Da diciotto anni l’OCSE, l’assemblea economica internazionale con sede a Parigi, fondata nel 1961 con lo scopo di favorire la cooperazione e l’integrazione dei Paesi sviluppati, rende noti, ogni tre anni, i risultati di un’indagine mondiale svolta fra un numero sempre crescente di nazioni (membri OCSE e non). PISA (Programme for International Student Assessment), questo il nome dello studio, si pone l’obiettivo di fornire ai governi gli indicatori e gli strumenti utili a migliorare l’efficienza e l’efficacia dei propri sistemi d’istruzione e formazione, valutando le prestazioni scolastiche negli ambiti della lettura, della matematica e delle scienze della natura di alunne e alunni di quindici anni d’età.
Nella sua ultima edizione del 2015 la ricerca ha preso in esame circa 540mila studenti, rappresentativi di 29 milioni di adolescenti dei 72 paesi e aree economiche partecipanti. Fra gli obiettivi dell’indagine, anche quello di capire in che misura il successo scolastico sia collegato a fattori come la condizione socioeconomica, il genere sessuale o il retroterra migratorio.
Shock
Sind deutsche Schüler doof? (Sono stupidi gli studenti tedeschi?), titolava il settimanale tedesco Der Spiegel nel dicembre del 2001, quando i risultati della prima indagine PISA, svolta un anno prima, vennero resi noti in una Germania riunificata da nemmeno un decennio. Nulla, forse, nella recente storia tedesca, ha prodotto più dibattiti e discussioni fra la popolazione dei risultati di quella prima indagine OCSE. Per la Germania fu una doccia fredda e, per riferirsi ai dati di quello studio internazionale, iniziò subito a circolare l’espressione PISA-Schock.
I risultati dicevano che ragazze e ragazzi tedeschi erano molto al di sotto della media dei paesi OCSE e lontanissimi dai livelli raggiunti dagli alunni giapponesi in matematica (Mathematical Literacy), da quelli coreani nelle scienze della natura (Scientific Literacy) o dalla competenza nella lettura dei finlandesi (Reading Literacy). Oltre a evidenziare rilevanti disuguaglianze fra le varie regioni-Stato, i Länder, il programma PISA rivelava un altro aspetto che, questo sì, ha suscitato molto clamore nella popolazione. Il verdetto era che in nessun altro Paese come in quello tedesco il successo scolastico era così fortemente dipendente dalla condizione socioeconomica della famiglia e dalla sua provenienza etnica. Inoltre, il sostegno e l’assistenza a bambini e giovani con retroterra migratorio o in situazioni comunque di svantaggio materiale, erano molto meno efficaci in Germania rispetto a numerosi altri Paesi, anche europei.
Un altro dato negativo riguardava i cosiddetti Risikoschüler, alunni a rischio, le cui competenze in matematica e lettura non sono superiori a quelle del livello della scuola elementare. Nel 2003, più del 20% degli alunni quindicenni aveva difficoltà a ricavare le più rilevanti informazioni da un semplice foglietto illustrativo.
Fu così che i tedeschi si ritrovarono, loro malgrado, ai vertici di una poco encomiabile graduatoria: quella dei sistemi scolastici più iniqui del mondo e con una forte disuguaglianza per ciò che riguarda la parità di opportunità per i propri giovani cittadini. In un mondo divorato dall’ingiustizia sociale e da odiose differenze nelle condizioni materiali e culturali della popolazione, quella prima indagine dell’OCSE fu un e vero e proprio shock per un Paese ricco e democratico il cui obiettivo di ridurre il più possibile l’influsso della famiglia sulla formazione e il successo scolastico dei suoi ragazzi, è menzionato fra gli articoli della sua Costituzione.
Una società classista
Uno degli argomenti delle numerose posizioni critiche verso il dreigliedriges System (triplice sistema), il sistema su cui si fonda la scuola tedesca, si basa evidentemente sul fatto che già a dieci anni i bambini sono costretti a intraprendere percorsi scolastici che non lasciano spazio, o poco, a ripensamenti. Una selezione precoce che non favorisce certamente l’inclusione e marca le differenze socioeconomiche e culturali fra la popolazione.
Hans-Werner Sinn, uno dei più importanti economisti tedeschi, che è stato presidente dell’Ifo-Institut für Wirtschaftsforschung (Istituto per ricerca economica, con sede a Monaco di Baviera) dal 1999 al 2016, in una pubblicazione del Deutscher Bundestag del 2006 riassume bene l’opinione di coloro che si schierano contro il dreigliedriges Schulsystem. Esplicitamente scrive: “Il dreigliedrige Schulsystem, che nel mondo caratterizza quasi soltanto la scuola tedesca, non è più adatto ai nostri tempi. Esso riflette la “società a tre classi” (Ständegesellschaft) tipica del diciannovesimo secolo. Prima c’erano le Volksschulen (scuole del popolo), le Mittelschulen (scuole medie) e le Oberschulen (scuole superiori). Con ciò si ammetteva implicitamente che si era pensato a una scuola per il popolo, a una per i ceti medi e a una per i ricchi. Oggi si parla di Hauptschule, Realschule e Gymnasium. Dare denominazioni diverse alle scuole cambia poco al fatto che nella scuola le disuguaglianze e le ingiustizie sociali si consolidano e anzi e si autoperpetuano”.
E poi spiega: “La Germania seleziona i ragazzi per i tre indirizzi di formazione già all’età di dieci anni mentre tutti gli altri Paesi praticamente tengono insieme gli alunni fin oltre la pubertà, fino a 14-15 anni d’età e solo dopo c’è la selezione. La selezione così precoce massimizza l’influsso della famiglia d’origine e rende minimo il valore delle reali capacità e dei talenti individuali”.
È impressionante leggere nella stampa tedesca e in rete di come l’aver frequentato l’Hauptschule sia diventato un vero e proprio stigma sociale, un segno di discredito e inettitudine, difficile poi da togliersi. La Stifterverband, un’importante ONLUS tedesca a sostegno della scienza e della formazione, in un’intervista video pubblicata sul suo canale web, racconta del pericoloso legame che si è venuto a creare tra Hauptschule e l’Hartz IV, il sussidio sociale introdotto in Germania fra il 2003 e il 2005 con la riforma del mercato del lavoro del Cancelliere Gerhard Schröder (SPD), la cosiddetta “Agenda 2010”.
Mark Honsell, questo il nome del giovane intervistato, egli stesso ex-studente dell’Hauptschule, racconta di come la professoressa di tedesco preparava i ragazzi a riempire i moduli per l’Hartz IV invece di insegnare a scrivere. Un aspetto scomodo della realtà, che così è riassunto da Honsell: “Per gli studenti dell’Hauptschule e della Realschule il portfolio delle possibili opportunità formative e d’occupazione è sempre più scarso”.
Sempre Stinn, invece, ci fa notare che trascurare la questione delle pari opportunità nella scuola ha come conseguenza che lo Stato sociale debba poi, a posteriori, occuparsi di questi cittadini penalizzati al fine di recuperare almeno un minimo di uguaglianza e giustizia sociale. Tutto ciò, afferma ancora Stinn, va contro la competitività del sistema Paese e ha un costo eccessivo per le casse dello Stato.
Nonostante questo, non si può dire che il tradizionale sistema con Gymnasium, Real- e Hauptschule non abbia ancora i suoi difensori e sostenitori. Nel fitto dibattito che si può seguire sui maggiori quotidiani nazionali, vi sono spesso fondate posizioni di autorevoli pedagogisti ed esperti che ne perorano la causa: la discussione è molto complessa per gli aspetti scientifici e filosofici che il delicato tema comporta. A lungo, poi, il dibattito è stato solo uno sterile confronto di posizioni ideologiche. Parlare di modello a tre non è inoltre del tutto corretto, perché questa “sistematica” è stata modificata già negli anni Settanta, quando fu istituita la Gesamtschule, un altro tipo di scuola, che andò ad affiancare i tre principali indirizzi di studio. Furono soprattutto i Länder a guida socialdemocratica (SPD) a realizzare, in modi molto diversi, la Gesamtschule, senza, tuttavia, che questa sostituisse mai il dreigliedriges System. L’introduzione definitiva della Gesamtschule dopo la riunificazione tedesca del ’90 ha aggiunto dunque al sistema un altro elemento.
Se consideriamo poi che in tutto il territorio della Germania ci sono le Sonderschulen, le scuole per bambini con bisogni educativi speciali, allora le componenti del sistema aumentano e infatti si parla di mehrgliedriges System, un sistema sempre più articolato e multiforme.
Com’è strutturato il sistema educativo tedesco
L’Art. 7, par.1, della Grundgesetz (GG), la Legge fondamentale tedesca, emanata il 23 maggio 1949, afferma che “l’intera organizzazione scolastica è subordinata alla sorveglianza dello Stato” (das gesamte Schulwesen steht unter der Aufsicht des Staates). Il fatto che i sistemi scolastici dei sedici Bundesländer siano simili, ma non omogenei, si deve all’articolo 30 della Carta Costituzionale, che rende ragione del federalismo dell’organizzazione statale tedesca. Qui, infatti, si fa riferimento alla Kulturhoheit der Länder, ovvero alla sovranità in materia di cultura ed educazione delle singole regioni, la quale sancisce che queste, in materia di legislazione ed amministrazione delle politiche scolastiche e culturali, detengano la piena autonomia. Il risultato è che i sistemi educativi regionali sono molto differenti l’uno dall’altro, con nomi diversi per i tipi di scuole e con percorsi formativi disomogenei.
La struttura di base, tuttavia, rimane valida a livello nazionale e i Länder cercano di uniformare le loro differenti linee politiche scolastiche. Questo avviene, a volte con successo e altre no, nell’ambito della Kultusministerkonferenz (Conferenza dei ministri del culto, KMK), l’assemblea che raccoglie i ministri e i senatori responsabili dell’istruzione dei vari Länder e che si riunisce quattro volte all’anno nelle due sedi di Bonn e Berlino. La funzione principale dell’organismo politico federale è quella di coordinare le politiche scolastiche regionali, affinché in tutta la Germania siano utilizzate regole equiparabili.
La Ständige Konferenz der Kultusminister der Länder in der Bundesrepublik Deutschland (Conferenza permanente dei ministri del culto nella Repubblica Federale di Germania), questo il suo nome ufficiale, fu la prima istituzione tedesca a essere formata nei territori occupati dagli Alleati nella Seconda guerra mondiale, ancora prima della fondazione della Repubblica Federale tedesca. Nel gennaio del 2018 l’assemblea politica, che nella sua lunga storia è stata oggetto anche di pungenti critiche, ha festeggiato i 70 anni, essendosi riuniti i ministri dell’Istruzione per la prima volta il 19 e 20 febbraio 1948 a Stoccarda. La KMK è considerata una vera e propria peculiarità nel panorama degli organismi istituzionali tedeschi e il Cancelliere dell’Unità, Helmut Kohl, la definì “la più reazionaria fra le istituzioni tedesche”.
Accanto alla KMK, l’altra istituzione di riferimento è il Bundesministerium für Bildung und Forschung (BMBF, Ministero federale dell’istruzione e della ricerca), che limita le sue competenze ai settori dell’istruzione universitaria e della formazione professionale. Il sistema scolastico, das Schulsystem, nei gradi dalle elementari (Primarbereich) e delle scuole medie inferiori e superiori (Sekundarbereich I e Sekundarbereich II), è di esclusiva competenza delle regioni, Bundesländer.
Bildungssystem e Schulsystem
Il sistema educativo nazionale tedesco, Bildungswesen o Bildungsystem, è pensato per sostenere e accompagnare il cittadino in tutto l’arco della vita, nel suo percorso di crescita responsabile sancito dalla Costituzione. È un sistema verticale, a sei livelli. I primi tre, Primarbereich (classi 1-4), Sekundarbereich I (classi 5-10) e Sekundarbereich II (11-13), costituiscono il sistema scolastico, Schulsystem. Il quarto è il Tertiärbereich e comprende università, accademie, politecnici (Hochschulen) cui si accede attraverso l’Hochschulreife, il diploma di maturità, da conseguire al termine del Sekundarbereich II (chiamato anche Sekundarstufe II o Gymnasiale Oberstufe). Il quinto livello è il Quartärbereich, che riguarda tutte le forme private e pubbliche di aggiornamento, riqualificazione e perfezionamento che si svolgono in biblioteche, Volkshochschulen (scuole popolari), Bildungszentren (agenzie formative), centri religiosi e culturali. Vi è anche un altro livello, che comprende le istituzioni private, gli istituti paritari e le Sonderschulen, le scuole speciali per bambini con difficoltà di apprendimento.
Se si guarda all’interno dei sistemi scolastici delle sedici regioni federate e ai nomi delle scuole presenti nei singoli ordinamenti, ci si trova davanti a una giungla di lemmi, sigle e abbreviazioni. Il primo passo da fare per cercare di capirci qualcosa è dunque separare le fasi storiche: lo spartiacque scorre proprio negli anni che vanno dalla metà dei Novanta ai risultati di PISA 2000.
Fino a quel periodo, il modello scolastico dominante in tutti i Länder è stato, e in parte lo è ancora, il dreigliedriges Schulsystem, un sistema articolato in tre percorsi principali, stabilito dalla Kultusministerkonferenz negli Accordi d’Amburgo (Hamburger Abkommen) nel 1964.
Il dreigliedriges Schulsystem prevede la suddivisione delle allgemeinbildende Schulen (le scuole d’istruzione generale) del Sekundarstufe I, in Realschule, Hauptschule e Gymnasium: bisogna notare che si entra nel Sekundarstufe I all’età di dieci anni, in quarta classe. Solo nella regione di Berlino e Brandeburgo le scuole elementari finiscono a dodici anni, in sesta classe.
Il percorso del Sekundarstufe I porta al conseguimento dell’Hauptschulabschluss (il nostro diploma di licenza media inferiore) e dell’MSA, mittlerer Schulabschluss o mittlere Reife, una maturità intermedia. Con il primo attestato, chiamato anche Berufsbildungsreife (si può prendere alla fine della nona classe) si può accedere a percorsi formativi professionalizzanti o alla duale Ausbildung, un sistema organizzato dove all’insegnamento in classe si affianca la pratica in un’azienda, a patto che l’alunno ne trovi una che lo impieghi. Se questo non accade, com’è spesso il caso per gli studenti dell’Hauptschule, i ragazzi devono comunque frequentare dei tirocini, specialmente se sono ancora nell’obbligo scolastico, che arriva fino a 18/19 anni.
L’MSA si ottiene invece al termine della decima classe e apre decisamente molte più opportunità. Si può accedere a un istituto professionale, alla duale Ausbildung e, se il diploma è conseguito con una certa media voti, consente l’ingresso nel Gymnasiale Oberstufe o al Sekundarstufe II.
Dell’ampio settore della formazione professionale in età scolastica, dell’articolato sistema scuola-lavoro e del patto di ferro fra istituzioni, scuola, industria e imprese che, questo sì, fa della Germania un modello da imitare in tutto il mondo, dovremo parlare più avanti. Qui, oltre a dire che l’accesso ai berufliche Bildungswege, i percorsi formativi professionali, comincia nel Sekundarstufe II, si può aggiungere che in Italia l’alternanza scuola-lavoro è stata organicamente inserita nell’offerta formativa delle scuole di secondo grado solo nel luglio 2015, con la legge 107, conosciuta anche come La Buona Scuola. Quest’anno, questa modalità formativa duale ha interessato 1,5 milioni di studenti italiani dell’ultimo triennio.
Il titolo scolastico con cui ci si licenzia dall’istruzione secondaria superiore (Sekundarstufe II) per andare all’università è l’Hochschulreife, il vero e proprio diploma di maturità. Si divide in Abitur e Fachabitur, la maturità tecnica. Quest’ultimo attestato può anche essere vincolato soltanto a determinate materie che sono certificate nel diploma e in questo caso si chiama fachgebundenes Abitur. Nei percorsi ginnasiali (cioè Gymasium già dalla 5° classe) di quasi tutti i Länder, il passaggio all’università si può avere già alla fine della 12° classe.
Tanti esami diversi
I critici del Bildungsföderalismus sottolineano che a causa dell’autonomia delle politiche scolastiche regionali la normativa sull’accesso al Gymnasiale Oberstufe cambia molto fra i sedici Länder tedeschi. L’MSA, per esempio, ha tanti nomi diversi in base alla regione, i piani di studio sono differenti, così come anche i procedimenti per l’assegnazione dei voti. Tutto ciò non fa altro che complicare il raggiungimento dell’equiparabilità dei titoli, che rappresenterebbe una misura efficace per combattere le disuguaglianze e aumentare la parità delle opportunità, che sono, come visto, i difetti più grandi della scuola tedesca.
Per quanto riguarda il diploma di maturità vero e proprio, l’Hochschulreife, le cose stanno anche peggio. È vero che in quindici delle sedici regioni tedesche è in vigore il Zentralabitur, ovvero un esame di maturità in cui la parte scritta è preparata da un’autorità centrale del Land e non dalle singole scuole (dezentrales Abitur).
In questo modo è perlomeno garantito che tutti gli alunni e alunne di un Bundesland svolgano lo stesso esame di maturità e abbiano tutti le medesime possibilità per il superamento dello stesso. Rimangono tuttavia sedici tipi diversi di regolamenti per l’esame di maturità. È anche per questa ragione che la Kultusministerkonferenz nell’ottobre del 2012 si è posta l’obiettivo di mettere a disposizione, dal giugno 2017, in tutte le scuole della Germania, almeno per tedesco, matematica e prima lingua straniera (inglese o francese), uno stesso tipo di esame, uguale per tutti e da svolgere lo stesso giorno, con lo scopo di equiparare il valore giuridico dei vari diplomi conseguiti nei diversi stati regionali.
La normativa si fa addirittura assurda nel caso delle Sonderschulen, le scuole per bambini con bisogni educativi speciali. In un Land i genitori, se vogliono, possono iscrivere il figlio nella così chiamata Regelschule (scuola regolare), mentre in un’altra regione devono mandarlo alla Sonderschule (scuola speciale). Succede così che nella città Stato di Brema, l’80% dei bambini con bisogni educativi è inclusa nell’insegnamento in comune con gli altri alunni, mentre il tasso di inclusione in Hessen raggiunge appena il 25%. In questo modo, è stato evidenziato, la Germania non applica in maniera uniforme la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità.
Gesamtschule
“Noi vogliamo scuole efficienti in cui tutti gli alunni abbiano la possibilità di essere sostenuti e incoraggiati nel proprio percorso scolastico, nei difetti come nei talenti. Sappiamo che solo così i ragazzi e gli adolescenti avranno poi buone possibilità di successo professionale e di partecipazione alla vita sociale. PISA e molti altri studi dicono però che siamo lontani mille miglia da questo obiettivo. (…) Una delle cause più evidenti è sicuramente il nostro sistema scolastico troppo articolato. Non ci sono tre o quattro tipi di bambino, ogni ragazzo è unico nei suoi punti di forza e debolezze, talenti e interessi. Alcuni sono più veloci, altri hanno bisogno di più tempo e aiuto. Se bambini diversi stanno insieme, imparano di più l’uno dall’altro. Si tratta del riconoscimento delle differenze. Nei paesi di successo più avanzati c’è solo una scuola in cui ogni bambino è seguito individualmente, senza selezioni, bocciature o espulsioni”.
È la Gewerkschaft Erziehung und Wissenschaft (GEW, Sindacato per l’educazione e la scienza), la più grande delle sigle sindacali tedesche della scuola, a rappresentare con questo punto di vista molto chiaro ed esplicito il fronte di coloro che sono a favore di una scuola unificata, Gesamtschule (gesamt vuol dire intero, totale).
L’idea di una scuola integrata per tutti i giovani, indipendentemente dallo stato sociale, dalle capacità, dalla provenienza o dalle aspirazioni, ha lontane radici che affondano nel XVII sec. con Comenius, si rafforza poi nell’Ottocento e prende consistenza dopo il 1945 con la democratizzazione del sistema scolastico tedesco richiesta dalla Commissione alleata di controllo di USA, Francia, Regno Unito e Unione Sovietica. Nelle zone d’occupazione sovietica la scuola unica integrata prenderà il nome di Einheitsschule (scuola unitaria) e proprio per marcare la differenza con la scuola socialista, nel 1963, nella Repubblica Federale, fu coniata l’espressione Gesamtschule.
Tanto per complicare ancora di più un sistema già poco chiaro, di Gesamtschulen ce ne sono due: una è la kooperative Gesamtschule, che mantiene nel proprio impianto i tre percorsi dell’Hauptschule, Realschule e Gymnasium. L’altra è l’integrierte Gesamtschule, in cui gli alunni non frequentano un percorso formativo specifico (Bildungsgang) ma possono scegliere, in base alle loro capacità e desideri, tra diversi corsi più o meno impegnativi nelle singole materie.
L’idea della Gesamtschule è stata da sempre controversa e al centro di dibattiti, talvolta anche aspri, come quello che portò CDU e SPD negli anni Settanta al cosiddetto Schulkampf, “la battaglia per la scuola”. Sulla questione i Länder si muovono per conto proprio; il Bayern, per esempio, ha abolito la Gesamtschule già nel 1994, mantenendone alcune con il nome Schulen besonderer Art (scuole speciali). Dopo l’unità nazionale del 1990, d’altronde, quasi tutte le regioni dell’ex Germania Est adottarono, non senza una certa sorpresa, il dreigliedriges System, il triplice sistema.
Gli oppositori della Gesamtschule si sono trovati d’accordo su un elemento fondamentale. Per loro, il punto di vista di chi sostiene che in una scuola integrata i più deboli imparano dai più forti e questi dalla “collettività” è falso. In realtà secondo loro i più deboli saranno in difficoltà e quelli dotati di capacità si sentiranno senza stimoli e demotivati.
Al di là delle opinioni rimangono alcuni dati empirici che la ricerca sociologica ha fatto emergere e che si ricavano dalla dettagliatissima voce Gesamtschule della versione tedesca di Wikipedia. I più importanti sono che ai bambini che a dieci anni (a Berlino a dodici) hanno buoni risultati, viene “consigliato” il Gymnasium, agli altri la Gesamtschule. Spesso è la maestra delle elementari che indirizza la scuola da frequentare: se non vai bene per il Liceo, allora puoi andare alla Realschule, all’Hauptschule, oppure alla Gesamtschule.
Altri studi dimostrano che il livello di una Gesamtschule dipende dalla zona in cui la scuola si trova, con differenze fra aree residenziali e agglomerati urbani. Nelle aree popolate da immigrati delle periferie delle grandi città, i genitori di lingua tedesca non iscrivono i propri figli alla Gesamtschule per timore di vedere peggiorare il tedesco dei loro bambini. In questo modo optano per il dreigliedriges System, evitando anche l’Hauptschule.
Un aspetto da menzionare è poi sicuramente il fatto che una scuola unificata come la Gesamtschule necessita d’insegnanti molto preparati dal punto di vista pedagogico e metodologico, poiché, se non vi è una differenziazione “esterna”, sarà necessario individuare in ogni alunno talenti e capacità. Gli insegnanti, quindi, devono essere molti e capaci.
Helmut Fend, autorevole pedagogo e sociologo tedesco, dichiara che la Gesamtschule ha effettivamente ridotto la disuguaglianza sociale, ma per i figli dei lavoratori non è migliorato niente. Nel suo studio a lungo termine chiamato LIFE, Fend dimostra che i figli di lavoratori di una Gesamtschule di Essen non avevano migliori chance di quelli che frequentavano l’Hauptschule o la Realschule.
Tutte queste difficoltà, insieme all’agguerrita concorrenza con le scuole del dreigliedriges System per accaparrarsi gli alunni, fanno sì che l’obiettivo sociopolitico con cui sono nate le Gesamtschule, ovvero quello espresso dal motto di allora “miteinander und voneinander lernen, um miteinander leben zu lernen” (apprendere insieme e l’uno dall’altro per apprendere a vivere insieme), possa oggi dichiararsi fallito.
La svolta tedesca, die deutsche Wende
Con un sistema scolastico sempre più articolato e con marcate differenze regionali, la Germania arrivava quindi alla fine dello scorso secolo all’appuntamento con le prime indagini comparative internazionali. Quei primi studi scientifici, cui la Germania iniziò a prendere parte dal 1995 (si trattava del primo studio TIMMS, Trends in International Mathematics and Science Study, Trend negli studi internazionali matematici e scientifici), mostravano la presenza di grosse sacche di svantaggio e discriminazione in molte parti del sistema educativo tedesco.
In quegli anni, il dibattito pubblico in Germania sulle politiche scolastiche si trovava ancora in una fase di stagnazione, anche per effetto delle aspre lotte ideologiche del periodo precedente. Nell’ottobre 1997 la Kultusministerkonferenz decideva ufficialmente di introdurre nel sistema scolastico la valutazione nelle e delle scuole, con la motivazione che “nelle nazioni in cui è presente un regolare sistema di monitoraggio dei risultati raggiunti – grazie sia a costanti programmi di controllo, sia all’introduzione di esami centralizzati o sia perché si ha una sistematica rete di accertamento dei meriti – gli alunni raggiungono in generale prestazioni più elevate”.
La stessa Konstanzer Beschluss (decreto di Costanza), questo il nome degli accordi stabiliti nel 1997 dalla KMK, fu l’occasione inoltre per introdurre la “svolta empirica”, die empirische Wende, un cambiamento radicale nell’impostazione della Bildungsforschung, della ricerca pedagogica.
Pedagogia empirica e standard formativi
La “svolta storica” si collega quindi alla fine degli anni 2000 con la “svolta teorica”, il mutamento radicale d’impostazione nella pedagogia e nella filosofia dell’educazione. Si abbandona la vecchia tradizione delle kritische Erziehungswissenschaften, la pedagogia critica, che aveva a lungo dominato, e si apre alla nuova pedagogia empirica, al Quality Management, alle indagini di assessment, diagnostic, evaluation, ai test che hanno l’obiettivo di fornire previsioni oggettive e valide sui processi educativi e formativi, ritenendo questi come misurabili. Con la nuova pedagogia empirica diventa cruciale l’esigenza di definire un modello di riferimento a livello nazionale che dia legittimità a operazioni di valutazione interna (all’interno delle singole scuole) ed esterna (controllo da parte dell’autorità centrale sulle scuole). Per questo la KMK ha reso necessario introdurre i Bildungsstandards (Content standards, Performances standards, Teaching standards), parametri formativi validi in tutto il territorio nazionale, indispensabili per monitorare i livelli di apprendimento di tutti gli alunni.
Per lo sviluppo e il controllo dei Bildungsstandards è stato creato nel 2004, all’interno della Humboldt Universität di Berlino, l’IQB, l’Institut zur Qualitätsentwicklung im Bildungswesen, l’Istituto per lo sviluppo della qualità nel sistema formativo, l’analogo del nostro Sistema Nazionale di Valutazione.
È una vera e propria rivoluzione quella che investe il sistema educativo non solo della Germania ma di molti altri Paesi, tra cui il nostro (In Italia, il percorso di valutazione interna ed esterna è iniziato nel 1997, con l’autonomia delle istituzioni scolastiche introdotta dalla riforma Bassanini e con le Indicazioni della Commissione europea). Ci troviamo di fronte ad un mutamento radicale di rotta dei meccanismi di governance delle politiche scolastiche. Gli standard formativi non descrivono più un modello input-orientiert, ossia con i piani di studio e i programmi statali (Lehrpläne, Curricola, Bildungspläne) che prescrivono quali contenuti e quali oggetti si debbano insegnare. Gli standard formativi mostrano un modello output-orientiert, dove a essere definite sono le abilità e le competenze da acquisire in maniera duratura. Gli standard stabiliscono non tanto i contenuti da insegnare, bensì quali capacità gli alunni e le alunne devono avere appreso nelle principali materie al termine di un particolare grado di scuola. La filosofia alla base è che alunni e alunne con programmi e contenuti di apprendimento diversi, abbiano alla fine le stesse abilità e competenze, fra cui quelle trasversali e fondamentali di imparare a imparare e di sapersi orientare nella complessità sociale del mondo.
Di fronte a questa vera e propria rivoluzione copernicana pedagogica, e spinta dall’onda del moto d’isteria, com’è stato definito, che è derivato dall’effetto PISA 2000, la Germania riesce a mettere in moto un meccanismo di riforme che nel giro di pochi anni avrebbero trasformato di nuovo l’aspetto e la forma del sistema d’istruzione e formazione. Il dibattito si è concentrato ancora una volta sull’assetto fondamentale della scuola, sulla sua struttura di base.
Das Zwei-Wege-Modell
Klaus Hurrelmann è uno dei più importanti pedagogisti e teorici dell’educazione viventi in Germania. Dopo una lunga attività d’insegnamento all’Università di Bielefeld, Hurrelmann è dal 2009 professore di Public Health and Education all’Hertie School of Governance di Berlino. Nel 1991, subito dopo l’unificazione tedesca, il sociologo e pedagogista nato nel 1944 nell’attuale città portuale polacca di Gdynia, vicino a Danzica (all’epoca Gotenhafen) pubblicava una lettera aperta indirizzata a ministri e senatori della Kultusministerkonferenz (KMK). Nella lettera, diffusa dal settimanale Die Zeit nel novembre 1991, Hurrelmann esortava l’assemblea federale a creare per la Germania riunificata una nuova struttura scolastica unitaria e valevole per tutto il territorio, dove accanto al Gymnasium, fondato sullo studio e sulla teoria, ci fosse soltanto un altro tipo di scuola, orientata più alla pratica e al lavoro, ma con gli stessi diritti del Gymnasium, in cui tutti gli alunni potessero arrivare a conseguire l’Abitur. Era la nascita del cosiddetto Zwei-Wege-Modell, modello a due vie, che a distanza di venticinque anni da quell’accorata arringa di Hurrelmann, sembra essere la direzione verso cui si stanno muovendo quasi tutte le regioni della Repubblica Federale Tedesca.
Il modello di Hurrelmann prevede soltanto due tipi di scuola: il Gymnasium e l’integrierte Sekundarschule, che raccoglie l’eredità delle Hauptschule, Realschule e Gesamtschule. Naturalmente, anche per quanto riguarda le realizzazioni delle riforme, ogni Land o città-Stato ha fatto di testa propria, costruendo dei modelli a due, come ad Amburgo, che dal 1 agosto 2010 ha introdotto accanto al Gymnasium le Stadtteilschulen, o a forme miste come in Bassa Sassonia (la regione di Hannover) dove la nuova scuola si chiama Oberschule ma non sostituisce tutte le Real- e Hauptschule. A Berlino, dall’anno scolastico 2010/2011, convivono Gymnasium e Integrierte Sekundarschule. Nella Capitale esiste da alcuni anni anche l’esperimento delle Gemeinschaftschulen, scuole comunitarie in cui si possono frequentare in un unico istituto tutti i cicli d’istruzione, dalle elementari all’Abitur.
Uno sguardo d’insieme mostra che i sistemi scolastici della maggior parte dei Länder sono basati attualmente su sistemi duali. Quelli di Baviera, Baden-Württemberg, Hessen und Nordrhein-Westfalen (nella speciale classifica delle disuguaglianze interne, in cima ci sono Sassonia e Baviera e in fondo le città-Stato, Amburgo, Brema e Berlino) si sono affidati finora al vecchio triplice modello, ma dal 2013 la direzione della politica scolastica di CDU/CSU, i due partiti cattolici che sono alla guida nelle regioni meridionali, è cambiata in favore del sistema di Hurrelmann.
Le riforme scolastiche degli Stati federati tedeschi sono giunte in un periodo (2010-2012) in cui il sistema scolastico della Germania (il mehrgliedriges System con la sua precoce selezione) era finito nel mirino delle critiche dell’UNICEF, dell’Unione Europea, dell’OCSE, dell’UNESCO e, per ultimo, del Consiglio per i diritti umani dell’ONU. Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) pubblicò nel 2002 un report, Disadvantages In Rich Nations (Problematiche nelle nazioni ricche), in cui riassumeva la situazione per la Germania con un titolo che non lasciava spazio a sottintesi: “Germany: Children Sorted For A Life” (Germania: bambini schedati per tutta la vita).
Vernor Muñoz, il relatore speciale per il diritto all’educazione delle Nazioni Unite dal 2004 al 2010, ha presentato nel marzo del 2007 al Consiglio per i diritti umani (UNHRC) dell’ONU, con sede a Ginevra, un suo resoconto ufficiale sul sistema scolastico tedesco, definendolo, secondo le parole di Spiegel online, “selettivo, discriminante e antidemocratico”. L’allora delegato costaricano delle Nazioni Unite, oltre a criticare il Bildungsföderalismus, prendeva di mira la sistematica penalizzazione delle famiglie d’immigrati, e portava come esempio la situazione dei figli delle migliaia di Gastarbeiter (lavoratori stranieri) turchi, che, secondo le sue parole, “dopo decine di anni trascorse dall’arrivo di queste persone, devono (i bambini tedeschi d’origine straniera) essere ancora integrate meglio nel sistema scolastico e nella società tedesca”.
Vernor Muñoz conclude la sua relazione invitando “urgentemente” la Germania ad abbandonare il mehrgliedriges System (il sistema molteplice), e pone poi una serie di richieste da attuare per le riforme strutturali del sistema scolastico. Sconcerta un po’ che la quarta di queste sette condizioni riguardi il “rafforzamento della vita democratica delle scuole”.
Una scuola, tanti nomi diversi
Nonostante su tutto il territorio nazionale si sia registrata una tendenza all’adozione del sistema duale, le differenze tra i singoli Bundesländer appaiono oggi ancora forti e creano uno scenario poco chiaro. Un segnale di questa situazione è dato in primo luogo dai numerosi nomi differenti della seconda scuola che affianca il Gymnasium. Abbiamo visto che ad Amburgo dal 2010 prende il nome di Stadtteilschule e a Berlino Integrierte Sekundarschule. Abbiamo poi la Realschule plus in Rheinland-Pfalz, la Regelschule in Turingia, la Mittelschule in Sassonia, l’Oberschule a Brema e così via. Alcune portano all’Abitur, altre no. Qua e là poi rimangono ancora qualche Gesamtschule e Gemeinschaftsschule.
“La maggior parte dei Länder fonda sempre nuovi tipi di scuole, senza avere il coraggio di abolire le vecchie”, lamentava Hurrelmann in un’intervista a Die Zeit. “Abbiamo bisogno di un accordo, come quello fatto negli anni 60 quando fu introdotta in tutto il territorio nazionale l’Hauptschule. Oggi dobbiamo avere accanto al Gymnasium un unico tipo di scuola con lo stesso identico nome in tutti e sedici i Länder”. Anche i sostenitori del federalismo scolastico, conclude Hurrelmann, “devono trovare al più presto un rimedio alla confusione attuale, se non vogliono che il richiamo di soluzioni centraliste si faccia più forte”. Queste parole accorate dello studioso, che parlava di Zwei-Wege-Modell già negli anni Settanta, risalgono al novembre 2011.
A tutt’oggi le cose, ancora una volta, non sono molto cambiate. Certamente il livello delle competenze degli alunni negli ultimi quindici anni è migliorato, anche se di poco, in tutte le regioni, come dimostrano gli studi PISA di questi ultimi quindici anni. Al contrario, il circolo vizioso fra condizione sociale e successo scolastico, nonostante leggeri miglioramenti, è ancora tenace e duro da scalfire.
Lo scorso anno, nel maggio 2017, il giornale Berliner Zeitung pubblicava un commento il cui titolo diceva tutto: “Die Berliner Schulreform ist gescheitert”, che significa che la riforma scolastica berlinese era fallita. Nell’articolo si parlava di uno studio effettuato dai pedagogisti Marcel Helbig e Rita Nikolai del WZB (Wissenschaftszentrum Berlin für Sozialforschung, Centro scientifico per gli studi sociali) che ha evidenziato che la quota di alunni e alunne provenienti da famiglie povere che frequentano il Gymnasium è solo del 17%, la stessa da molti anni. Alle Integrierte Sekundarschulen, che in teoria con la riforma dovevano sostituire le Haupt-, Real- e Gesamtschulen e produrre una maggiore eterogeneità sociale, la percentuale di studenti con retroterra sociale svantaggiato è invece al 42%. Una spaccatura che doveva essere superata con la riforma del 2010/11 ma che al contrario persiste ancora.
“Non c’è stata nessuna reale riforma scolastica”, ha dichiarato Helbig laconico. “Si sono dati soltanto nomi diversi alle scuole”. E conclude: “Sembra proprio che il mehrgliedriges System sia stato cacciato dalla porta per rientrare dalla finestra”.
Anche la Corte Costituzionale Federale Tedesca, Bundesvefassungsgericht (BVerfG), ha lamentato lo scorso dicembre, in occasione del giudizio della Corte in merito all’ammissione ai corsi universitari numerus clausus, la mancanza di comparabilità dei risultati dell’Abitur in tutto il territorio nazionale, malgrado il compito della KMK sia proprio quello di provvedere all’equiparabilità dei diplomi.
BMBF, il MIUR tedesco
Secondo i dati dell’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (Eurostat) relativi al 2015, Italia e Germania investono in formazione all’incirca lo stesso valore percentuale del PIL, rispettivamente il 4% e il 4,3%. In termini assoluti le cose sono molto diverse perché la cifra impegnata dalla Germania complessivamente nell’istruzione è di 127,4 miliardi di euro, quasi il doppio in confronto ai 65 miliardi dell’Italia. Di questi 127,4 miliardi, 14 sono messi sul piatto dal Ministero Federale dell’Istruzione e della Ricerca (Bundesministerium für Bildung und Forschung, BMBF). Ciò significa che circa 113 miliardi di euro della spesa pubblica per l’istruzione vengono dai Länder.
Questi dati erano di tre anni fa, come si ricava facilmente dal sito del Ministero della Finanze tedesco. Nel 2017 il contributo da parte del BMBF verso tutto il comparto della formazione e della ricerca è salito a 17,6 miliardi di euro. Una parte consistente delle risorse del BMBF, 4,7 miliardi, sono stanziate per il miglioramento dell’efficienza e della capacità del Bildungssystem, con più di un miliardo di euro riservato al finanziamento del BAföG, la legge federale sul diritto allo studio per alunni e alunne della scuola media inferiore e superiore. La Bundesausbildungsförderungsgesetz (acronimo BAföG) prevede sussidi allo studio anche per studenti universitari nell’ordine di 1,5 miliardi di euro.
Come abbiamo avuto modo di vedere, il Ministero Federale dell’Istruzione e della Ricerca (BMBF) non ha nessuna voce in capitolo nell’organizzazione e gestione dei vari sistemi scolastici regionali, su cui sono sovrani i Länder. Si occupa invece di quegli aspetti sovra federali dei vari ordinamenti scolastici che riguardano tutto il territorio nazionale, come per esempio la partecipazione a studi comparativi internazionali o l’ampliamento delle Ganztagschulen (scuole a tempo pieno). Il BMBF, alla cui guida dal giorno dell’insediamento del quarto governo di Angela Merkel (14 marzo 2018), c’è la 47enne Anja Karliczek (CDU), ha però responsabilità fondamentali per la legislazione in diversi comparti, in primo luogo quello della formazione professionale e il finanziamento della ricerca in tutti i campi della scienza.
Ed è proprio qui che occorre guardare se si vogliono capire e apprezzare l’eccellenza, i meriti e il successo del Made in Germany sul palcoscenico mondiale. È nella capacità di sapere stringere quel patto fra Stato, politica, scuola e mondo del lavoro che è da ricercare, fra le altre, la causa del fatto che la Germania sia nel mondo fra i Paesi più tecnologicamente avanzati e abbia il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) al 6,8%, il più basso nell’Unione Europea, secondo i dati Eurostat 2017 (l’Italia è purtroppo al 34,7%, con Calabria, Sicilia e Campania tra le peggiori dieci regioni europee, insieme a quelle della Spagna meridionale e della Grecia).
Il complesso ed efficiente sistema della formazione professionale, che è composto di diversi ordini d’istituti scolastici, fa parte, insieme al gymnasiale Oberstufe, del Sekundarbereich II. Le varie tipologie di scuole della formazione professionale si racchiudono nell’ampia categoria delle berufsbildende Schulen o berufliche Schulen, scuole preparatorie a svolgere un mestiere, il corrispettivo degli istituti tecnici e professionali in Italia.
Una vasta offerta formativa professionale
In base alla legge sull’obbligo scolastico, in Germania tutti gli adolescenti devono frequentare una scuola fino al diciottesimo anno d’età, anche se a tempo parziale (Teilzeitschulpflicht) e sotto forma di apprendistato. Se per esempio un alunno o un’alunna ha solo l’Hauptschulabschluss (anche Berufsbildungsreife, attestato di maturità professionale) che come abbiamo visto è il primo diploma dell’istruzione generale, può frequentare il Berufsgrundschuljahr (BGJ), un anno scolastico a tempo pieno in cui si apprendono le conoscenze e le competenze fondamentali in uno specifico settore professionale, oltre a nozioni generali di tedesco, Sozialkunde (materie sociali) e religione. Se invece non si ha nemmeno l’Hauptschulabschluss, si può comunque riuscire ad ottenere almeno un minimo attestato di abilità professionale, frequentando istituti che offrono il Berufsvorbereitungsjahr (BVJ), un periodo di preparazione e orientamento professionale della durata di un anno che in teoria offre la possibilità, a certe condizioni, di conseguire il diploma Hauptschulabschluss, ma che in pratica serve ai giovani ad adempiere il loro obbligo scolastico.
La struttura principale dell’intero Berufsbildungssystem è rappresentata dalla duale Ausbildung, la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, che è uno dei fiori all’occhiello dell’esportazione tedesca. Oltre 40 Paesi nel mondo, tra cui Stati Uniti, Russia, Cina, India, Brasile hanno stretto con la Germania accordi di cooperazione nell’ambito della formazione professionale. Per molte nazioni nel mondo uno dei problemi per le proprie economie è la mancanza di personale adeguatamente qualificato e specializzato e il modello tedesco della formazione professionale è per molti di questi Paesi un esempio da imitare.
Duales Ausbildungssystem, duale Berufsausbildung, duales Lernen sono tutte espressioni per un solo concetto e cioè quello di una cooperazione sistematica fra scuola e mondo del lavoro. La duale Ausbildung dura fra i due e i tre anni ed è costituita da due pilastri: la Berufsschule (la scuola professionale) e l’azienda. Da uno a due giorni a settimana, con la possibilità di racchiudere le ore in blocchi, i ragazzi sono a scuola a studiare le nozioni tecniche; gli altri giorni li passano in azienda e applicano queste conoscenze teoriche. In questo modo gli alunni hanno l’opportunità di vedere già come funziona concretamente il lavoro. Inoltre la combinazione di teoria e prassi prepara bene i ragazzi a fare quello che l’azienda si aspetta da loro e infatti spesso capita che poi siano assunti.
Gli Auszubildende (Azubi), così sono chiamati gli studenti che fanno un percorso di formazione professionale, ricevono dall’impresa per cui lavorano un assegno di 800 euro lordi. Considerando che in tutto il territorio nazionale ci sono circa 350 offerte di percorsi formativi riconosciuti, non sorprende sapere che circa i due terzi di tutti i giovani che abbandonano la scuola in Germania scelgono di fare una formazione professionale.
Diversa dalla duale Ausbildung è la schulische Ausbildung (formazione scolastica), in cui il tempo passato in azienda è molto meno. L’apprendimento di teoria e prassi avviene in speciali scuole chiamate Berufsfachschulen o Berufskollegs, istituti professionali a tempo pieno. I ragazzi integrano poi la formazione con lunghi periodi di attività all’interno di aziende ed enti sociali, specialmente del settore assistenziale, commerciale e in quello dei lavori più creativi. Qui, lo status degli alunni è di Schüler e non ricevono nessun compenso dallo Stato.
Ci sono poi le Fachoberschulen (FOS), le Berufsoberschulen (BOS, in generale, istituti professionali) e il berufliches Gymnasium (liceo professionale) in cui la mescolanza di teoria e pratica è variamente combinata. In queste scuole, unitamente a un tirocinio da svolgere in azienda, si possono conseguire il Fachhochschulereife, il diploma di maturità tecnica (chiamato anche Fachabitur) e anche l’allgemeine Hochschulreife, il diploma di maturità generale (Abitur), i titoli che danno l’accesso agli studi universitari. Va da sé che la fisionomia dei percorsi formativi e i presupposti necessari a svolgere i vari tipi di esami cambiano da regione a regione in virtù della Kulturhoheit der Länder, l’autonomia regionale. In Baviera, ad esempio, le FOS e BOS sono raggruppate dal 2008 nelle Berufliche Oberschule Bayern (BOB), scuole superiori professionali.
Sempre più consenso tra i giovani sta acquisendo il berufliches Gymnasium (BG o BGY), liceo professionale, che accanto a una formazione ginnasiale generale offre un profilo formativo in uno specifico settore (economico, tecnico, commerciale etc.). Il BG dura in media tre anni.
Bisogna poi ricordare che in tutte le scuole dell’Allgemeinbildung (istruzione generale), anche nel Sekundarstufe I, ci sono offerte formative praxisorientiert, cioè indirizzate a fornire gli strumenti pratici utili per orientarsi verso il mercato del lavoro già durante il percorso della formazione scolastica generale. Questa forma d’istruzione è chiamata, con un’espressione generica, duales Lernen, apprendimento duale, ma ci sono progetti simili come il produktives Lernen (apprendimento produttivo), adottato dai cinque nuovi Stati dell’est. Queste attività di avviamento alla professione si svolgono in appropriati luoghi d’apprendimento che vanno dai laboratori delle scuole e delle aziende ai centri formativi privati e pubblici. E ci sono anche le Schülerfirmen, le mini imprese gestite dagli studenti.
Prospettive future
Le radici degli attuali problemi del federalismo scolastico tedesco vanno ricercate negli avvenimenti storici che hanno segnato il corso della Germania nel secolo scorso. Dopo l’esperienza dell’amministrazione scolastica centrale fino al 1945, i padri costituenti tedeschi si preoccuparono soprattutto di fare in modo che le responsabilità della gestione del sistema scolastico, al fine di evitarne l’abuso da parte del Bund, fossero suddivise tra le amministrazioni dei Länder e dei Kommunen (il livello dei distretti e circoscrizioni del governo pubblico).
Il Kooperationsverbot (divieto di collaborazione), il regolamento costituzionale che prevede che lo Stato non possa esercitare alcun influsso sulle politiche scolastiche delle regioni, soprattutto in investimenti finanziari, è un evergreen della storia politica scolastica della Germania. Per abolire questo divieto deve essere modificato il paragrafo 104c della Costituzione, che concede al Bund la possibilità di aiutare solo i finanzschwache Gemeinde, i comuni in difficoltà finanziaria.
Per cercare di favorire una maggiore cooperazione fra Stato e regioni, il Bundestag, il Parlamento tedesco, ha approvato nel 2006 una riforma alla propria Carta costituzionale, in occasione della quale molti deputati socialdemocratici della SPD si dichiararono a favore dell’abolizione del Kooperationsverbot. La riforma federale scolastica del 2006 in realtà fu soltanto un compromesso, con formule linguistiche che dicono tutto e il contrario di tutto: “Lo Stato e le Regioni possono lavorare insieme per migliorare l’efficienza del sistema scolastico, alla luce degli studi comparativi internazionali e dei resoconti e delle raccomandazioni che da questi derivano”.
Oggi, oltre dieci anni dopo la riforma federale del 2006, l’esigenza di sviluppare un Bildungsföderalismus competitivo ma anche unitario e organico si è fatta indifferibile e tassativa, come avvertono tre ex-membri della Kultusministerkonferenz in un’accorata lettera aperta pubblicata a inizio gennaio 2018 su Die Zeit. Occorre, scrivono i tre politici, una cooperazione fra i Länder più vincolante. Le pari opportunità nella scuola, l’equiparabilità e la qualità, non sono possibili senza un certo grado di uniformità e coerenza. Bilanciare l’equilibrio fra la varietà dei sistemi regionali e l’omogeneità dell’insieme è il compito fondamentale della politica scolastica tedesca. Jungkamp, Lange e Voges, questi i nomi dei tre ex membri del KMK, chiedono al Paese di stringere un Bildungsstaatsvertrag, un patto nazionale formativo: “Per la formazione scolastica dei nostri figli abbiamo bisogno di una cornice generale stabile e affidabile, che sia valida in tutte le regioni. Lo strumento adatto per realizzare tutto questo è un nuovo Bildungsstaatsvertrag, che garantisca in tutta la Germania regole uguali per tutti e che sia deciso e legittimato democraticamente dal governo e dai parlamenti regionali”.
L’urgenza di una nuova ristrutturazione e di una riforma del federalismo scolastico tedesco è stata fatta propria anche dalla neo responsabile del Ministero dell’Istruzione tedesco, Anja Karliczek, che nella dichiarazione di governo di fronte ai membri del Bundestag, il 22 marzo 2018, ha annunciato una nuova offensiva sul fronte scuola e ricerca, per affrontare con “Mut und Vertrauen”, coraggio e fiducia, le sfide di un mondo futuro in continua trasformazione.
Nel suo intervento la ministra ha spiegato quali sono i tre punti chiave negli impegni della nuova Große Koalition (CDS, CSU e SPD): una formazione moderna, che vuol dire 5 miliardi di euro investiti nel Digitalpakt, in infrastrutture adeguate ai tempi, nuovi metodi d’insegnamento, qualificazione del personale docente. E poi, il lifelong learning, l’apprendimento durante tutto il corso della vita e una ricerca scientifica percepibile e aperta nei confronti dei cittadini.
La volontà del governo del Paese di portare avanti il processo di “smantellamento” del Kooperationsverbot, e con ciò “iniziare un nuovo capitolo nella storia del Bildungsföderalismus”, è esplicitata nella prima parte dell’intervento di Anja Karliczek, che per certi versi ha anche dei tratti drammatici: “Sì”, dice la ministra, “vogliamo investire con decisione sul futuro dei nostri giovani. E sì, vogliamo farlo in tutte le regioni della Germania. Bisogna cambiare la Costituzione però, e questa adesso è la nostra priorità. Per fare questo, occorre la maggioranza dei due terzi, sia nel Bundestag sia nel Bundesrat. Si può fare solo tutti insieme. Perciò, uniamoci e facciamolo, per il bene dei nostri bambini”.
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