Illustrazioni di Giada Negri
Questa storia comincia con la Grande Guerra, in una Germania unita da poco più di 40 anni, che vive un periodo di benessere e forte crescita economica e demografica, in seguito al boom della rivoluzione industriale. Fritz, Rudolf, Adolf (detto Adi) e Maria sono i figli di Christoph, un ex tessitore diventato ciabattino, e Paulina, che manda avanti una lavanderia. I giovani aiutano la madre fin dai tempi della scuola, guadagnandosi il soprannome di Wäscheknaben, “i ragazzi della lavanderia”. Allo scoppio del conflitto, i fratelli maggiori vengono subito chiamati al fronte, mentre Adi li raggiunge solo a distanza di qualche mese dalla fine delle ostilità. Quando tornano a casa, trovano la lavanderia vuota. La popolazione adesso è povera, lontana dai vent’anni di splendore prebellico, che sono ricordati con nostalgia, così far lavare ad altri i propri vestiti è diventato un lusso. In quel momento, il più geniale e giovane dei fratelli prende una decisione: aprire una piccola fabbrica di scarpe nel locale ormai in disuso. Adi setaccia le campagne per appropriarsi di tutto ciò che la guerra ha lasciato e che può servire al suo progetto. Raccoglie sacchetti per il pane e caschi, da cui taglia strisce di cuoio che diventeranno suole. I paracaduti rotti e gli zaini, invece, sono utili per creare delle pantofole. Risolve anche il problema della mancanza di elettricità con una sua invenzione: un rifinitore di pelle collegato al telaio di una bici, che si attiva pedalando.
Nel 1923, Rudi si unisce all’impresa. Insieme lanciano, nel luglio dell’anno successivo, la Gebrüder Dassler, Sportschuhfabrik, Herzogenaurach e iniziano a produrre scarpe sportive. Fin da ragazzi, i due soci si sfidano in attività fisiche, in cui è spesso Adi a prevalere. L’amore per lo sport è l’unico interesse che hanno in comune, o uno dei pochi. Estroverso e spregiudicato, il fratello maggiore ha un carattere forte, caloroso e volubile. Passa da momenti di goliardia ad attacchi di rabbia in pochi secondi e, ben presto, i dipendenti imparano a riconoscere i suoi cambi di umore, per comportarsi di conseguenza ed evitare di mettere a rischio il proprio posto di lavoro. Tutti gli riconoscono un grande senso degli affari, qualità preziosa, soprattutto se combinata al genio creativo di Adi, che è un perfezionista, un gran lavoratore, ma molto riservato. La collaborazione si rivela fruttuosa e i Dassler lavorano senza intoppi, nonostante i loro piccoli attriti. Producono calzature innovative, tra cui alcune delle prime scarpe chiodate della storia. Le indossa, ad esempio, il velocista Arthur Jonath, durante le Olimpiadi di Los Angeles del 1932. L’atleta conquista la medaglia di bronzo dei 100 metri piani e quella d’argento nella staffetta 4×100 metri. Il giro d’affari cresce e l’azienda si sposta in uno stabilimento più grande, dall’altra parte del fiume Aurach, che divide in due la città.
La consacrazione arriva ai Giochi successivi, quelli che si tengono a Berlino, nel 1936. La Germania è cambiata. Il Terzo Reich ha fagocitato ogni rimasuglio di democrazia. Le leggi razziali sono diventate realtà nel 1935, a Norimberga, non lontano da Herzogenaurach. Hitler, grazie all’intercessione del ministro Goebbels, è riuscito ad averla vinta nonostante le proteste internazionali e si prepara a sfruttare le Olimpiadi per sbandierare al mondo la superiorità della razza ariana. I fratelli Dassler si iscrivono al partito tre anni prima, nel 1933, con stati d’animo differenti: Rudi sembra più vicino all’ideologia nazista, mentre Adi la disapprova, seppur con la dovuta cautela. E’ innegabile, in ogni caso, che per l’azienda di famiglia il nazionalsocialismo rappresenti una grande opportunità, visto il valore riconosciuto alle discipline sportive. Nel Mein Kampf, Hitler scrive: “Date alla nazione sei milioni di corpi allenati in modo impeccabile, tutti impregnati di fanatico patriottismo e animati dal più fervente spirito combattivo. In meno di due anni, se necessario, lo Stato nazionale li trasformerà in un esercito”. La domanda di scarpe sportive esplode e il best seller firmato Gebrüder Dassler è il modello Waitzer, che prende il nome del coach olimpico amico di Adi.
Hitler fa costruire un villaggio Olimpico grandioso, a Elstal, a venti chilometri da Berlino. Immerso nel verde della foresta, è dotato anche di un laghetto artificiale e numerose possibilità di intrattenimento, oltre che di impianti sportivi nuovi di zecca. Il Führer dà risorse illimitate al suo regista preferito, Leni Riefenstahl, che ha il compito di occuparsi delle riprese dell’evento. Tutto, pur di mostrare al mondo intero la grandezza della Germania e della razza superiore. A quelle Olimpiadi, però, partecipa in particolare un uomo, atterrato ad Amburgo insieme al team statunitense. Quest’uomo è afroamericano, figlio di un raccoglitore di cotone dell’Alabama, ha 23 anni e si allena presso la Ohio State University, dove è stato ammesso per le sue abilità agonistiche. James Cleveland Owens si chiama, ma è conosciuto come Jesse (dalle iniziali J.C.), e non ha vita facile in Ohio, neanche da atleta. Il problema è il colore della sua pelle: Jesse è nero. L’odio razziale influisce sulla sua vita quotidianamente, tanto da non poter mangiare nei ristoranti insieme ai suoi compagni di squadra e non poter entrare né uscire dalla porta principale degli hotel in cui alloggia. Per guadagnarsi da vivere lavora, per un periodo, anche come ciabattino. Si tratta di un particolare importante, dal momento che un altro uomo si sta dirigendo verso il Villaggio Olimpico, Adi Dassler, e ha con sé un paio di scarpe: le ha fatte su misura, proprio per Owens. L’atleta osserva le scarpe dalla punta chiodata con occhio esperto e accetta l’offerta con gratitudine.
Il 3 agosto Owens vince la medaglia d’oro nei 100 metri. Il 4 agosto si aggiudica il primo posto nel salto il lungo, battendo il tedesco Luz Long, che sarà suo amico fino alla morte. Il 5 agosto vince ancora, nei 200 metri e infine, il 9 agosto, arriva la quarta medaglia d’oro, nella staffetta 4×100 metri. Stabilisce così il record di quattro ori nell’atletica leggera in una stessa Olimpiade. Jesse Owens entra nella leggenda. Ai piedi, ha le scarpe della Gebrüder Dassler.
Prima che soci, i fratelli Dassler sono una famiglia. Eppure il rapporto tra i due è sempre più precario, soprattutto da quando il nucleo si è allargato. Rudolf si sposa per primo, nel 1928, con Friedl Strasser, una ragazza di Fürth, una cittadina alla periferia di Norimberga, orfana di padre e cresciuta dalla madre secondo i valori cattolici. Una conservatrice, che nel matrimonio trova il suo posto di moglie e madre devota. Avranno due figli, Armin e Gerb, ma la reputazione di donnaiolo del marito RUdi non si conclude con il matrimonio. La donna viene a conoscenza dei suoi tradimenti, ma si rassegna e, nel frattempo, lo aiuta a mandare avanti l’azienda di famiglia. Più tardi, nel 1934, anche Adi porta all’altare la donna della sua vita. La incontra per la prima volta nel 1930 a Pirmasens, una cittadina collinare del Palatinato, sul Reno. È Käthe Martz, la figlia quindicenne di Franz, che insegna nella Schuhfachschule del luogo, dove Adi sta imparando nuove tecniche di produzione. Käthe va a vivere a Herzogenaurach. L’impatto con la durezza della nuova famiglia francone è tutt’altro che facile. Ma la ragazza ha un carattere forte e determinato. Le differenze tra lei e Friedl emergono subito e diventano più evidenti quando anche la giovane aiuta il marito nella gestione dell’impresa, dimostrando di avere un senso per gli affari che non ha nulla da invidiare a quello del cognato e che, di conseguenza, fa storcere il naso alla famiglia di Rudolf. Inoltre, i Dassler al completo si sono trasferiti nella villa adiacente la fabbrica e la convivenza di certo non li aiuta a evitare lo scontro.
Nell’agosto del 1940 la seconda guerra mondiale bussa alla porta dei fratelli: entrambi sono chiamati a servire il Terzo Reich. Adi riceve una lettera dalla Wehrmacht che lo convoca in qualità di tecnico radio in un reggimento che svolge attività di intelligence. Viene però rimandato a casa dopo pochi mesi, in quanto la sua esperienza è ritenuta indispensabile per il funzionamento della fabbrica, che non è stata chiusa con l’inizio del conflitto: la produzione, molto ridotta, è destinata per lo più a scarpe e stivali per l’esercito. Con il ritorno a casa del giovane Dassler, Rudolf, che è rimasto al fronte, e la moglie Friedl, che lo aspetta a casa, diventano sospettosi, fino alla paranoia. La coppia presume un complotto di Adi e sua moglie per farli fuori dagli affari. Una notte, quando il marito è ancora lontano e gli Alleati cominciano a bombardare la Germania, Friedl cerca riparo nel rifugio di famiglia insieme al figlio Armin e alla sorella Betti. Adi raggiunge lo stesso sotterraneo con la moglie e i figli. Cammina su e giù e inveisce : “Sono tornati i bastardi”. Friedl sente le sue parole e non ha dubbi: sta parlando di loro. A nulla valgono i tentativi di Betti di convincerla che il cognato si riferisce agli Alleati. Nel 1943, da Tuschin, nell’ufficio in cui viene spostato per presunta cecità notturna, Rudolf scrive al fratello: “Non esiterò a cercare di far chiudere l’azienda, così sarai costretto a trovarti un’occupazione che ti permetta di giocare a fare il leader e, come un giocatore di alto livello, andare in giro con la pistola”.
In effetti, la Gebrüder Dassler chiude. A dicembre dello stesso anno, si attesta l’ultima produzione di scarpe nello stabilimento di Herzogenaurach, fino alla fine della guerra. È necessario produrre qualcos’altro, più urgente e più importante. Da quel momento, nella stessa fabbrica in cui sono state create le scarpe con cui Jesse Owens si è reso immortale, verranno prodotti i cosiddetti Panzerschreck, letteralmente, il terrore dei carri armati. Bazooka. Non basteranno a salvare la Germania dalla disfatta.
Alla fine del conflitto, Rudolf torna finalmente a casa, ma la pace in famiglia non arriva. Entrambi i Dassler vengono interrogati dagli Alleati, in quanto iscritti al partito nazionalsocialista. Davanti alla Commissione per la denazificazione della Germania, Adi si difende dalle accuse ricordando di aver fornito le scarpe agli atleti americani. Inoltre, sono molte le testimonianze a suo favore che lo descrivono come un uomo sempre pronto ad aiutare gli altri, ebrei inclusi. L’imprenditore non viene trattenuto.
Le cose vanno in modo diverso per Rudolf: accusato di aver collaborato con la Polizia segreta, lo arrestano il giorno dopo il funerale del padre, nonostante dichiari più volte di aver disertato la chiamata della Gestapo. Torna due settimane dopo la liberazione della città e incolpa il fratello di averlo tradito. È sicuro che sia stato proprio Adi a dare quelle informazioni durante l’interrogatorio davanti alla Commissione. Ancora una volta, non c’è verso di fargli cambiare idea.
Herzogenaurach viene risparmiata dagli Alleati, durante la guerra e durante la liberazione. Il sindaco Valentin Frölich ha intimato alla popolazione di arrendersi immediatamente, per evitare spargimenti di sangue. Alcuni carri armati, però, si fermano davanti alla fabbrica di scarpe. L’intenzione delle truppe è di abbatterla, in quanto presunto nascondiglio delle SS. Ma dall’edificio esce una donna e convince i militari a non farlo: “Qui c’è solo gente che vuole fare delle scarpe sportive”. È la ventottenne Käthe, che con gli anni è diventata più affascinante e coraggiosa.
Lo stabilimento è ancora in piedi, ma l’azienda familiare è ormai morta. Adi e Rudolf decidono di fare l’unica cosa possibile: dividersi. Prima di tutto, chiedono ai dipendenti di scegliere chi seguire. I tecnici scelgono per la maggior parte di stare con Adi, i venditori con Rudolf. Entrambi devono assumere personale che si occupi delle posizioni vacanti.
Si comincia a spaccare, così, l’intera città.
Rudolf si sposta in un edificio appartenente alla sua famiglia, che si trova dall’altra parte del fiume. Lì fonda la sua azienda, che chiama “Ruda” dalle iniziali del suo nome. Come il fratello, che chiama la sua impresa “Addas”. Entrambi, però, cambiano idea poco dopo: l’uno perché il nome risulta troppo duro, l’altro perché è già usato da una marca di scarpe per bambini. Nell’ottobre 1948, il brand di Rudolf viene registrato come “Puma”, da uno dei suoi soprannomi. Il primo logo è il felino nero che salta attraverso una D. Sull’altra riva dell’Aurach, a marzo del 1949, viene invece registrato il marchio “Adolf Dassler Adidas Schuhfabrik”. Le tre strisce che rendono riconoscibile il brand a 70 anni di distanza non sono altro che piccole strisce di cuoio che Adi utilizzava anche nella produzione delle scarpe della Gebrüder Dassler, per dare più stabilità alla scarpa. Prima erano solo due ed erano dello stesso colore della calzatura, dal ’49 diventano tre, di colore bianco. Agli inizi, le vendite di Puma vanno meglio di quelle di Adidas. Poi succede qualcosa. Rudolf fa la voce grossa con l’uomo sbagliato: Sepp Herberger, mister della nazionale tedesca di calcio. I due si incontrano alla fabbrica della Puma per un accordo commerciale, ma il più irascibile dei Dassler gli rimprovera di non mostrargli il dovuto rispetto e lo manda via. E lui se ne va, da Adi.
Durante i campionati mondiali di calcio del 1954, prima della finale di Berna tra Germania Ovest e Ungheria, Adi rivela a Sepp che il suo team, per l’occasione, avrà delle scarpe speciali, con dei tacchetti regolabili. L’idea è di un suo dipendente, Adi spiega a Sepp che la squadra potrà così aumentare la stabilità, nel caso di terreno bagnato. Poche ore dopo, come per magia, nella capitale svizzera comincia a piovere. La partita passerà alla storia come il “Miracolo di Berna”. La Germania dell’Ovest prende due gol nei primi minuti, per poi compiere una rimonta eccezionale e conquistare la Coppa del Mondo. Adi viene acclamato come uno dei fautori del miracolo. Ebbro di successo, torna dalla sua Käthe e dai loro cinque figli, tra cui il primogenito, Horst. Durante i Mondiali di Melbourne del 1956, lo stesso Horst avrà l’idea di regalare le scarpe agli atleti, investendo sul ritorno pubblicitario e cambiando per sempre il rapporto tra sport e sponsor.
Herzogenaurach, intanto, è diventata una città in cui ci si guarda i piedi, prima di rivolgersi la parola. I dipendenti delle due compagnie e i loro familiari sono in guerra tra di loro. La faida arriva a conseguenze tali che quando il calciatore Lothar Matthäus passa al Bayern Monaco, nel 1984, devono arrivare a un accordo sullo sponsor. Il padre di Lothar è un impiegato Puma, ma lo sponsor della squadra è Adidas e il calciatore teme di far perdere il lavoro al genitore. Pertanto, si arriva a un compromesso: Matthäus potrà indossare scarpe Puma e, nel caso di licenziamento, il padre sarà assunto dall’azienda rivale.
C’è un’altra partita importante in questa storia. Si gioca il 21 di Settembre del 2009 su un campo di calcio di Herzogenaurach: è la Giornata Internazionale della Pace. Dopo 60 anni, i lavoratori delle due società si stringono la mano durante un’amichevole a squadre miste. Sulla palla utilizzata sono impressi entrambi i loghi. Il match è tra operai e dirigenti. Vincono gli operai, per 7 a 5. Alcuni tifano Francia, altri Italia.
Giada Negri è un’artista, illustratrice e docente di illustrazione allo IED. Ha un legame profondo con il lago di Como dove vive e lavora.
L’illustrazione e la fotografia la accompagnano nell’interpretazione del mondo.
Sogna di giorno e di notte con un sottofondo musicale sempre presente e passa la maggior parte del tempo a cercare di trasferire su carta l’universo onirico che la attraversa.
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