Non sono rari i momenti in cui penso alla mezzanotte del mio ventottesimo compleanno. Mi trovo al Bassy, storico locale dal carattere retrò Rock’N’Roll del quartiere di Prenzlauer Berg, a Berlino. Rot è un musicista residente in zona – ha suggerito lui di venire a brindare qui – e mi confessa come questo posto sia stato ricavato da un ex-caveau della DDR.
Nella mia mano destra un bicchiere di Gin Tonic, nella sinistra uno shot di vodka che – ad unanimità di consenso del mio gruppo di amici – avrà funzione di candelina.
Sul palco, l’epilogo di uno spettacolo di Burlesque: la showgirl platinata ha appena eseguito una performance dal tema militare. All’apice dell’esibizione inizia a versare fiale di vernice colorata sul suo seno nudo; la folla (ubriaca) danza e canta di gioia.
Il Bassy è solo uno dei tanti locali che stanno per serrare i battenti: la chiusura definitiva è prevista per il 30 aprile 2018. Ci si arriva dalla stazione U-Bahn di Senefelderplatz. A pochi metri di distanza, si trovava la sede storica del White Trash, un altro bar storico, costretto a trasferirsi in una zona più vivace della ‘movida’ berlinese. Lo spettro della gentrificazione è sempre in agguato quando si parla di Prenzlauer Berg. Quella notte, però, il quartiere “era ancora nostro”: flapper girls, cowboy, rockabilly, metallari e qualche punk, tutti riuniti come se stessero festeggiando lì con me.
Una strana dissonanza cognitiva ti accompagna tra le strade di Prenzlauer Berg, un inaspettato mix di eleganza bohémien e spirito punk; se da una parte riesce a chiedere 5 euro per un panino biologico, dall’altra si accontenta di una ‘kleine spende’, un’offerta, per una birra ‘Sterni’. Seguire il percorso storico del quartiere è fondamentale per comprendere la sua dualità.
Dopo lo sviluppo industriale di fine Ottocento, in soli 30 anni Berlino subisce un incremento demografico straordinario, diventando nel 1900 la città più popolosa d’Europa.
Moltissimi contadini – incoraggiati dalla prospettiva di lavoro in fabbrica e di un salario fisso – abbandonano la campagna e affluiscono in massa a Berlino. Questa esplosiva ‘diaspora rurale’, era però incompatibile con la configurazione settecentesca della città; nasce un grande progetto di ampliamento urbano, destinato alle zone al di fuori delle mura cittadine e alle classi proletarie e piccolo borghesi (il cosiddetto “piano Hobrecht”), caratterizzato da isolati affollati e mobili in affitto: le Mietskaserne.
Si tratta di abitazioni a più piani dalle condizioni igieniche e luminose pessime. Appartamenti bui, diversi cortili interni (per agevolare i mezzi dei vigili del fuoco). Gli appartamenti che davano sulla strada (ambiti perché più luminosi) venivano abitati dai borghesi; nelle Hinterhaus, letteralmente “le case sul retro”, solo abitazioni buie e in pessimo stato, destinate rigorosamente ai lavoratori delle fabbriche.
Le Mietskaserne diventano presto un simbolo del disagio abitativo, ma è dopo la caduta del Muro che si rivelano inaspettate fucine culturali e punto nevralgico della rivoluzione.
Salire in soffitta era già di per sé una sfida. Sei piani a piedi fatti tutti d’un fiato, ad ogni passo il cigolio scomodo delle scale: ad attenderci un grande ambiente polveroso utilizzato ancora oggi per stendere i panni; al centro una vecchia scala, stretta e lunghissima, come unico punto di accesso verso l’alto. Buona parte del gruppo tornava indietro scoraggiato, io invece mi facevo forza assaporando anticipatamente la vista di quel panorama.
La notte gelida di Capodanno mi faceva colare il naso, a ogni parola una nuvola di fumo bianco, ma non avevo freddo, complice lo spumante. Provavo a localizzare al volo Kreuzberg e Neukölln, ridevo un’esplosione dietro l’altra mi soffermavo a pensare a quanti petardi e fuochi d’artificio fossero stati lanciati da lì, e chissà quali altre storie si stavano svolgendo su quei tetti. “Frohes Neues Jahr”, buon anno, qualcuno ci augurava. Una piccola tradizione berlinese vuole si vada sui tetti a guardare i giochi pirotecnici che sorvolano la città la notte di San Silvestro; l’ho fatto anch’io. È possibile percorrere interi isolati camminando sui tetti delle Mietskaserne.
Dopo la seconda guerra mondiale Prenzlauer Berg rimase relativamente intatta: solo il 10% degli edifici venne distrutto dai bombardamenti. Nel 1961, la costruzione del Muro separa la zona di Prenzlauer Berg dal quartiere confinante di Wedding, finendo sotto occupazione sovietica e politica della DDR (Deutsche Demokratische Republik, Repubblica Democratica Tedesca) .
Nessuna operazione di risanamento nelle zone bombardate. Venne però soppressa la libertà di parola e imposte limitazioni ai diritti personali. Lo Stato rispondeva alle critiche con la deportazione. Verso la periferia e a Nord, nascono i Plattenbau, complessi residenziali il cui esempio più famoso è l’Ernst-Thälmann Park. I Plattenbau avevano stanze da bagno, riscaldamento centralizzato e altre comodità, più ampi spazi verdi. Molte famiglie si spostano così verso questi nuovi complessi residenziali, le decadenti Mietskaserne arrivano al collasso. Grigie e buie, con il riscaldamento alimentato a carbone e i bagni in comune: nessuno voleva più abitarci.
All’inizio degli anni ’90 di Prenzlauer Berg si scrive così:
“Bello non lo è affatto. Le sue strade sono grigie, le piccole cicatrici dell’ultima guerra sono ancora presenti. L’impatto delle schegge e i segni dei proiettili adornano le facciate dei palazzi. Solo da poco sono iniziati progetti di risanamento. Prenzlauer Berg non ha nemmeno molto da mostrare in senso turistico convenzionale. I bus dei turisti qui fanno solo brevi soste” (da “Ganz Berlin Ost”, Stattbuch Verlag, 1991).
Se si prende il tram M10 si passa vicino al parco che collega il Planetarium di Prenzlauer allee alla massiccia statua di Ernst Thälmann, sulla Greifswalderstrasse, realizzata dall’artista Lew Jefimowitsch Kerbel e commissionata negli anni ’80 dalla DDR: una delle poche sculture sopravvissute alla caduta del socialismo. Si tratta di un imponente busto con il pugno alzato in cui i lineamenti dell’ex Presidente del Partito Comunista Tedesco ricordano quelli imponenti di Lenin, suo padre spirituale. Oggi il suo significato politico ha perso completamente valore.
Forse non tutti sanno che, nell’autunno del 1989, la Gethsemanekirche che si trova poco più a Nord, nei pressi di Schönhauser Allee, divenne il centro di controinformazione più importante della Repubblica Democratica Tedesca. Un vero e proprio luogo di resistenza alla dittatura comunista e punto cruciale della rivoluzione, a pochi passi da una delle sue statue più celebrative.
7 maggio 1989, elezioni comunali nella DDR. I membri dell’opposizione vogliono verificare che non vi siano brogli elettorali facendo valere il proprio diritto di controllare il conteggio dei voti: dal confronto coi risultati finali ufficiali emergono scostamenti importanti nel numero delle preferenze di Berlino Est, Dresda, Lipsia e altre parti del Paese. La rivista clandestina “Wahlfall 89” (Elezione ‘89) pubblica i dati che dimostrano il broglio elettorale; sempre meno tedeschi dell’Est sono disposti ad accettare l’imbroglio; molte persone escono da uno stato di apatia decennale. Si formano nuovi gruppi, movimenti e partiti.
La richiesta di elezioni libere democratiche diventa ancora più pressante, l’Ungheria inizia a smantellare le sue recinzioni di sicurezza al confine con l’Austria, portando al più grande esodo nella storia della DDR.
Gethsemanekirche, inizio ottobre. Centinaia di candele vengono accese proprio davanti la chiesa, divenendo il simbolo di una protesta pacifica per la liberazione dei prigionieri politici. Grazie ad un telefono i membri della resistenza raccolgono informazioni sull’intera Germania Est, sulla brutale prevaricazione del potere.
Migliaia di fedeli discutono della situazione del paese. I mass media a livello internazionale, inviano dalla Gethsemanekirche notizie e immagini in tutto il mondo e soprattutto nella Germania Est.
Il 7 e l’8 Ottobre i dimostranti vengono accerchiati, imprigionati e maltrattati dalle forze di polizia: 1500 arresti. Il senso di solidarietà della popolazione diventa la forza motrice della rivoluzione. In un anno oltre 100.000 persone presentano richiesta per trasferirsi a Berlino Ovest. Nei luoghi dove nessuno vuole più stare nascono movimenti punk e di opposizione alla DDR, vengono occupate case che diverranno presto di proprietà degli occupanti grazie ad accordi con lo Stato; nasce la musica techno, colonna sonora di sottofondo della riunificazione.
Weiß è un vecchio abitante della zona. Era a Prenzlauer Berg ben prima che la Germania fosse riunificata e si trovava a Berlino durante la caduta del Muro. Era l’anno di transizione, il 1990. A Berlino Est allora era come se non ci fosse nessuna regola. Weiß mi racconta: “Andavo sulla Kurfürstendamm e c’era gente con grossi mazzi di soldi, scambiavano la valuta da Marchi dell’Est a Marchi dell’Ovest; io presi 100 DM dell’Est e li scambiai con 1.100 DM Ovest. L’affitto di un appartamento a 4 stanze era 32,80 Marchi; mezzo litro di birra era 51 pfennig Est; non potevi spendere tutti quei soldi!” Un mese dopo la caduta del Muro Weiß si ritrovò a Kollwitzplatz. Di fronte alla statua di Kate Kollwitz, adesso ci sono ristoranti e pub, mentre una volta c’era solo il caffè Westfall: “era uno dei pochi pub di Prenzlauer Berg ed era bellissimo, con un grande tavolo rotondo al centro della sala e una quindicina di posti a sedere tutt’intorno. Vi si riunivano intellettuali, musicisti, studenti e freak; tutti questi personaggi seduti intorno al tavolo, bevevano e discutevano della rivoluzione, fumando erba coltivata in casa.”
Sorride, poi continua: “Quando realizzai quanto costava una birra, invitai tutto il pub per un giro! Al secondo turno ero già amico di tutti, qualcuno mi offrì una canna, il sapore era disgustoso, ma al terzo tiro mi ritrovai completamente stordito, chiesi la provenienza e qualcuno mi spiegò che stavo fumando un ibrido di semi tedeschi e russi dell’Uzbekistan, al confine con l’Afghanistan. Oh Mann, l’anarchia era fantastica!”
Gli chiedo come sia possibile che solo in pochi si siano accorti di questa grande opportunità, Weiß, sorride di nuovo e mi spiega: “Molta gente non sapeva quanto tempo sarebbe durato, tutti inconsciamente pensavano che quella fosse l’occasione giusta per scappare ad Ovest, prima che chiudessero nuovamente il confine. Dopo 40 anni di dittatura, si pensava che la DDR si sarebbe ripresa, come già avvenne nel 1953 coi moti operai, ma stavolta la Russia non si mosse, complice Gorbaciov.”
Continua dicendo: “Quando arrivai nel Westfall era già notte, mi chiesero dove avrei dormito, e se avevo bisogno di un appartamento a Prenzlauer Berg, e di quante stanze avrei avuto necessità, ‘abbiamo molti appartamenti liberi’ mi dissero. Mi introdussero un’affascinante e bellissima violinista che aveva buone connessioni nel quartiere. Ricordo che abbiamo aperto la porta, cambiato la serratura, e che dentro l’appartamento tutto era pulito e in perfette condizioni. Tutto ancora con oggetti ed elettrodomestici dell’Est, come si fosse fermato il tempo, una sensazione incredibile! Successivamente ho registrato l’alloggio sotto il mio nome, a quei tempi bastava semplicemente reclamarli -tutto era paralizzato- gli unici servizi funzionanti erano gli ospedali e le scuole, ma ad ogni modo gli insegnanti non sapevano cosa insegnare vista la caduta del socialismo… e del capitalismo non ne sapevano proprio nulla!”
Presto si respirò aria di libertà. Prenzlauer Berg divenne negli anni ‘90 una gigantesca “cassa acustica”, pronta a rimbombare, capace di far ballare tutti insieme i ragazzi di Berlino Est e Ovest, di abbattere muri ben più spessi del cemento.
Un giorno, attraversando la Schönhauser Allee in direzione Pankow, io e Rot discutevamo dei CCCP e della canzone Manifesto; scherzavamo su come Lindo Ferretti abbia seguito un percorso parallelo al quartiere nelle sue scelte di vita, imborghesendosi proprio come lo ha fatto il distretto di Pankow. Vidi un gruppo di punk ubriachi sghignazzare, lungo le scale della S-Bahn, e chiesi: “Cosa fanno i punk tutto il giorno, e tutti i giorni, seduti qui, vicino al centro commerciale?” Rot li guarda, da’ un’occhiata all’edificio e dice: “Casomai è il centro commerciale ad essere stato costruito vicino a loro!”. Scoppiamo a ridere. Adesso Prenzlauer Berg è cambiata, sono lontani i tempi ribelli, ma il suo amore per l’arte e gli artisti persiste: ne è un esempio il Mauerpark. Ai tempi del Muro l’area del Mauerpark era una cosiddetta Todesstreifen, una striscia della morte al confine fra Berlino Est e Berlino Ovest. I soldati di frontiera la ritenevano un’area di difficile pattugliamento, e solo negli anni ‘80, grazie a uno scambio di territori, la DDR poté spostare la frontiera verso l’area pianeggiante, sotto la collina. Alcuni segni di quell’epoca sono ancora evidenti, come le buche murate sul sentiero principale, nel punto in cui prima c’erano i riflettori che spietatamente illuminavano a giorno la zona militarizzata. Oppure il tratto di muro colorato, con le bombolette spray dietro le altalene.
Grün è una Busker, un’artista di strada, arrivata a Berlino da turista nel 2014. Il suo sogno nella vita è di riuscire ad avere successo come cantautrice.
Del suo primo viaggio a Berlino ricorda di essere rimasta affascinata dall’idea di vivere viaggiando e di sfruttare il suo talento per sopravvivere. Mi racconta della sua meraviglia nel vedere l’angelica cantautrice Alice Phoebe Lou (una cantante sudafricana partita suonando per strada a Berlino che ha oggi raggiunto grande fama internazionale) persa nella sua performance davanti ai passanti. Una voce affascinante, accompagnata dalla sua chitarra, un piccolo amplificatore su un carrello e un sorriso innocente.
Grün non riusciva a credere di vedere carte da 20€ dentro la custodia della sua chitarra. Alice Phoebe Lou, dice, è la prova che ci può essere un percorso alternativo per raggiungere il successo, la prova, mi spiega, che se hai carisma e forte personalità vieni premiato dal pubblico e dalle opportunità che solo un palco come quello di Prenzlauer Berg può assicurare. Dalla mescolanza di suoni e culture, dai turisti ai residenti, dai mercati ai giochi a cielo aperto, tutti contribuiscono a creare energia: il Mauerpark è sia un teatro che una fonte unica di stimoli, perfetta per i bisogni creativi dei busker.
Oggi in tanti si chiedono quali saranno le conseguenze del passaggio di Prenzl’berg, come la chiamano gli abitanti di zona -quasi usassero un vezzeggiativo- da area popolare a tranquillo distretto residenziale.
La chiusura del Bassy, come di molti altri locali storici, è al centro del dibattito sulla gentrificazione. C’è molta frustrazione, dovuta all’aumento degli affitti e al cambiamento del quartiere. I locali che erano in passato punto di riferimento di Prenzlauer Berg vengono ora spazzati via, per andare ad arricchire le vecchie zone centrali. Può sembrare banale battersi per un pub o una caffetteria, quando le strade di Kreuzberg stanno prosciugando le tasche dei suoi cittadini. Allo stesso tempo, è su questo livello -più intimo- che i residenti sentono profondamente il cambiamento. Ci si potrà anche non accorgere che gli inquilini del primo piano si sono trasferiti a Neukölln, o che per vedere un appartamento in affitto al quarto piano c’è la fila fino al piano terra, ma quando il tuo bar chiude, ti senti subito estraniato, alienato dal tuo quartiere: quando se ne va via, anche il senso di appartenenza scompare.
REDAZIONE
Wale Café
Hobrechtstrasse 24, 12047 Berlin