illustrato da Giulia Dasiari
La cucina è la stessa di sempre. Le porte finestre sono spalancate, l’aria dell’estate ne scompiglia le tendine, quelle brutte di pizzo che non gli sono mai piaciute. C’è un balconcino di piastrelle rosse con un tavolo di plastica e scavato sotto il balconcino c’è un baratro dove la gente porta la macchina e la infila come un boccone nella bocca spalancata del garage. Dopo c’è un campo di grano. Il campo è di un tabaccaio che ci costruirà una villa coi soldi estorti ai malati di schedina, di fumo, di gratta e vinci. Anni dopo morirà di tumore per il sollievo della moglie e dei figli, che era un uomo violento. Per adesso il campo è ancora un campo.
Un bambino è seduto al tavolo della cucina, le gambe a penzoloni. Suo padre ha preso la gabbia del criceto dallo scaffale e l’ha messa al centro del tavolo. Simone sta guardando il roditore mentre si ficca in bocca un seme di girasole e lo spinge fino a dentro la guancia, che si gonfia e deforma. Il padre è piegato in avanti con le mani appoggiate sul tavolo, sovrasta sia la gabbia che il bambino.
– Ma il criceto tu lo vorresti tenere ancora tanto? –
Simone sta guardando la guancia sformata del criceto. Sembra un cartone animato. Adesso sta infilando un altro seme in bocca, ma non riesce perché c’è poco spazio.
– Simone – il tono è urgente.
– Si? –
– Ma questo criceto per te è molto importante, o potresti anche farne a meno? –
Simone ci pensa un attimo.
Qualche anno dopo avrebbe pensato che quella domanda è quanto meno mal posta. A dire la verità, come tantissime domande che gli vengono fatte in quegli anni, non è davvero una domanda, è un senso unico verso un unico arrivo: noi il criceto non lo vogliamo più, anzi diciamolo bene: il criceto ha rotto i coglioni. Bisogna cambiargli la paglia, l’acqua, comprargli da mangiare. Sentirlo che gira la ruota di notte come un demone e se non puliamo bene la gabbia del criceto, la gabbia del criceto poi puzza di piscio di criceto. Basta. Ma il bambino? Al bambino il criceto piace. Questa conversazione deve essere avvenuta a un certo punto. La madre deve aver difeso le ragioni di Simone, ma non troppo, perché anche lei del criceto è stanca. È una difesa d’ufficio. A un certo punto il padre deve aver detto “lascia fare a me”, anzi no: “ci penso io”, con le mani aperte verso di lei. Si, ci penso io.
Simone scivola giù per quella domanda, fino a cadere in piedi su l’unica risposta possibile:
– Sì, mi piace, però non è che se non ce l’ho muoio –
– Perfetto, io pensavo di liberarlo, perché poverino è sempre solo sto criceto. Magari se lo liberiamo trova compagnia e fa un sacco di cricetini! Che ne dici? –
Simone ci pensa un attimo e l’idea gli piace tanto. Lui il criceto in gabbia adesso non lo vuole proprio. Pensa a tutte le volte che l’ha visto dietro le sbarre, dalla ruota all’acqua, dall’acqua alla paglia, dalla paglia alla mangiatoia e pensa che ha sbagliato, che così non si fa.
– Dai papà va bene, liberiamolo! Così magari trova una criceta –
Il padre dice – dai, lo libero io –
Il criceto è riuscito a inglobare nella guancia anche il secondo seme. Si accorge troppo tardi della mano che apre la gabbietta e scende ad afferrarlo. Simone fissa la mano: dentro la mano il criceto e dentro il criceto i semi, si sposta col proprietario fino sul balcone, ai bordi del baratro con le bocche spalancate dei garage. Simone non capisce cosa stia succedendo, ma tiene gli occhi fissi sulla mano. Il padre porta il braccio dietro la schiena, si piega sulle gambe, flette il bicipite scolpito. Poi fionda il criceto verso il campo di grano. È una parabola di zampe che frullano nel vuoto, Simone vede solo il loro vorticare nell’aria fino a sparire nelle spighe. Si alza, cammina verso il balcone e appoggia il mento sulla ringhiera. Il padre sta guardando il punto dove poco prima è atterrata la bestia. Ha l’espressione soddisfatta: è stato un bel lancio.
Simone invece non riesce a dire niente. Fissa anche lui il punto dove poco prima c’era il criceto.
Questo racconto è nato come esercitazione del laboratorio di scrittura creativa de Le Balene Possono Volare, durante il mese di maggio 2022
L’illustrazione di copertina è coperta da copyright ed è di esclusiva proprietà dell’autrice
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