Per una volta c’è qualcosa – in questo caso qualcuno – che è arrivato prima di Facebook ad annunciare una morte illustre: un amico mi ha mandato un sms e mi ha detto che De Mauro se n’è andato.
Davvero? ho scritto, perché in questi casi non è che puoi dire molto altro. Sarebbe ridicolo scrivere mi dispiace. Sarebbe ridicolo per me, quantomeno.
Mi ha risposto Sì, non hai visto su Facebook?
Ah ok.
Non si scappa.
Ho pensato a due cose, appena avuto notizia della scomparsa.
La prima è un ricordo. Abbiamo dei cassetti nel nostro cervello, in cui chiudiamo delle cose e le teniamo lì. Talvolta quei cassetti non li apriamo mai per l’intera vita ed io immagino che quando arriverà il grande giorno in cui dovrò andarmene, quei cassetti si apriranno tutti insieme, come nella sequenza dell’Higitus Figitus della Spada nella Roccia della Walt Disney, quando Merlino sistema in un’unica borsa tutta la casa. Però al contrario.
Forse è questa la definizione più romantica del ti passa tutta la vita davanti.
Ci sono volte però che quei cassetti si aprono perché qualcosa è talmente forte da riuscire a sradicarli dal loro incantesimo. Torniamo alla Spada nella Roccia.
Il ricordo è legato ai tempi dell’università, che sono giorni distanti, talmente distanti che mi paiono impolverati, che probabile la fantasia ci mette del suo.
Riprendo a memoria gli unici esami di Linguistica generale che ho affrontato alla Statale, Lettere Moderne.
Entrambi scritti. Due tentativi entrambi a vuoto.
La grande aula, noi studenti seduti composti, con i test davanti e le biro di fianco.
Non ho nessun ricordo, invece delle lezioni di Linguistica generale. Non ricordo nemmeno il nome del docente e non mi biasimo.
La seconda cosa a cui ho pensato è il figlio di Tullio De Mauro, Giovanni. Però ci torno dopo.
Sto dando per scontato che chi legge e chi s’informa sappia chi sia il Professor De Mauro, anche se, spendendo giusto una ventina di minuti tra i miei contatti Facebook più giovani – per lo più ventenni – le risposte alla mia domanda Tu sai chi è Tullio De Mauro? sono state delle più fantasiose, ma una su tutte: quello che è morto oggi.
Uno mi ha risposto, un dj?
Credetemi.
Tu sai chi sei. Un punto di domanda non ti salverà dall’imbarazzo che devi provare.
Questo mi fa pensare ad una cosa abbastanza banale, ma allo stesso tempo “intricatella”: i giovani non sanno chi sia Tullio De Mauro, ma sanno che è morto, perché lo hanno letto sull’internet, presumibilmente sulla bacheca del re dei social network.
Ho letto un commento, bellissimo nella sua tristezza, in caps lock: Oddio è morto Mauro de Mauro! Ciao compagno.
In questi 44 caratteri spazi inclusi c’è la definizione inoppugnabile di ignoranza.
De Mauro è morto oggi, a 84 anni. Non l’ho mai considerato un uomo speciale, non come lo possono essere stati tanti altri. Lo considero però un uomo molto importante per la cultura d’Italia, per quella che dovrebbe essere la nostra istruzione culturale. Meglio, quella che potrebbe essere la nostra istruzione culturale.
È un uomo che giustamente va onorato nella morte, come spesso è stato fatto anche quando era in vita; linguista, docente e saggista, assessore alla cultura della città di Roma nel ‘76 e ‘77, membro del Consiglio d’Amministrazione de La Sapienza dall’81 all’85, docente della stessa, Presidente del rinomato e chiacchierato Premio Strega, sempre più inserito nella cultura scolastica romana fino ad arrivare alla carica di Ministro della Pubblica istruzione sotto il secondo governo Amato, nel 2000 e 2001. Ha scritto libri, tanti libri, per lo più noiosi – libri scritti probabilmente in una lingua aliena per i ventenni che ho citato qualche paragrafo fa, però libri importanti e questo è quello che conta, perché i libri vanno in pasto al popolo, il popolo li legge e il popolo è vasto. Vastissimo.
Ha redatto più di un dizionario della lingua italiana, ma tutti si ricordano del “Grande dizionario italiano dell’uso”.
Sta tutto qui il suo essere un uomo importante e non speciale.
Speciali erano le sue orecchie, che ricordo molto bene, in contrasto netto con i suoi occhi, che lo facevano assomigliare ad una creatura di Tolkien.
Poi penso che sono troppo giovane anch’io, in realtà, per tutto questo, per permettermi di avere un’idea precisa che sentenzi l’idea che non avete voi, forse addirittura non ho l’età per scrivere della morte di De Mauro, dire che lui non è speciale mentre tutti lo state scrivendo nei vostri status sul prodigioso web, quanto lo fosse.
Torno al secondo pensiero, quello legato al figlio, al Giovanni. Direttore di Internazionale.
Ecco, se provo a riprendere le parole esatte che mi sono passate per la testa in quell’istante, preceduto da quell’altro istante, quello del ricordo dei giorni della Statale, beh, potrebbero essere, se la memoria a breve termine non m’inganna: Chissà quel furbetto di suo figlio.
Ora, sicuramente sarò tacciato e perseguitato e, probabilmente, lapidato in pubblica piazza da molti di voi, perché lo sappiamo bene tutti che Internazionale è diventato un fenomeno molto più gonfio di quello che è nella realtà, come lo è anche Saviano, per dire, così mettiamo d’accordo tutti e distribuiamo pietre alle teste di pietra. Che poi la superstar campana, a suo tempo, s’è preso anche le tòtò da De Mauro Senior, per dire.
Però io c’ho pensato, per un niente, una goccia acida nei pensieri, a quel giornale furbo, in fondo identico a tutti gli altri, ma che vuole fare il diverso e per questo diventa cool. Un giornale che, onestamente, quasi chiunque al mondo, che sappia leggere e scrivere in modo onesto può fare, convincendo però la quasi totalità della popolazione italiana che è stato fatto qualcosa di innovativo e unico, quando unico non lo è.
E mi sono chiesto, chissà che cosa ha pensato di questa cosa qui, il Tullio, quest’uomo importante, dal sapere sconfinato e le orecchie speciali, quando tutti i suoi cassetti si sono aperti in un solo momento e le sue memorie sono strabordate oltre i confini di ciò che doveva restare segreto, asciutto per sempre.
Probabilmente ha pensato che il per sempre era finito e tutto ciò che può andare oltre è scritto nei suoi libri.
Fino a quando qualcuno ridefinirà le regole e l’ennesimo dizionario verrà scritto.
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