Mr. Chi Pig questa volta non risorgerà.
Ken Chinn, aka Mr. Chi Pig, leader degli SNFU, ha lasciato le sue gracili e scarne spoglie mortali il 16 luglio, probabilmente a seguito di una polmonite che aveva in programma di ucciderlo almeno già dal novembre scorso, quando i medici gli avevano dato un mese di vita.
Lo ha annunciato su Facebook Dave Bacon, amico ed ex membro degli SNFU, in un post che recita: “It breaks my heart to say this, but our beloved friend has left this mortal coil just a short while ago. He is now at peace. May he live on in our hearts and memories forever.”
È strano uscire con un articolo sulla morte di un personaggio famoso – per quanto Mr. Chi Pig possa ritenersi un personaggio famoso – a più di dieci giorni dalla sua scomparsa. Ma chi ha visto gli SNFU live e chi conosce un po’ la storia personale di Ken Chinn, sa che qui si sta parlando di qualcosa che va oltre la morte di un frontman di un gruppo punk.
Mr Chi Pig è stato un’anomalia in un universo che già di per sé vuole essere anomalo.
Ken Chinn era apertamente frocio in una scena punk e hardcore che, per quanto predichi l’apertura, fatica a liberarsi di connotazioni omofobiche e machiste, connotazioni che erano ancora più marcate negli anni 80, all’inizio della carriera degli SNFU.
Ken Chinn era schizofrenico, sentiva una voce buona e una voce cattiva nella testa, perdeva il contatto con la realtà e cadeva in oblii di depressione e paranoia. La malattia è stata una parte fondamentale del suo genio artistico musicale e visuale.
Ken Chinn è stato un drogato, un barbone, un abusato, un derelitto. È stato buttato fuori di casa, fuori dalla propria band, fuori dall’etichetta discografica che lo aveva messo sotto contratto. Nel corso della sua vita ha impersonato tutte le forme di emarginazione, eppure Ken Chinn è sempre risorto, è sempre tornato dall’inferno con un largo sorriso sdentato dipinto sulla faccia e un lampo di ironia che gli attraversava gli occhi. Attraverso la sua arte e le sue esibizioni ha offerto al mondo un’umanità immensa, scevra di bugie, bizzarra ed imperfetta, e sono certa non esista uno dei suoi fan che non provi una stretta di affetto pensando a lui. Questo non vuole solo essere un articolo su un “personaggio famoso”, vuole anche essere una piccola riflessione sull’emarginazione e un modo per dare indietro un po’ di quella generosità che Mr. Chi ha sempre distribuito intorno a se stesso.
Questa è la storia di Kendall Stephen Chinn.
È il 19 ottobre 1962, ad Edmonton non sta succedendo niente di interessante, come spesso accade in Canada, e in una famiglia tedesco-cinese che conta già tre membri, nasce Ken. Ci saranno ben altri dieci bambini dopo di lui. Il padre di Ken viene presto spedito in prigione e il nuovo compagno della madre è un poco di buono “Un alcolizzato del weekend”, lo descrive Ken. Nel fine settimana la casa di Ken si trasforma in un luogo spaventoso: botte e abusi fisici e verbali segnano l’infanzia del cantante, i soprusi arrivano sia da parte dell’uomo che da parte della donna. La madre di Ken soffre infatti di schizofrenia. “Dopo qualche bicchiere si trasformava, she would go fucking crazy. Non c’era traccia della donna dolce che mi accudiva durante il giorno. It was scary and painful. Fucking painful”. Ricorda Ken.
Questa è forse la prima volta che Ken Chinn muore e risorge. Una parte di lui muore nella violenza di casa sua, nell’ambiente che lo dovrebbe proteggere e amare, e una parte risorge plasmata dalla cultura dello skateboard e della musica punk. Nel 1981 Ken fonda assieme agli amici Marc e Brent Belke gli SNFU e dà vita ad un nuovo personaggio: Mr Chi Pig.
Mr Chi è lo showman, il cabarettista, è colui che si esibisce per il pubblico e che il pubblico vuole vedere. Ken ancora non lo può sapere, ma gli SNFU diventeranno una delle band più influenti nella scena punk hardcore e Mr Chi verrà ricordato come uno dei frontman rock più eccentrici, carismatici e imprevedibili.
Billy Joe dei Greed Day lo ricorda come “one of the greatest front people I’ve ever seen”, Mike Patton scrive “His vocal approach and ferocious stage attack was something that impacted me deeply”, per Jello Biafra Ken è stato “one of the greatest frontmen ever, and an amazing unique human being”
Gli SNFU tra il 1981 e il 1989 rilasciano tre album: …And No One Else Wanted to Play (1985), If You Swear, You’ll Catch No Fish (1986) e Better Than a Stick in the Eye (1988). Iniziano ad avere successo: girano in tour e aprono gli show di band del calibro di Dead Kennedys e Youth Brigade, nel 1987 vengono votati come la migliore band live, piazzandosi di fronte a Red hot chili peppers e Fugazi.
Ma nel 1986 accade qualcosa che rispedisce Mr. Chi di nuovo dritto all’inferno. Durante un concerto Ken sta facendo hand-banging, quando un ragazzino prova a salire sul palco. Nello scontro fra le teste dei due, Chi si procura una frattura cranica. “After that things got kind of dark, I lost control on myself, nothing was in order anymore” racconta Ken “Ho iniziato a sentire delle voci nella mia testa. Ero sempre io che parlavo, ma una voce era buona e una era cattiva. Ho iniziato a chiedermi: è per tutti così? Non capivo più cosa accadeva attorno a me, it was fucking scary, man”.
Ken ricorda quello come il momento che separa la sua sanità mentale dalla sua pazzia. Mentre lo fa, il tono della sua voce si abbassa di un tono, lo sguardo sfugge, le mani si agitano. Il suo linguaggio del corpo trasmette quello che deve aver patito durante tutti gli anni della malattia: incertezza, instabilità, paura.
E questo è un inferno impossibile da cui risorgere. Mr Chi Pig continuerà per tutta la sua vita ad annaspare, a prendere boccate d’aria per poi sprofondare di nuovo nella melma della malattia e della depressione.
Nonostante la salute mentale di Chi vada deteriorandosi, il gruppo conclude il tour, ma il prezzo da pagare è alto: alcuni membri lasciano la band, nuovi ne arrivano, ma viaggiare con Ken in queste condizioni non è facile per nessuno. Nel 1989 gli SNFU si sciolgono.
Per Ken Chinn inizia a questo punto una nuova era, quella di Vancouver.
A Vancouver succedono, negli anni dal 1989 al 2001, tre cose fondamentali.
La prima è che Mr. Chi confessa pubblicamente la sua omosessualità e diventa un sostenitore dell’identità queer nella comunità punk rock. Essere gay in quell’ambiente non è facile e in più di un’occasione Chi porta alla luce le contraddizioni di un mondo che predica la libertà e la tolleranza, ma alla fine rimane estraneo ai diritti degli omosessuali. Negli anni ’80, l’impianto omofobico di alcune band cult, come ad esempio i Bad Brains, è noto.
La seconda è l’incontro con la crystal meth. Vancouver è una città dove la droga scorre torrenziale e Mr Chi nella crystal meth ci si tuffa. La sua salute mentale e fisica iniziano così una parabola verso il basso che non conoscerà mai cambio di direzione. Chi spesso non dorme, fa telefonate strane in mezzo alla notte agli amici, le sue allucinazioni si fanno più persistenti e le paranoie più spaventose. Ken non chiede aiuto, entra invece nel tunnel dell’auto medicamento: cerca di curare la sua dipendenza dalla droga di strada con altra droga di strada. Dopo qualche tempo questo gli causerà la perdita di tutti i denti.
La terza è la riformazione degli SNFU, di nuovo attorno ai fratelli Belke e a Mr. Chi, e il contratto per tre album con la Epitaph. In questi anni, gli SNFU conoscono il loro maggior successo commerciale, girano estensivamente in tour, vendono dischi e merchandising. Ma per la Epitaph non è sufficiente: gli SNFU, purtroppo, non sono gli Offspring, non sono composti di un solo atomo commerciale, non faranno mai una canzone da radio, l’estetica degli SNFU non è un’estetica di massa. Il gruppo non compie il grande salto e non entra nelle charts. Il contratto non viene rinnovato e la band si trova a far fronte ai debiti verso l’etichetta, 250 mila dollari, soprattutto di spese accumulate durante i tour. Brent Belke e il batterista storico Dave Reese lasciano la band. Gli SNFU continuano il tour in quattro, ma a questo punto, nel 2002, la malattia mentale e la dipendenza hanno preso il sopravvento su Mr. Chi.
È in questi anni, più o meno tra il 2003 e il 2005, che accade qualcosa di drammatico tra Ken e il suo amico di sempre, Marc Belke. Una frattura, un’incomprensione, la realizzazione di non poter aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato, e Marc se ne va, abbandona la band definitivamente. Gli SNFU, dopo 23 anni di attività, smettono di esistere di nuovo, questa volta sembra per sempre: i membri degli SNFU annunciano la volontà di non voler continuare a suonare sotto questo nome.
Marc non lascerà dichiarazioni riguardo il suo rapporto con Ken, non parteciperà al documentario del 2010 su Mr Chi Open your mouth and say…Mr. Chi Pig! e non si unirà – almeno pubblicamente – al coro di voci che piangono la scomparsa dell’amico.
Il loro ultimo album assieme In the Meantime and In Between Time è, a mio parere, il lavoro più intimo e maturo della band.
Forse questa è la discesa all’inferno più profonda per Mr. Chi. Ora ha perso davvero tutto: la musica, l’amicizia, ogni suo avere materiale. Nella sua esistenza non esistono più punti fermi. Mr. Chi viene risucchiato in una spirale, le sue condizioni di salute peggiorano, la dipendenza lo tiene al cappio, non ha più alcun controllo sugli eventi e finisce per strada a vivere come un barbone. In un’intervista lo sentiamo dire, mentre nervosamente si stropiccia e si stiracchia la barba e i capelli lunghi e disordinati: “Una delle ragioni per cui mi sono fatto crescere questa barba, questi capelli, è perché non volevo che nessuno mi riconoscesse quando andavo in giro, è perché mi vergognavo, volevo solo sparire”.
Anche nei versi di cockatoo quill troviamo la disperazione di Ken:
Drinkin’ again
I’m not thinkin’ ahead
I got that shrinking feeling
That only grows larger
Day by day
Lager by lager
And I’m still sitting here
Writing my will with a cockatoo quill
The one thing I own
One thing that’s not on loan
One thing I haven’t sold, yet.
È nel momento in cui Ken inizia a pensare al suicidio, che risorge di nuovo.
Mr. Chi cerca aiuto ed entra in un programma di recupero. Ci vuole tempo, ma alla fine prende la direzione giusta: lentamente esce dalla solitudine. Prima trova supporto nei bar punk di Vancouver, poi racimola un lavoretto al quale si presenta quando vuole, ma che gli dà qualche responsabilità, la possibilità di organizzare la propria vita e, soprattutto, di riavvicinarsi alla scena musicale.
Ed è la musica, che, ancora una volta, lo riporta in vita.
Per il venticinquesimo anniversario degli SNFU, Mr. Chi decide di organizzare una reunion e rintraccia tutti gli ex membri della band. Solamente una persona varca la soglia della porta, Jon Card, batterista dall’85 all’86 e dal 91 al 92.
Dagli altri, nessuna risposta.
Marc Belke si fa vivo, ma la sua non è un’offerta di pace: la nuova formazione non dovrebbe suonare sotto al nome di SNFU, sostiene. Mr. Chi non ci sta: “As far as I’m concerned it’s SNFU. The band has changed all throughout the years, and this is just another change. […] Those songs are my life. I’ll fucking play them ‘til I die” è la sua lapidaria dichiarazione.
La comunità punk si spacca. C’è chi, come Jello Biafra, crede che portare avanti gli SNFU senza i fratelli Belke sia “fucking wrong”, e chi crede che il posto di Mr. Chi Pig sia solo sul palco e che là, con il suo gruppo, debba ritornare.
Io ho avuto la fortuna di vedere gli SNFU live solo una volta, nell’inverno del 2017, in questa ultima formazione della band. Non conoscevo quasi niente della storia di Mr. Chi, io sono una che presta attenzione più che altro alla musica, poco mi interessa dei retroscena. Appena prima del concerto mi sono fatta largo tra la folla fino al palco, mi sono sistemata in un angolo a sinistra con il mio gin tonic e, credetemi, non ero assolutamente preparata a quello che sarebbe successo da lì a poco.
Le luci si sono abbassate, tutto attorno si è fatto silenzio e, in un’atmosfera di completa suspense, Mr. Chi Pig è entrato in scena: quattro ossa di uomo avvolte in un mantello di velluto rosso, portava dei fuseaux color argento e sotto al mantello una sexy maglietta fuxia e viola. La pelle era così incartapecorita e grigia che pareva si sfaldasse, i capelli, pochi lunghi e disordinati, sembravano peli sotto ad un strampalato cappello da maiale. Ho pensato Quest’uomo non ce la farà mai ad emettere suono.
Dopo un secondo, un boato.
Non ricordo con quale canzone gli SNFU abbiano aperto quella sera, non ricordo tanti particolari. Ma quello che ricordo è che non riuscivo a staccare gli occhi da Mr. Chi Pig. Quest’ombra di essere umano era uno stregone, aveva messo la sala sotto incantesimo. Forse non aveva più nella voce la potenza di un tempo e di certo non riusciva a saltare sulle casse e compiere altre acrobazie, ma con il solo carisma riusciva a tenere tutti in pugno. E il pubblico! Il pubblico, ragazzi, era in adorazione. Mai in nessun altro concerto ho assistito a tanto affetto e tanta devozione.
Fino ad oggi, quella degli SNFU in quella sera berlinese di febbraio, rimane la performance più onesta, più umana e più emozionante a cui abbia avuto l’onore di assistere, probabilmente in tutta la mia vita.
È vero, Mr. Chi Pig non risorgerà, ma sappiamo che questa volta non è finito all’inferno: negli ultimi anni di attività è riuscito a mantenere sotto controllo la malattia e la dipendenza. Sul palcoscenico, ha ritrovato il suo scopo, nei membri della band e nei suoi fan, una famiglia, nell’arte, una nuova, benché precaria, sicurezza in se stesso. E questo è stato possibile solo perché, nella sua anomalia, è stato incluso.
Gli SNFU hanno continuato a suonare fino al 2018, fino a quando le condizioni di salute di Mr. Chi lo hanno reso possibile.
Il giorno della sua morte, Mr. Chi Pig ci ha voluto lasciare la sua ultima canzone:
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