gender) sia demonizzato anche da alcuni movimenti femministi, che l’aborto venga messo continuamente in discussione e che l’iper tecnologizzazione abbia posto importanti quesiti etici. Fino al gennaio 2022, nell’occidentalissima Francia, erano legali le terapie di conversione, ossia quei trattamenti psicologici che mirano a curare l’omosessualità. Quando negli anni scorsi si è parlato di introdurre nelle scuole italiane una metodologia pedagogica atta ad educare i bambini e le bambine nello stesso modo, evitando stereotipie e attribuzioni di ruolo, c’è stata un’alzata di scudi. Inoltre, in Italia sono sempre di meno gli ospedali nei quali viene garantito l’aborto, a causa del numero sempre più alto di obiettori e negli Stati Uniti, nel 2021, sono state presentate seicento norme per limitare l’accesso alle interruzioni di gravidanza. Solo per fare alcuni esempi sparsi su come funzionano i “diritti umani”, oggi, nel cosiddetto Occidente.
È sostenibile quindi affermare che l’Occidente sia dominato da un’élite liberale che impone i propri valori? Non sarebbe più onesto limitarsi a dire che in Occidente esiste un gruppo di liberali che promuove valori progressisti in maniera spesso saccente, screditante e spocchiosa?
Dugin, intervistato qualche settimana fa dal magazine online “Come don Chisciotte”, afferma che la guerra di Putin all’Ucraina sia in realtà una battaglia su ampia scala proprio contro questa dittatura liberale. La vittoria di Putin, quindi, implicherebbe il trionfo dei valori tradizionali europei, sporcati e corrotti dalla modernità.
“Putin sta combattendo una battaglia per tutti noi”, sostiene anche la senatrice Cinque Stelle Bianca Laura Granato. “Non è da Putin che dobbiamo difenderci. Il problema è la Nato, braccio armato dell’imperialismo USA”, afferma Diego Fusaro, pensatore italiano. La sua pagina Instagram sposa in pieno le idee duginiane e conduce una campagna serrata contro il cosiddetto pensiero unico liberale, scagliandosi anche contro il Green Pass e contro la campagna vaccinale. Fusaro, però, non costituisce un caso isolato. Come diversi giornalisti hanno evidenziato in questi giorni, molte persone che hanno negato il Covid, avversato il Green Pass e contestato l’obbligatorietà ufficiosa dei vaccini, hanno anche adottato posizioni filo-putiniane.
Ne ho avuto la conferma analizzando i canali Telegram contro i vaccini e il Green Pass, canali che si rassomigliano tutti e seguono una parabola identica.
“Vax, le cavie siamo noi?” è un canale italiano che ha avuto una genesi precoce. È stato aperto nel 2017 per contestare una legge, appena varata, che rendeva obbligatorie dieci vaccinazioni per la popolazione dagli zero ai sedici anni. Raduna attorno a sé i cittadini che non si sentono sicuri a sottoporre i propri figli a un numero così elevato di vaccini, somministrati inoltre in sole due sessioni. I primi post hanno toni pacati: vengono segnalati i casi delle famiglie che hanno perso un loro familiare a causa di un vaccino, viene dato spazio alle persone che hanno difficoltà a veder riconosciuta legalmente la connessione tra un’invalidità in cui sono incorsi e il vaccino a cui si sono sottoposti poco prima. Quello che risalta è una profonda sfiducia nello Stato: hanno paura di incorrere in un problema che dovranno poi affrontare da soli, senza un adeguato supporto medico, economico e legale.
Quando nel marzo 2020 scoppia l’epidemia da covid19, il gestore del canale dichiara il suo disinteresse a modificare il focus dei suoi post e promette che non tratterà nessun argomento legato alle misure restrittive o al covid, topic che diventa, invece, dominante, solo l’anno successivo, nel momento in cui arrivano sul mercato i vaccini per combattere la pandemia. I post che si susseguono promuovono soprattutto le manifestazioni di protesta nelle varie piazze, italiane e straniere. Nel maggio 2021, il gestore scrive un lungo post, dove parla della sua delusione per un mondo che sta cambiando, diventando sempre più minaccioso. Esprime il suo rammarico per non aver dato adito a teorie che temeva “complottiste”, ma che a suo avviso si stanno rivelando in tutta la loro veridicità. Quel post costituisce una cesura. Subito dopo, il tono del canale cambia; le pubblicazioni contro i vaccini restano dominanti ma compaiono anche post di ben altro tenore: uno anti-europeista, uno pro Putin. Il vocabolo “nazismo” viene sempre più usato a designare il clima di propaganda e oppressione che stanno sperimentando tutti coloro che non hanno il Green pass. Non mancano post in cui si esprimono paure e timori per la diffusione delle nuove tecnologie e pubblicazioni dal tono apocalittico: Draghi rettiliano, il grande reset imminente, il transumanesimo, l’oligarchia pedo-satanista. Soprattutto, però, compaiono contenuti che osteggiano i movimenti ecologisti e il DDl Zan, ribattezzato “Gulag Zan”. Dopo maggio 2021 quindi l’argomento di base che anima il canale è cambiato radicalmente: non si parla più solo di vaccini, ma delle insidie del mondo “moderno”, dell’oppressione che un gruppo di potenti sta pianificando a discapito dei popoli. In quest’ottica il vaccino è visto solo come una delle tante misure adottate per attuare questa tirannia. Altre misure sono il gender, l’europeismo, e tanto altro: “Le autorità stanno creando una classe inferiore, quella che una volta i tedeschi chiamarono Untermensch. Se questa parola provoca brividi di orrore al tuo cuore, è giusto che sia così.”
A partire dal 15 febbraio 2022 il canale inizia a pubblicare post che mostrano i crimini del governo ucraino nel Donbass e appoggiano chiaramente Putin. Quello che è chiaro analizzando il canale (parabola molto simile per le altre due chat) è che il passaggio da free vax a pro Putin non è stato repentino: questi canali hanno iniziato molto prima a portare avanti un certo tipo di pensiero. Da dove arriva, però, quel pensiero?
Nel 2004 ha visto la luce in Russia il Valdai Discussion Club, un polo di ricerca che si propone di discutere i problemi sociali, geopolitici ed economici organizzando cicli di incontro di risonanza internazionale. Gli atti degli interventi di Putin, al forum degli ultimi due anni, sono pubblici.
Nel discorso del 2020, il presidente russo descrive il mondo attuale come orwelliano: insicuro, pericoloso, bugiardo, dominato da mass media che rovesciano la realtà, facendo apparire il bianco nero e il nero bianco. Gli Stati Uniti, a suo avviso, imporrebbero non solo la loro egemonia politica (di questo punto non parlerò), ma soprattutto una loro weltanschauung, pericolosa perché volta sempre a soddisfare i loro bisogni. Avrebbero promosso, per esempio, una mentalità anti-sovranista solo per esautorare gli altri stati nazionali e, nella visione di Putin, questo sarebbe stato un modo subdolo per avvantaggiare loro stessi. Beneficiando della mancanza di identità altrui, avrebbero imposto la propria cultura: la cultura dei diritti umani, delle idee liberali, a favore dell’omosessualità, del gender, dell’uguaglianza delle etnie. Putin arriva ad insinuare che l’allarme per il problema climatico e il sistema di sanzioni relativo altro non siano che modalità escogitate per bloccare lo sviluppo economico degli Stati emergenti.
Il discorso del 2021 a tratti è più messianico. Putin parla dei valori che danno senso alla vita degli esseri umani e ne parla inquadrandoli in un contesto che li sta denaturando. Affronta il problema del cambiamento climatico, mutando completamente prospettiva, ponendolo in alto nella sua agenda, parla dell’importanza della procreazione, vista come valore condiviso e universale.
Esprime le sue perplessità sulla rivoluzione tecnologica, i suoi limiti e le mostruosità etiche a cui può portare e afferma che in un mondo che sta cambiando così velocemente occorre legarsi saldamente agli stati nazionali e ai propri valori morali. “Crediamo che dobbiamo fare affidamento sui nostri valori spirituali, sulla nostra tradizione storica e sulla cultura della nostra nazione multietnica.” Si scaglia così contro la cosiddetta cancel culture e la messa in discussione dei valori tradizionali che a suo avviso sta scuotendo l’Occidente, paragona i movimenti di pensiero occidentali contemporanei a quelli dei bolscevichi che avevano pianificato di cambiare la società eliminando la cultura precedente.
Il presidente russo afferma l’importanza della non messa in discussione della differenza biologica fra uomo e donna (chiama il gender fascismo liberale), paventandone la pericolosità e mette in guardia dalla tendenza attuale a distruggere l’ordine naturale delle cose.
Le idee filosofiche di Putin quindi non sembrano essere troppo distanti da quelle del filosofo Dugin (sembra anche abbastanza chiaro da dove arrivino quelle di Diego Fusaro e dei tanti cosiddetti populisti). Coltivano le stesse paure e la stessa idea culturale dell’ovest del mondo. Ritroviamo i pensieri e ritroviamo le parole.
“Moderno”, per esempio, è un aggettivo che viene utilizzato da entrambi con l’accezione di “fake, finto, corrotto”, contrapposto a qualcosa di autentico e perfetto che si fa risiedere nel passato, nel buon vecchio tempo antico (utilizzo della parola in questa accezione che ritroviamo in molti autori del Novecento). Moderno torna anche nei canali Telegram analizzati, che si scoprono a condividere le stesse preoccupazioni e la stessa mentalità del nuovo zar. Paura della tecnologia, del gender, dell’Europa, dell’élite liberale che vuole ucciderli e soppiantarli. Inoltre, chi si è opposto al Green Pass spesso si è paragonato agli ebrei nella Germania nazista, mentre Putin, invadendo l’Ucraina, ha parlato di denazificazione. Il nazismo è sempre stato uno spauracchio che Putin ha utilizzato per rafforzare il suo potere, un po’ come Berlusconi strumentalizzava il comunismo. Come mai, però, gli oppositori dei vaccini utilizzano gli stessi vocaboli e lo stesso immaginario della propaganda russa? Perché sui loro canali si è diffusa anche la falsa credenza che in Russia non si sia adottata nessuna restrizione per contrastare il Covid? Forse che in questi canali e non solo il nuovo zar ci ha messo lo zampino?
Ci si chiede però cosa porti le persone a subire la propaganda. Davvero la gente è ignorante e stupida, pronta a credere a qualsiasi cosa? Tolti coloro che pur di avere un pensiero differente a volte sostengono le peggiori corbellerie e coloro che ci traggono un vantaggio personale, gli altri perché ci cadono?
Nel suo discorso a Valdai nel 2021 Putin parla di disuguaglianza e dice: “Il motivo per cui nei paesi prosperi la gente ha reagito con tanta frustrazione alle misure di sicurezza è solo sintomo di questo enorme malessere. In Occidente la gente vive male”.
Su questo il presidente russo in parte ha ragione: la gente vive male, ma non tutta e non solo in Occidente. La disuguaglianza è un problema enorme per molti, in Russia più che da noi. Il filosofo Y.N. Harari in “Homo Deus” sostiene che i grandi gruppi non funzionano come quelli piccoli e sono in grado di sopportare a lungo l’ingiustizia. Mostra come la disuguaglianza faccia crescere la rabbia in gruppi piccoli, ma sia accettata su numeri più ampi. Su questa “accettazione” a mio avviso va però fatto un distinguo: la disuguaglianza viene accettata fino al momento in cui si finisce per fare l’unica azione possibile per un gruppo non organizzato, cioè distruggere chi ha il potere, anche solo per darlo a un altro. Tanto per il gusto di veder crollare chi ti ha oppresso.
In questo momento storico, la sensazione che ci sia un gruppo di persone che si permette tutto a discapito di una larga maggioranza è diffusa e la confermano purtroppo le numerose uscite classiste di politici e giornalisti, anche di area liberale e di sinistra, di cui siamo testimoni. Quando il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, chiedeva, nel maggio 2021, di introdurre una tassa di successione sui patrimoni sopra i cinque milioni di euro, per esempio, un giornalista faceva notare come ogni famiglia della classe media abbia un appartamento che vale almeno un milione e che non merita per questo di essere sovratassata.
La rabbia di chi si sente lasciato indietro si indirizza facilmente verso quei gruppi che godono di maggior benessere, che si spendono per promuovere i diritti civili, ma non si impegnano contro il classismo. Se l’uguaglianza non sarà posta in alto nelle nostre agende rischiamo davvero di dover salutare i nostri valori liberali, salteranno uno ad uno sotto il tiro di qualcuno che è stato lasciato dietro la finestra a guardare, fomentato dal conservatore di turno.
REDAZIONE
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