OST è stata per diversi anni una rubrica ideata e curata da Mattia Grigolo, apparsa su Soundwall Magazine. OST ha raccontato i film attraverso le sue colonne sonore.
Ora è su Yanez.
Una delle poche cose che quell’uomo silenzioso e riflessivo di mio nonno mi disse quando era ancora in vita fu che il genere umano avrebbe visto l’apocalisse, un giorno, e le avrebbe riso in faccia. Ancora oggi, talvolta, rimugino su quelle parole e su come dargli una spiegazione che sia logica, poi penso che forse non lo voglio sapere. Ma in fondo, a essere sinceri, chi è che ha veramente paura della fine del mondo?
Cormac McCarthy nel 2006 scrive un libro che narra la storia di un padre e suo figlio in fuga da un mondo in cenere. Dentro poco più di 200 pagine, McCarthy ha messo tutto; l’inizio e la fine del mondo, la speranza e l’illusione, la vita dentro la morte e la vita contro la morte.
Un anno dopo vince il Premio Pulitzer per la narrativa.
Il capolavoro s’intitola The Road.
Nel 2009 John Hillcoat realizza l’adattamento cinematografico e, come aveva già fatto per altri suoi film, decide di lasciare la colonna sonora in mano a Nick Cave e al fido compagno Warren Ellis.
Un padre e un figlio sulla strada spingono un carrello della spesa con dentro le loro ultime cose. L’apocalisse ha mangiato la terra. Sulla strada non c’è nessun futuro da rincorrere, solo una speranza senza speranza e l’amore oltre ogni cosa di un uomo verso il proprio bambino.
L’apocalisse si è portata via quasi tutto, ha lasciato solo il bene, il male e la cenere, ha diviso i sopravvissuti in vittime e carnefici, che scappano e si rincorrono, come in un eterno, macabro, giocare a guardie e ladri per guadagnarsi la speranza di continuare ad esistere.
Un padre e un figlio, un uomo che protegge il suo bambino, costringendosi a camminare nella polvere e nel freddo perenne di un mondo in post mortem.
Di Nick Cave si potrebbe scrivere per ore, ma lo ha già fatto la storia.
Una testa calda, un animale da palco che, soprattutto con i Birthday Party e in seguito con i The Bad Seeds, riesce a dare un giro di vite non indifferente alla scena post-punk e alla no wave.
In The Road, Nick Cave accarezza i tasti del pianoforte come fossero passi che non vogliono lasciare impronte. Warren Ellis accompagna con il suo violino, soffiando un lamento lontano, malinconico, che chiede alla speranza di essere sincera.
Cave (side project dell’Australiano) si siede, si rassegna e trema di composizioni glaciali, che strappano vene e lacrime. Un disco tormentato, cupo e ruvido, composto in un tempo senza tempo come può essere il mondo dopo la sua dipartita.
Come se quelle note pizzicate nel baratro di tappeti cupi, volessero accarezzare le guance del bambino spinto nell’inerzia di un’infanzia in cui la normalità sono gli uomini che mangiano altri uomini e l’anormalità è il trovarsi un altro bambino di fronte.
Come se Cave ed Ellis avessero composto queste 15 tracce soprattutto per aiutarsi a prendere in braccio un padre finito, un figlio di Dio pronto a proteggere il suo dono, costringendosi a sopravvivere nella speranza di morire. Quello stesso padre che cerca la strada, che porti a nuova vita, per il suo continuum.
La colonna sonora di The Road piange dell’abbandono che arriverà. E suona la sua marcia funebre.
La traccia che dà nome al disco, al film, al libro, The Road, è una malinconica cantilena piano-archi, che sembra non avere fine nonostante un crescendo che presuppone una salvezza che non arriverà mai, soprattutto tra le note.
The Cannibals è l’inno sbilenco all’instabilità, tamburi accompagnano una marcia di perduti e disperati, divenuti demoni a seguito della tragedia. The Beach, la speranza, la ninna nanna oppure soltanto la fine di un viaggio che poteva essere, ma non è mai stato.
Un libro, un film e una colonna sonora che si fondono nel deserto di un messaggio che è un pugno doloroso ma meritato, ove la speranza rimane sulle labbra e nelle domande che un figlio, concepito tra le fiamme della fine e respirata nella sua stessa cenere, pone al padre.
Il padre insegna al figlio a diventare uomo.
Il figlio insegna al padre a essere un uomo.
Con loro i suoni di quel mondo che compongono un disco e una bestia primordiale che, ad ali spiegate e occhi di lupo, copre ogni cosa con la sua ombra fredda.
Un padre e un figlio sulla strada spingono un carrello con dentro l’amore puro che solo nella realtà di un incubo si può trovare, raschiando nei pochi spiragli di luce senza mostri.
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