È una piovosa giornata di fine gennaio e tutta l’acqua che non è scesa in queste settimane si sta rannuvolando sopra di me, ora. Sono arrivata a Brescia in treno e sto cercando un pandino bianco 4×4 con annesso autista. Media statura, barba lunga e cappello bianco in testa, Andrea mi stringe la mano allargando un sorriso; salgo in macchina e mentre accende il motore io faccio partire il registratore.
“Mi è capitato di dover fare per qualche tempo le consegne in macchina, dopo che mi hanno rubato la bici: è stato un incubo!” e infatti trovare un buco per lasciare l’auto in centro richiede dosi di fortuna considerevoli. La prima tappa è un bar per una spremuta senza zucchero e una lunga chiacchierata su come, un anno e mezzo fa, Andrea ha iniziato a consegnare prodotti bio in bicicletta. Ortociclo è però anche la storia di un cambiamento personale e profondo del ragazzo che faceva il geometra, lavorava come un mulo e non era felice. Per ritrovare un senso, un ritmo ed un nuovo orizzonte, gli ci sarebbero volute due cose: decrescita (felice) ed agricoltura.
“Ho fatto parecchia fatica all’inizio, nel senso che prima d’ingranare, di avere una certa costanza negli ordini, ce n’è voluto di tempo.” Ora la situazione è più stabile. Andrea ha saputo ridurre al minimo le spese: gli ordini si fanno online e vengono chiusi il giorno prima della consegna: si prende solo il necessario, così da poter evitare al massimo sprechi, rimanenze e scarti. C’è anche un piccolo magazzino, dove conservare al meglio i prodotti nel breve lasso dell’attesa. Eppure, non è lì che vengono conservate mele, patate, teste di lattuga e farine, ma è Andrea che, all’interno di una certa area, le consegna in bici, mentre per chi abita un po’ più lontano ci sono tre centri di smistamento, in modo da coprire un po’ tutte le aree di Brescia.
Quando si parla di “bicicletta” s’intende una cargobike lunga circa tre metri, che ad agosto dell’anno scorso gli avevano rubato proprio mentre facendo una consegna a domicilio era salito a salutare la famiglia di sostenitori. È stato un duro colpo, importante però per capire affetto e sostegno di quanti, tramite donazioni, in tre giorni gli hanno permesso di ordinarne una nuova: la gente iniziava a comprendere il potenziale della sua idea.
Cinque anni fa Andrea lavorava come geometra e procedeva per inerzia, mentre la crisi gli stava regalando un po’ di tempo per riflettere: così, ha iniziato a dedicarsi alla permacultura. Da lì, una cosa ha tirato l’altra, fino a coinvolgere per intero il suo stile di vita, dai mercatini di prodotti locali al Circolo per la Decrescita Felice di Brescia.
“Con il senno di poi dico che bisogna lanciarsi”, e questo nonostante le difficoltà tipiche degli inizi, come quando doveva fare dei lavoretti extra per rendere sostenibile Ortociclo anche a livello economico. Ora la musica è cambiata e non manca lo spazio per nuove idee – come quella di proporre il pane come quello che si faceva una volta – anche se la comunicazione continua a restare un fattore centrale per la sua attività. Oltre ai due giorni interi dedicati alle consegne, c’è tutto il lavoro collaterale di raccolta degli ordini, la gestione dei social, l’aggiornamento su agricoltori e prodotti: di tempo davvero libero ne resta poco.
“Mi è capitato veramente tante volte di dormire appena quattro ore, perché magari la sera fai il lavoro al computer, la mattina ti devi alzare presto per completare tutti i giri di recupero e così via… sono arrivato a dei punti di sfinimento psico-fisico totale, ma non mi è mai capitato di alzarmi la mattina e non aver voglia di fare quello che sto facendo. Anche a livello economico, prima era molto diversa la situazione: avere più soldi non è una cosa che mi manca.” È entrato nell’ottica di eliminare il superfluo e ci ha guadagnato anche l’indipendenza, di pari passo con una migliore qualità della vita.
Nel frattempo, punta a incrementare il numero dei suoi clienti, che lui chiama “sostenitori”, persone che credono in un’agricoltura sostenibile e nel rispetto dell’ambiente.
L’idea stessa di utilizzare la bicicletta per le consegne deriva dal suo cambiamento personale e dalla vendita dell’auto: di spostarsi con quel mezzo non ne voleva più sapere. Inizialmente pensava di vendere i prodotti locali con una bancarella ambulante, ma in molte zone del centro, a causa dei divieti, non sarebbe stato possibile, quindi è passato alla bici, progettandone dapprima una con carrello e passando poi alla cargobike, il vero investimento di un progetto basato su un budget iniziale di poche centinaia di euro e reso possibile dal sostegno di Banca Etica.
Ora Andrea sta già pensando al prossimo obiettivo: estendere la zona delle consegne a domicilio tramite il coinvolgimento di un numero maggiore di biciclette, un’idea che gli frulla nella testa da qualche tempo e che spera sia realizzabile entro l’estate del prossimo anno, il 2018. Nel frattempo, punta a incrementare il numero dei suoi clienti, che lui chiama “sostenitori”, persone che credono in un’agricoltura sostenibile e nel rispetto dell’ambiente. Persone, soprattutto, che conoscono il ritmo delle stagioni e con esso comprendono il bisogno di adeguarsi ai ritmi della natura: autunno-inverno significa meno prodotti freschi o a chilometro zero, primavera-estate vuol dire invece tripudio di colori, profumi e varietà. Alcuni prodotti arrivano poi dalla zona umbra di Cascia, colpita dal sisma nell’agosto del 2016, grazie ad un progetto di Slow Food che ha l’obiettivo di far ripartire l’economia locale, puntando sul mercato di legumi.
Mentre la spremuta è ormai agli sgoccioli e stiamo per riprendere il Pandino e andare a fare la conoscenza di Federica, responsabile del nuovo centro di smistamento, chiedo ad Andrea quali sono i suoi prodotti preferiti. “La frutta e la verdura, quelli più difficilmente manipolabili, nel senso che rispetto al prodotto trasformato hanno una deperibilità molto veloce. Bisogna agire in tempi piuttosto rapidi e quando fa caldo caldo comincia ad essere un po’ un problema, soprattutto per i prodotti a foglia.” Ma cosa c’entra un ex geometra con l’agricoltura? “È stata una cosa completamente nuova, pensata per sostenere il concetto di sostenibilità ambientale, compresi i trasporti, e la permacultura, che riguarda diversi ambiti della nostra vita.”
Anche lui ha fatto un po’ di sperimentazione prima di avviare Ortociclo, infilando le mani nel terreno dopo il corso di permacultura. Coltivare direttamente i prodotti che distribuisce sarebbe però impossibile: “è bene che ognuno abbia il suo ruolo, altrimenti si farebbero le cose male e non si riuscirebbe a portare avanti il progetto.” Sempre pensando alle sperimentazioni, guarda a Brescia: “Sarebbe bello portare un’agricoltura urbana anche in centro città. Sfruttare al massimo le aiuole, le zone verdi… ci sono bellissimi progetti in giro per il mondo.”
Federica lavora nell’ex negozio di un calzolaio: disegna, taglia, cuce la pelle e ne ricava scarpe su misura, accessori, oggetti di design. Sotto le mensole con la merce, c’è una parte sgombra di pavimento pronta ad ospitare i prodotti Ortociclo per le consegne in quella zona della città. Ha scelto di concentrarsi sulle scarpe, prodotto completo che necessita della progettazione nei minimi particolari e che si ricollega alla salute: camminare meglio significa stare meglio e le scarpe accompagnano i nostri passi nella direzione che decidiamo di prendere. Dopo un corso in eco-design, anche Federica ha iniziato ad approfondire il discorso dell’ecologico, allontanandosi dalle spinte consumistiche: utilizza solo materiali italiani e preferisce la concia con prodotti naturali di pelli di animali già destinati al macello per via della carne. Andrea e Federica si conoscevano anni fa, ma si sono ritrovati dopo i rispettivi cambiamenti ed hanno messo in atto un sodalizio particolare; Andrea è infatti vegano, ma le due attività si somigliano: “nascono da cose che sentiamo nostre e non bisogna aver paura di contaminarsi a vicenda.”
Adesso si è abituati all’avere tutto subito, però se vieni qui e mi ordini un paio di scarpe su misura, non è un lavoro che posso fare di fretta
Federica era partita per Londra per un corso d’inglese, finendo per rimanere in Inghilterra due anni e mezzo ad imparare il mestiere. Tornata, ha deciso di rendere concreto qui il suo sogno: “Si sta meglio ora perché si è più consapevoli di quanto si sta facendo, anche se ci sono dei momenti con dei punti di domanda che per fortuna poi passano.” È felice di essere rientrata in Italia, anche se alcune cose le mancano ed è consapevole, come Andrea, che ci vuole pazienza, anche con i potenziali clienti, oltre che costanza.
“Una cosa che vorrei far capire” sottolinea “è quanto sia importante tornare al non avere fretta. Adesso si è abituati all’avere tutto subito, però se vieni qui e mi ordini un paio di scarpe su misura, non è un lavoro che posso fare di fretta”. Nel primo laboratorio in cui è stata, a Londra, in cui fanno tutto a mano e dove ha imparato a costruire le forme, ogni volta che hai bisogno di prenderti una pausa, la prendi e anzi vieni incoraggiato a fermarti, perché devi essere nelle condizioni di lavorare sempre bene e al meglio. Federica mi scriverà poi per messaggio, per puntualizzare, che ci si aiuta un sacco tra colleghi calzolai: “una cosa che non avverto è la concorrenza!” mentre da un’ottica puramente economica, non ci guadagna a tenere le cose di Andrea in negozio, “ma si fa rete, ci si conosce.”
Secondo Andrea se questo genere di attività funziona a Brescia, allora può svilupparsi in qualsiasi parte del mondo: “qui infatti c’è un po’ di macchinosità da parte delle persone, magari nel cuore della gente ci entri anche, ma nell’effettivo c’è bisogno di molta pazienza.”
Prima di andare in stazione, facciamo un ultimo salto al magazzino di Ortociclo, dove finalmente posso toccare con mano la cargobike di cui ho tanto sentito parlare: è bella, moderna e colorata, come lo sono le idee del suo conducente.
Così, dalla frutta e verdura di stagione a chilometro zero, coltivata secondo parametri che rispettino la natura e distribuita in bicicletta o tramite una rete di produttori che hanno in comune il credere in uno stile di vita sostenibile, vado a riprendere il treno. Ho davanti a me un’ora e mezza di viaggio e cerco di guardare fuori dal finestrino, lasciando al tempo la giusta calma per riordinare i pensieri e agli occhi la possibilità di gustare il paesaggio ancora addormentato, che, ad ascoltarlo bene, ha ancora tante storie da raccontare.
Segui Sandra Simonetti su Yanez | Facebook | Twitter| Instagram
REDAZIONE
Wale Café
Hobrechtstrasse 24, 12047 Berlin