Il divano in mezzo alla sala ha la forma di un fallo. Non riesco a pensare ad altro quando lo vedo, più lo osservo e più sembra assomigliare ad un pene. Seduti nel mezzo, un papà con il suo bambino sono intenti ad osservare un video che racconta la storia del più famoso e amato snack berlinese: il Currywurst, cui questo museo è a lui dedicato.
Sarà che arrivare alla biglietteria trafelata e lasciando cadere a terra sia un biberon che la macchina fotografica non mi rende molto attendibile, ma la ragazza al desk non riesce a trovare il biglietto prenotato a mio nome. È molto gentile comunque, e anche se il biglietto non si trova, ci fa entrare lo stesso. Sorride a me e a mia figlia Vittoria, un sorriso vero e caloroso. Non è di Berlino, ma ci vive da molti anni. Mi spiega che il Deutsches Currywurst Museum è completamente interattivo e che, finita la visita, potremo recarci nel chiosco annesso per assaggiare gratuitamente il loro Currywurst. Il museo si trova a Schützenstrasse 70, nel centro di Berlino, a pochi passi dal famoso Checkpoint Charlie. È domenica mattina e piove. Non ci sono ancora molte persone. In realtà non è che mi aspettassi il pienone, eppure il museo, aperto nell’agosto 2009, sembra essere molto apprezzato nella capitale ed è stato più volte premiato per il suo design e la sua innovatività.
La sala è unica e molto grande, divisa, con l’ausilio di pannelli colorati, in vari settori. Dal soffitto una macchia rossa, simile al ketchup, sembra gocciolare sul divano, anch’esso rosso, ricoperto con grossi cuscini a forma di patatine fritte. Una scia rossa di salsa percorre il pavimento, scorrendo tra le installazioni e invitando i visitatori a seguirla.
Conduce davanti ad una cartina geografica che espone l’espansione del salsicciotto tedesco nel mondo. Ci sono fotografie di Imbiss (dei piccoli chioschi alla tedesca dove consumare un pasto veloce) dal nome “Berliner Currywurst” un po’ ovunque, dal Canada alla Thailandia. “Italia: Lago di Garda” scrive il cartello e se si schiaccia un pulsante tondo la voce che ne esce recita: “a noi piace la Currywurst”, con un forte accento tedesco.
Evito di schiacciare altri pulsanti e mi dirigo verso la stanza delle spezie, dove si sprigionano gli aromi della famosa salsa rossa al curry. Dei tubi al centro della sala lasciano uscire differenti profumi e bisogna indovinare di che spezia si tratti. I chiodi di garofano profumano di Natale, ma la noce moscata per poco non mi fa starnutire. Non ne indoviniamo nemmeno uno di odore. Alle pareti sono illustrate le spezie principali, è possibile leggere la loro storia e le loro peculiaritá. Di leggere in tedesco peró, non ho molta voglia. Vittoria intanto si lamenta che nel passeggino non ci vuole stare, perció la lascio gattonare un pochino in giro. Senza pensarci le ho messo il maglione di lana rosso e adesso quasi si confonde, mentre gattona, con la striscia di salsa sul pavimento.
Poco più avanti una coppia sta cercando di rispondere alle domande dell’Öko-test, il test sull’ecologia. Forse scordando che questo museo è dedicato a una salsiccia di maiale, nel test ci si domanda se il piattino di carta, sul quale viene servito il würstel, sia biodegradabile, come venga prodotto e con quali materie prime. La coppia sembra essere molto ferrata sull’argomento. Leggono con attenzione ogni spiegazione. Chissà perché la storia del Currywurst li attrae tanto. Entrambi sulla sessantina, lei con i capelli biondo cenere e lui grassottello, indossa un maglione verde che non gli dona. Parlano tra loro velocemente, in un tedesco che sembra quasi un dialetto. Forse sono di un paese vicino e sono venuti apposta a Berlino per vedere la mostra. Se fossero vissuti a Roma o ad Atene, che museo avrebbero scelto di visitare la domenica?
La donna che vanta l’invenzione del Currywurst è una certa Herta Heuwer, che cominciò a servire la salsiccia ricoperta di ketchup e curry nel suo banchetto a Charlottenburg, nel 1949. A lei è dedicata una saletta con una riproduzione della sua cucina, dove la donna mise insieme gli ingredienti. Alle pareti, dei fumetti neri raccontano come nacque la leggenda del Currywurst, mentre una televisione anni ‘50 riproduce l’intervista ad una giovane e sorridente Herta, che adesso, se fosse ancora viva, avrebbe poco più di cento anni.
Appena si libera non resisto e mi siedo sul divano dalla forma fallica: chissà in quanti hanno pensato la stessa cosa. Il divano è ragionato come elemento chiave della zona relax, ed in effetti devo dire che è anche abbastanza comodo. Due ragazzi sembrano aver scelto di passare in questo posto una delle loro prime uscite in coppia. Sono poco più che adolescenti e si guardano ancora con lo sguardo di chi crede nell’amore vero. Quanto romanticismo nell’ascoltare le canzoni dedicate al Currywurst. Da alcune radioline, camuffate da bottiglie di ketchup, vengono infatti trasmesse le canzoni più famose dedicate al salsicciotto made in Berlin. Oltre alla musica, anche serie tv e film dedicati al würstel vengono rappresentati nel museo. Fotogrammi della famosa e amatissima serie tedesca “Tatort” riempiono un’intera parete, dietro al divano.
Nel reparto frigo del supermercato, vengono vendute delle porzioni di Currywurst già preparate. Basta togliere la pellicola trasparente, pochi minuti nel microonde, ed il gioco è fatto: le confezioni gialle e rosse riempiono i rulli neri alle casse. Una coppia di anziani in gita con la nipotina sorride compiaciuta; felice di aver trovato come impiegare il proprio tempo tanto amabilmente, in una domenica piovosa. Sono impegnati ad osservare delle installazioni: quattro frigoriferi di dimensioni e contenuti differenti. C’è quello di famiglia, riempito di verdure e formaggi, e quello del single di mezz’età con una scorta di birra Berliner Kindle in lattina: tutti e quattro contengono, ovviamente, la confezione di Currywurst precotto.
Sempre più stravaccata sul divano, mi accorgo che il papà che avevo notato all’inizio ha cominciato a giocare a “Curry Up!” con suo figlio. Si tratta di un gioco virtuale in cui, con un coltello giocattolo, una bottiglia di ketchup e una di curry in mano, bisogna riuscire a riprodurre sullo schermo un Currywurst, nel minor tempo possibile. Dietro al fallico divano vi è la riproduzione fedele di un Imbiss per la preparazione di street food. Abbandonata la comodità del divano salsicciotto entro a vedere: i würstel di plastica sono sulla griglia, le patatine nella friggitrice. Se si preme un pulsante, il rumore dell’olio bollente riempie il baracchino.
Un gruppo di turisti è appena arrivato e un altro arriverà in circa mezz’ora, mi informa la ragazza all’ingresso. Un signore chiede informazioni in biglietteria; viene dalla Baviera e ogni anno prende parte a una gita organizzata, quest’anno è il turno di Berlino. Con il biglietto d’entrata si ha diritto ad assaggiare una piccola porzione di Currywurst, il “Currywurst in the cup”, perché servito in un bicchierino di carta da caffè. Il gruppo di bavaresi ha riempito l’angolo del ristorante, ma fortunatamente la ragazza della biglietteria ci ha preso in simpatia. Mi chiede se anche Vittoria voglia assaggiare il Currywurst e si offre di prenderlo lei per noi, dato che la fila è piuttosto lunga. Accetto e poco dopo ci porta le nostre mini porzioni. Vittoria sembra gradire il suo primo Currywurst che, in effetti, non è per niente male.
Ce ne andiamo con la pancia piena, ma con l’impressione di non aver visto nulla. Vittoria stringe tra le mani un volantino che ci hanno consegnato prima di uscire. “In Germania vengono consumati circa 800 milioni di Currywurst all’anno; 70 milioni nella sola Berlino”, c’è scritto in corsivo, insieme ad un’altra marea di informazioni che, arrivata a casa, ho già dimenticato.
REDAZIONE
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