Sono le prime ore della mattina, le narici si riempiono di salsedine mista al sangue del pesce, la spiaggia di Puerto Lopez, in Ecuador è ancora bagnata ma già piena di gente. Pescatori, mercanti, curiosi.
Le pangas arrivano una dietro l’altra cariche di pesci, i gaveteros corrono avanti e indietro dalle barche ai camion frigo scaricando i pesci che verranno mandati ai mercati ecuadoriani o peruviani.
Un gruppo di persone si accalca attorno ad una lancia di quel color turchese che ci si aspetterebbe dalle acque, invece torbide, del mare. I pescatori su questa barca sono usciti ieri mattina alle 11, hanno sistemato le lenze e dopo aver passato la notte sulla panga hanno tirato su quello che ha abboccato. Ora, dopo quasi 24 ore, rientrano con la stiva piena di mante.
La battaglia che è stata combattuta al largo dai pescatori, viene conclusa da Ruben e Francisco, sta a loro finire lo spettacolo e dare soddisfazione al pollice verso del pubblico.
Con grande sforzo fisico Ruben trascina le razze sulla sabbia e le impila una sull’altra.
La gente guarda, chiacchiera, commenta. I commercianti contrattano il prezzo. Ruben continua ad impilare i corpi morti delle vittime.
Ma la parte più crudele spetta a Francisco.
Con due coltelli – che sono stati affilati così tante volte da aver perso la forma – separa le teste dai corpi degli animali e li fa in pezzi, sparpagliandoli sulla sabbia rossa di sangue.
Un ragazzo inizia a portare via i pezzi buoni e a pesarli. Vanno in Perù, diventeranno ceviche.
Lo spettacolo va avanti quasi un’ora, Francisco esce vincitore da questa lotta impari. La gente si dirada, restano solo i commercianti, le dita sulle calcolatrici e i dollari.
Poi se ne vanno anche i dollari. Resta solo la spiaggia, ad aspettare le lance che rientreranno domani.
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