A Berlino si contano circa un migliaio di Spätkauf, amichevolmente conosciuti con il vezzeggiativo Späti. Grandi o piccoli, polverosi o fancy, illuminati o in penombra. Ciò che però senza dubbio accomuna la quasi totalità di questi negozi è l’orario di apertura dilatato fino a tarda notte, se non fino al mattino, a un solo fine: quello di soddisfare ogni bisogno, primario e non, dei propri clienti. C’è chi vi si reca per acquistare riviste, sigarette o articoli per fumatori, chi per inviare pacchi o procurarsi dei francobolli, altri ancora per rifornirsi di beni di prima necessità evitando il supermercato. Tuttavia, la ragione per la quale gli Spätkauf sono riusciti a raccogliere il consenso unanime da parte di chi vive a Berlino è la possibilità di approvvigionarsi di tutte le bevande necessarie al sostentamento di un party o di un picnic, spesso accorpata a quella di consumare direttamente in loco scambiando quattro chiacchiere con vecchie e nuove conoscenze.
Nati nella DDR con il nome Spätverkaufstelle e presenti prevalentemente in grandi province come Berlino, Lipsia e Dresda, questi spacci erano stati concepiti per garantire ai lavoratori, i quali turni si estendevano oltre i consueti orari stabiliti per le attività commerciali, di potersi procurare tutto ciò di cui necessitavano fino alle 22 circa. L’appellativo originario, infatti, denota espressamente la loro natura intrinseca di “negozi aperti fino a tarda ora”. Certo, negli anni ‘50 erano presenti in numero piuttosto esiguo sul suolo della capitale tedesca e chiaramente non era comune avvistarne uno ogni qualvolta si girasse l’angolo, però, al contempo, quelli esistenti vantavano dimensioni ragionevolmente più estese rispetto a quelle cristallizzate nel nostro immaginario contemporaneo, sebbene non raggiungessero l’estensione di un supermercato. La varietà dei prodotti in vendita rispecchiava in toto gli stereotipi della dieta teutonica: latte, burro, uova, caffè, tè, formaggio, quark, pane, wuerstel, cetriolini e succo di mela. Prima della Wende, negli Späti anti-litteram, il quale ruolo si discostava prepotentemente da quello odierno, non c’era traccia di birra, Jägermeister, patatine o sigarette. Ciononostante, grazie semplicemente alla loro discreta esistenza, hanno sempre saputo affermarsi come ancore di salvataggio per i propri avventori.
La realtà dei fatti è che questi luoghi rappresentano molto più che dei semplici negozi. In essi si colloca un vero e proprio stile di vita, quello della Berliner Kultur, a cui sono indissolubilmente legati, proprio come lo sono alla città stessa che ne ospita di ogni sorta e in ogni dove. Ci sono per esempio quelli nelle stazioni della U-Bahn e della S-Bahn, noti principalmente come Kiosk (in modo analogo a ciò che avviene nelle regioni della Germania occidentale). Questi appaiono talvolta avveniristici e avvolti da accecanti fasci di luce al neon che trovano la loro ragione d’essere nei prezzi esorbitanti impressi sugli espositori, oppure, al contrario, estremamente fatiscenti, con vetrine colme di articoli impolverati e ormai scoloriti capaci di insinuare legittimi dubbi in merito al loro periodo di permanenza in quelle teche. Gli Späti interni alle stazioni sono punti vendita di passaggio, nei quali di norma non si ha alcun interesse a trascorrere del tempo e che, nella gran parte dei casi, si evita anche accuratamente di frequentare.
Quelli che invece maggiormente incarnano lo spirito della città e del tempo sono gli stessi che si incontrano comunemente per la strada. Sono davvero un’infinità, e ciò che principalmente li distingue l’uno dall’altro è la gamma di beni e servizi che offrono. Innanzitutto, in uno Spätkauf che si rispetti non dovrebbero mai mancare un minimo di tre frigoriferi con anta di vetro che esibiscono circa dieci diverse marche di birra di cui almeno una analcolica, dubbi succhi di frutta contenenti il 90% di zucchero, soft drink e acqua semi-liscia o così frizzante da scomparire soffocata tra le enormi bollicine di anidride carbonica. Altri attori immancabili sono senz’altro un’intera parete dedicata agli articoli per fumatori, superalcolici in diversi formati, vini, quotidiani, riviste e svariati snack. Patatine a qualsiasi gusto immaginabile e non, noccioline corrose dal sale, caramelle gommose, barrette di cioccolato e cereali, un assortimento più o meno vasto di Ritter Sport, gomme da masticare, salatini, wurstel o hot dog preconfezionati. Inoltre, una buona parte degli Späti dispone di alimenti di prima necessità surgelati o in conserva, rimanendo così fedele al proprio scopo primordiale. Ritroviamo quindi il quark, i wurstel in barattolo di vetro annegati in un sospetto liquido gelatinoso trasparente, il succo di mela ad alta concentrazione di sostanze acide, il latte a lunga conservazione (in alcuni casi anche di origine vegetale), il concentrato di pomodoro, il formaggio a fette dall’aspetto plasticoso, il mais, i fagioli e, inevitabili, i cetriolini sott’aceto.
Oltre a questa offerta di tipo standard, alcuni Späti hanno scelto di essere ricordati anche per altri motivi. Quello più comune è la presenza di una sorta di Bäckerei, un panificio, al suo interno, dov’è possibile acquistare prodotti da forno dolci e salati come cornetti o Börek turchi, oppure la partnership con uno o più corrieri di logistica per permettere la ricezione e la spedizione di pacchi e lettere, un grande vantaggio che consente di raggirare l’incombenza delle annose attese in una delle filiali della Deutsche Post. Tuttavia, esistono numerose alternative che consentono ai gestori degli Spätkauf di ampliare il proprio business in maniera intelligente. C’è chi opta per un ormai obsoleto internet point associato a servizi di stampa di documenti, invio di fax e ricariche telefoniche. Altri, invece, si vedono più propensi ad abbracciare il format dell’intrattenimento. Nei quartieri maggiormente votati alla movida, come Kreuzberg e Neukölln, non sono infatti pochi coloro che hanno investito in DJ, luci stroboscopiche, impianto stereo e postazione bar, trasformandosi, se non in veri e propri locali, sicuramente in punti di incontro per un aperitivo o un pre-serata.
Un ulteriore possibile discrimine tra le varie tipologie di Späti è la selezione della merce in vendita. Se in alcuni casi non si può di certo affermare che la fantasia abbia giocato un ruolo rilevante durante la fase di ordinazione di alimenti e bevande presso i fornitori, in altri si assiste a dei veri e propri casi di supporto e promozione di produzioni locali. I frigoriferi si riempiono di birre IPA e limonate al gusto di mate, matcha, ibisco, zenzero o rabarbaro realizzati in laboratori artigianali che rispecchiano pienamente i parametri delle nuove filosofie di vita moderne: ecosostenibili, bio, vegan, a chilometro zero, senza coloranti, né conservanti.
È difficile, però, comprendere cosa si celi in uno Spätkauf senza prima entrarvi, a meno che non lo si conosca già o che non sia in atto un party molto vistoso. Nonostante ognuno di loro abbia una storia unica da raccontare, non sarà di certo la facciata esterna a dare indicazioni, poiché l’estetica di ogni punto vendita è tendenzialmente identica a quella di qualsiasi altro. Grandi vetrate che affacciano sulla strada sovrastate da varie insegne sponsorizzate da testate di tabloid, primi su tutti il Bild e il Berliner Zeitung, cartelli o lavagnette su cui vengono elencati gli articoli di punta, “Tabakwaren, Presse, Süßigkeiten, Getränke, Backwaren”, scritte luminose recanti la parola “OPEN” e, spesso, tavoli di legno affiancati da lunghe panche in stile Oktoberfest che invitano a consumare direttamente vor Ort. La presenza di tali tavoli è senza dubbio uno degli elementi che ha maggiormente contribuito a rendere gli Späti parte integrante della Kiezkultur, che così bene si fonde con il principio alla base della tradizione hipster di rivalutazione delle “realtà locali”.
Potersi accomodare a una postazione senza pretese e avere libero accesso a bevande, sigarette e snack a costi irrisori risolve non pochi problemi, soprattutto d’estate, quando intrattenersi all’aria aperta è qualcosa di molto agognato. Per di più, non ci sono giorni non adatti, poiché la gran parte degli Späti è aperta 24/7. O meglio, 24/6, per via della legge vigente in difesa dei lavoratori, la quale però esclude quelli che commercializzano articoli per turisti, deperibili o inerenti alla giornata in corso, come fiori, prodotti da forno, cartoline o quotidiani. Fortunatamente questi rappresentano la maggioranza, pertanto anche di domenica è praticamente impossibile restare a corto di Spätkauf.
In seguito alla caduta del Muro, e in particolare negli anni ’90, la cultura di questi indispensabili negozietti si è ampiamente diffusa anche nelle zone occidentali del Paese e della capitale, dove vengono per lo più gestiti da tedeschi di origine turca o araba. Al contrario, nelle aree orientali sono i proprietari asiatici a prevalere. Questa peculiare distribuzione delle minoranze etniche è parzialmente dovuta a ragioni storiche, per la precisione legate al periodo della divisione delle due Germanie postuma alla Seconda Guerra Mondiale. Nelle altre città, gli Spätkauf sono conosciuti come Kiosk o Trinkhalle, sebbene la loro presenza sia decisamente meno caratterizzante per l’appeal urbano, limitandosi sommariamente alla vendita dei prodotti per i quali sono predisposti. Inoltre, gli orari di chiusura seguono regole definite con maggiore chiarezza e, senza dubbio, meno esuberanti. A Berlino rappresentano invece una certezza, un punto fermo. Sono persino imprescindibili, in quanto consentono di vivere una vita che esula dalle formalità che scandiscono il tempo, senza però risultare impersonali come dei meri distributori automatici.
Sulla Karl Kunger Straße c’è il D&S Kiosk, che nel mio universo ricopre una posizione davvero molto alta nella classifica delle attività che non mi spiego come riescano a sopravvivere. Questo Kiosk è gestito da una coppia abbastanza avanti con l’età, composta da una signora vietnamita dall’espressione simpatica e sorniona che si occupa del servizio al banco e da suo marito, un omone tedesco che si palesa esclusivamente dallo stanzino nel retrobottega in maniera spesso iraconda e sempre incomprensibile. Questa indecifrabilità nel linguaggio è un tratto che lo accomuna alla sua consorte, la quale, al contrario, si mostra sempre molto prostrata nel volere condividere le proprie idee in fatto di politica e attualità per mezzo di lunghi monologhi esternati in un tedesco condito da una pronuncia decisamente poco chiara. La selezione di mercanzie che propone è particolarmente scarna e, proprio come previsto dalla legge di Murphy, se ti serve qualcosa, non lo troverai. Cartine a chiusura magnetica? Non pervenute. Il tabacco Pueblo? Finito. Il latte? Anche.
Oltre la metà degli scaffali sono vuoti, i radi frigoriferi pure. L’assortimento di bibite è relativamente esiguo se confrontato con quello degli omologhi di zona, e sembra inoltre non aspirare a standard particolarmente elevati. Tra gli snack presenti figurano quelli meno appetibili e l’orario di chiusura non lo emancipa dai normali supermercati. Ciò che rende questo luogo unico nel suo genere è il denso e marcato odore di olio fritto ormai intriso nelle pareti, che ti pervade non appena varcata la soglia. Esso è parte integrante degli unti, croccanti e voluminosi involtini primavera preparati a mano dalla signora, venduti in una scodella posizionata sul bancone accanto alle uova sode e protetta da uno strato di carta assorbente che ha completamente esaurito la sua funzione, oleata fino all’ultima fibra e divenuta perfettamente trasparente.
Una volta, presa dalla curiosità, ne assaggiai uno. Non ho mai ripetuto l’esperienza.
Tale autenticità, apparentemente tratto distintivo degli Späti di Alt-Treptow, è da ritrovarsi in parte da Troja, all’incrocio tra Elsenstraße e Harzerstraße, benché con una connotazione indiscutibilmente più ridente. Entrare da Troja ha la stessa valenza di immergersi negli sfavillanti e decadenti anni ’80, un tuffo in un luogo fatato che fonde in un’unica essenza Beverly Hills e Alexanderplatz. La briosa proprietaria con i capelli biondi cotonati e un tocco di Jane Fonda riesce con maestria a colmare i vuoti di questo angolo fantasma della capitale tedesca che vive ancora all’ombra del solco del Muro da cui un tempo era attraversato.
Troja vende tantissime caramelle sfuse e offre anche un servizio di ritiro e invio pacchi. Talvolta ho avuto la necessità di usufruirne, poiché i fattorini del corriere di cui si serve mia madre per inviarmi quintali di leccornie dall’Italia si sono rivelati nel tempo tanto pigri da evitare accuratamente di citofonarmi, scegliendo invece di recarsi direttamente al Paket-Shop più vicino. Un giorno, la spedizione in oggetto era abbastanza consistente: pesava 20 chili ed era assolutamente scomoda da trasportare. Al ritorno, i due minuti a piedi di strada che mi separano dallo Spätkauf sarebbero diventati venti, ma ciò non bastava ad affievolire la felicità proiettata sulla ricompensa che avrei meritato una volta a casa.
Tuttavia, un’allegra e motivata cliente, anch’essa appena catapultatasi fuori dalla macchina del tempo impostata negli anni della DDR, non se la sentiva per nessun motivo al mondo di lasciarmi trasportare quel tracotante pacco da sola fino a casa mia, a soli due isolati da lì. Decide così di offrirsi volontaria, obbligandomi ad accettare il suo aiuto dinoccolato e scalpitante. Prima di aver raggiunto la fine del marciapiede aveva già iniziato ad assaporare gocce di amaro pentimento per essersi cimentata in questa impresa degna di Giochi Senza Frontiere. Decide quindi di affacciarsi negli spaziati negozi del circondario pregando i gestori di prestarci un carrello, senza riscuotere alcun successo. Però ecco che, per qualche fortuita congiunzione astrale, pochi passi dopo ci imbattiamo in un carrello sottratto al Netto e abbandonato sulla Harzerstraße, nei pressi della Wildenbruchstraße. La mia nuova amica afferra il pacco, ce lo infila dentro e se ne va, augurandomi il meglio nella vita.
Il grande spirito solidale degli Spätkauf della mia zona, però, non si esaurisce qui. All’incrocio tra la Harzerstraße e la Onkenstraße c’è quello che per me è sempre stato lo “Späti chiuso”. È talmente chiuso che non sono mai riuscita a entrarvi per comprare nulla. Talmente chiuso che mi sono chiesta più volte se non fosse in realtà solo il lontano ricordo di uno Spätkauf che aveva ormai esaurito la sua forza vitale. Anche la posizione non gli rende esattamente giustizia, vista la scarsa frequentazione delle due strade per lo più residenziali e del tetro angolo su cui si sviluppa, sebbene chi lo gestisce non sembrerebbe curarsi della dimensione spettrale che richiama.
Una lenta e cheta domenica di pioggia, intenta a rientrare a casa in bicicletta, mi accorgo di avere dimenticato di comprare il tabacco. “Ormai sei quasi arrivata”, mi dico, prendendomela con me stessa, “devi tornare indietro per trovare qualcosa di aperto”. Invece, passando accanto allo “Späti chiuso”, aka Ost-West Späti, noto con profondo stupore che fino a qualche minuto prima era stato aperto, sebbene, per ironia della sorte, proprio in quel momento la saracinesca si apprestava a congiungersi al pavimento asfaltato con un movimento arrancante, in procinto di chiudere i battenti. In piedi, lì davanti, c’era un uomo corpulento con in mano una sigaretta accesa che emanava un forte e acre odore di sigaro. Mi fa cenno di arrendermi al mio destino, accompagnandosi con un verso gutturale. Resto impietrita a osservare l’ingresso ormai chiuso, mentre un filo di speranza percorre ostinato mia la spina dorsale.
Salgo in bici e faccio per andarmene, quando arriva una ragazza in ciabatte e interamente fradicia di pioggia, oltre che su di giri. Si affaccia piangente alle grate anteposte alla serranda, implorando la persona ancora all’interno di venderle le sigarette senza le quali non avrebbe saputo come superare la notte. In men che non si dica mi accodo alla sua richiesta, ed entrambe veniamo accontentate. Ci guardiamo felici, ci diamo il cinque e ci salutiamo. Mi allontano con la consapevolezza che quello Späti, forse, a volte apre.
In opposizione allo “Späti chiuso”, voglio concludere l’animato tour degli Spätkauf di Alt-Treptow con quello sempre aperto situato all’angolo tra la Karl Kunger Straße e la Lohumülenstraße, un baluardo della mia esistenza berlinese fino a due anni fa, prima che mi trasferissi qualche isolato più avanti.
La Backhaus Lohumüle, nel lontano 2015 circa, era un semplice esercizio commerciale decadente dal tipico design est-berlinese. La sua posizione strategica e la decisione di abbracciare il trend dell’orario di apertura no-limits, al contrario dei colleghi limitrofi, lo hanno lentamente innalzato a re degli Späti di zona. Ci trovi davvero tutto quello che serve, sotto forma di un vasto assortimento in grado di assecondare diverse voglie e portafogli. Contiene almeno sei frigoriferi ricolmi di birre e drink in bottiglia, numerosi scaffali di patatine e simili e qualche altro dedicato a latte, biscotti e scatolame. Inoltre, come suggerisce il nome, Backhaus Lohumüle è anche una Bäckerei, un faro illuminato nelle buie e bieche notti in cui la fame torna a farsi sentire. Grazie a questa formula vincente, da qualche tempo gli stessi gestori hanno avuto modo di ampliarsi tramite il Burger Laden attiguo.
Fuori dal negozio sono stati sistemati i canonici tavolini con le panche, preparati ad accogliere i personaggi più folcloristici del Kunger Kiez, sempre pronti a concedersi una gran quantità di birra Sterni, senza badare troppo alle fasi della giornata che cadenzano la vita dei comuni mortali. Quei tavolini sono però stati spesso per me anche il simbolo della volontà di non rientrare subito a casa in seguito a una serata che non accettavo fosse finita. Hanno costituito l’ultima lunga tappa di un infinito tour prima della camera da letto, oppure un semplice pit-stop dal quale ripartire dopo avere incontrato casualmente qualche conoscenza in vena di fare festa. Ciò che è certo è che lì ho assistito più volte al timido affacciarsi dell’alba dietro a un orizzonte ormai sfocato, consapevole di essere sostenuta dalla certezza di una fornitura infinita fino al sopraggiungere della stanchezza.
Ambra Cavallaro non sa più dove vivere, se a Roma (dove è nata nel 1987) o a Berlino (dove risiede da 12 anni). È un’avida lettrice, una polemica osservatrice e un’eterna indecisa appassionata di sonorità oscure e disturbanti. Lavora come traduttrice freelance e si sposta incessantemente nello spazio-tempo alla costante ricerca di nuovi progetti e pace interiore.
La foto di copertina è © Ichwohnehier
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