OST è stata per diversi anni una rubrica ideata e curata da Mattia Grigolo, apparsa su Soundwall Magazine. OST ha raccontato i film attraverso le sue colonne sonore.
Ora è su Yanez.
La matematica non è un’opinione.
La matematica non è creatività e talvolta è dannazione.
La matematica è infinita e infinitesimale. Soltanto poche geniali menti sono riuscite a catturarne alcuni dei segreti, nuotando nei profondi abissi di numeri, alla ricerca di una soluzione, così come accade spesso con la follia quando brucia più della ragione.
La soluzione. Il punto di arrivo, il più alto oppure il più pericoloso.
Maximillian è uno di questi, un matematico, un genio esasperato e disperato.
Stressato dall’emicrania costante contratta dopo aver guardato fisso il sole all’età di sei anni, che lo costringe ad una costante e massiccia assunzione di medicinali. Disperato nella ricerca di una soluzione.
Max è un solitario, vive e lavora segregato nel suo appartamento-laboratorio, perseguendo l’obiettivo di rendere concreto l’ideale che ogni cosa può essere decifrata attraverso i numeri, perché la natura stessa è uno schema preciso e definito.
Max è fermamente convinto di potere trovare un sistema in grado di predire le quotazioni in Borsa.
Questa non è una buona cosa.
La matematica può essere risolutiva tanto quanto può essere pericolosa, perché, in ogni caso, i numeri sono parte della vita e della natura umana, ne compongono i binari sospesi tra le esistenze e decretano regole tacite, capaci di modificare ogni singolo paradigma disponibile, alterandone il regolare svolgimento, migliorandolo o peggiorandolo, ma, sempre e comunque, modificando irrimediabilmente un corso, qualsiasi esso sia.
Max viene spiato, seguito, minacciato e incentivato dagli avvoltoi di Wall Street e della Torah, i quali, volando in cerchio a pochi metri dalla sua instabilità, attendono il momento opportuno per impadronirsi di quel segreto che sta per essere rivelato. Come tutti sappiamo però, più spingi a tavoletta l’acceleratore e più aumentano le possibilità di perdere la strada.
E’ la regola della vita, tangibile tanto quanto il risultato di un’equazione.
La follia è un buco scuro, un pozzo profondo con pareti lisce nelle quali perderai le unghie nel cercare di aggrapparti, per risalire.
“Pi, Il Teorema del Delirio” è un thriller psicologico, uno sci fi indipendente a basso costo, dove il bianco e nero contrastato, le riprese ipercinetiche di Darren Aronofsky e la colonna sonora futuristica di Clint Mansell, compongono un viaggio alienante attraverso il genio e la disperazione.
Only God is perfect
Darren Aronofsky è un regista controverso, apprezzato e disprezzato quasi in egual modo. Compreso o meno, lascia il segno nel cinema, nel bene e nel male, con diversi interessanti film. Oltre a Pi, Il Teorema del Delirio, premiato per la regia dalla critica al Sundance Film Festival del 1998, sua è l’angosciante trasposizione su pellicola del capolavoro di Hubert Selby Junior, “Requiem for a Dream” e “Fountain l’albero della vita”, che viene nominato al Golden Globe come Miglior Colonna Sonora Originale.
Nel 2008 gira The Wrestler, con un immenso in tutti i sensi, Mikey Rourke.
Poi Black Swan e Noah, entrambi criticatissimi e infine, datato 2007, Madre!
Aronofsky ha un amico, che lo introduce alla Colonna Sonora (proprio con “Pi, il Teorema del Delirio”), il già citato Clint Mansell.
Ex membro della band Pop With Eat Itself, Mansell si guadagna, in pochi anni, il rispetto del pubblico e della critica, venendo definito uno tra i migliori compositori contemporanei.
There will be no order, only chaos
L’ordine e il caos.
Il delirio e la genialità.
Il baratro della follia.
Clint Mansell compone e sistema un disagio elettronico buio e impenetrabile, nevrotico e preciso come un’ipotesi aritmetica. Non ci sono spiragli, bensì spire di sintetizzatori e drum machine, fruscii e storia. Sì, la storia della musica raccontata da personaggi come Aphex Twin e Massive Attack, Orbital, Autechre e Roni Size.
Nelle tredici tracce soltanto tre portano la sua firma, composizioni di una jungle ansiogena e avariata. Sono il legame tra lui e i producer che sceglie nel delirio filmico del regista.
La musica può essere un’espressione matematica.
Aphex Twin e gli Autechre ne sono un esempio incalzante. Del primo viene proposta Bucephalus Bouncing Ball, non a caso Intelligent Dance Music, suoni studiati nel minimo dettaglio, frutto di una mente contorta e geniale, tanto quanto quella del protagonista del lungometraggio, un saliscendi di folli suoni spezzati e soundscape avveniristici.
Ancora gli Autechre, il duo che ha fatto delle loro composizioni il computo per definire l’elettronica in quanto tale. Mi viene in mente Draft 7.30, album in cui ogni suono espresso è differente da quello precedente, capace, ad ogni modo, di avere un inizio e una fine. Volendo anche un ritmo.
I Massive Attack, con Angel, firmano quella che può essere definita la “film-track”. Ipnotica e lisergica, è il pozzo profondissimo di cui si parlava, che canta con la voce di Horace Andy e suona il trip hop di Bristol.
Il ritmo si distende con David Holmes e l’incalzante No Man’s Land, percussioni e sintetizzatori cosmici, e riprende follia con P.E.T.R.O.L degli Orbital.
Dondola con Anthem di Gus Gus, si dimena con Drippy del Banco de Gaia, corre o forse scappa dai fantasmi della mente sul dorso delle ritmiche di Roni Size e perde definitivamente coscienza nell’immensità siderale del londinese Spacetime Continuum.
Clint Mansell inizia così il suo percorso nella colonna sonora, un universo che lo porterà a creare, nel corso della sua carriera, composizioni meravigliosamente malinconiche, oppure terribilmente angoscianti, ma pur sempre di una genialità (perché è di questo che si parla) tanto limpida quanto può essere il risultato matematico di 2+2.
Maximillian, il protagonista, annota, durante le sue giornate spese nella ricerca, delle note personali, dei memo talvolta estremamente lucidi, talvolta deliranti.
Questo è quello che mi è rimasto in mente, quando ho finito di ascoltare la colonna sonora di cui vi ho parlato:
“10 e 15, nota personale: la definizione giusta di questo momento è che sono sull’orlo di un precipizio, ed è lì che succede tutto.”
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