Si sente un’aria calda, pastosa. È una sensazione morbida, che mi si appiccica sulle braccia, appena scoperte, e mi fa fluttuare pensoso fra i corridoi dell’aeroporto di Toulouse-Blagnac.
Non ho bagaglio in stiva con me, solo uno zaino.
Sgattaiolo fuori dall’hangar e il sole delle 7 di sera, ancora alto, mi spacca la faccia.
La signora che guida il taxi non mi dice una parola. Io sono contento. Posso godermi il panorama, vedere come pian piano si entra dentro la città, assimilare il passaggio progressivo della periferia urbana che si trasforma in cuore. Cambiano i colori, le strade, gli odori.
A destra si aprono i grandi capannoni dell’Airbus. Una delle più grandi aziende al mondo dell’industria aeronautica ha sede proprio qui, a Tolosa, che d’altronde, con il cielo, ha un rapporto molto personale: Toulouse è infatti anche uno dei centri aerospaziali di riferimento in Europa. Tutti i più grandi astronauti italiani, per dire, sono passati da qui, nel corso della loro carriera, da Umberto Guidoni a Luca Parmitano, sino alla mitica Samantha Cristoforetti.
La tangenziale attraversa per la prima volta la Garonna e ci porta dentro la città. Una svolta a destra, un breve tratto fiancheggiando il Canal du Midi e poi imbocchiamo il Boulevard Strasbourg, nucleo della catena di viali che si attorciglia dentro la parte più antica a affascinante di Tolosa. C’è un’atmosfera piena, un po’ chiassosa, eppure limpida. Le macchine, francesi (non è un luogo comune: qui guidano Peugeot, Renault e Citroen, prima di tutto) si spingono dentro il traffico. I ragazzi al semaforo attendono impazienti di poter raggiungere Place du President Thomas Wilson, la piazzetta circolare da cui si apre il dedalo di piccole vie, spesso pedonali, che compongono l’anima della città.
Siamo arrivati. La corsa in taxi, quindici minuti, costa 24 euro: prezzi italiani. Prendo la mia ricevuta e varco la soglia del Citiz Hotel, un bell’albergo che si affaccia sul Boulevard Carnot, a pochi passi da qualsiasi cosa si abbia voglia di visitare a Tolosa.
La mia stanza è all’ultimo piano, spaziosa e comoda. Dalle finestre che circondano il perimetro ho una visione a 360 gradi di ciò che accade dentro la città. Vedo Tolosa muoversi ed addormentarsi, la vedo sbuffare insofferente mentre cerca di raggiungere la fermata del bus, gustarsi un bicchiere di vino bianco, tornare a casa dopo aver fatto la spesa all’Intermarché.
Vicino alla fermata della metropolina Jean Jàures si accalcano gruppi di adolescenti a passeggio, in mano hanno frullati Starbucks, qualcuno un panino acquistato da Quick, il fast-food francese per antonomasia. Ci metto meno di cinque minuti ad arrivare al Cosmopolitain, in Rue des 3 Journées, un viottolo nel quale, come d’incanto, il rumore si attutisce e tutta la baraonda dei grandi boulevard, distesi a poche centinaia di metri, è sopita. Il locale è moderno, arredato con gusto, pieno di ritmo.
Dall’anticamera d’entrata si scende attraverso una piccola scala di metallo, che porta alla sala vera e propria. Qui gli elementi si mischiano: le mura di mattoncini rossi e i tavoli quadrati in legno, le mattonelle colorate sotto un bancone illuminato da una luce viola spento. Fa caldo, per cui decido che sì, voglio godermi la serata con una cena all’aperto. Mi accomodo su uno degli sgabelli. Accanto a me due ragazze sorseggiano un cocktail non identificato e sgranocchiano pistacchio. La loro serata non finisce qui, a giudicare dalla cura del loro trucco.
Ordino Calamars à la romaine maison, Carnet de frites e Planche de fromage du chex Xavier. Che sono calamari e patatine fritte con un piatto di formaggio: ma a dirlo in francese ha tutto un altro effetto. François, il giovane direttore del Cosmopolitain, mi consiglia del Saint-Nicolas-de-Bourgueil, un vino rosso con Appellation d’origine contrôlée (AOC), prodotto nella Valle della Loira, 600 chilometri a Nord da qui.
Le patate fritte sono fritte, i calamari sono calamari e il formaggio è formaggio. Eppure, a Tolosa mi sembra tutto più buono.
Il vero e proprio viaggio a Tolosa comincia un martedì pieno di sole. Melissa, dell’Ufficio del Turismo di Tolosa, mi fa fare un giro di riscaldamento in attesa del mio primo tour guidato. Beviamo un caffè espresso e poi ci dirigiamo verso il mercato coperto Victor Hugo, un luogo antico, attivo dal 1896 e nel quale, nonostante siano appena le 9, è difficile non farsi prendere dalla voglia di assaggiare.
Melissa mi spiega che Tolosa cresce a ritmo spedito; ogni anno arrivano migliaia di nuovi abitanti: molti sono studenti. Il capoluogo dell’Occitania ospita infatti oltre 100.000 ragazzi in una fra le tre università principali, le tante scuole specializzate e le accademie politecniche. Senza dimenticare la Toulouse School of Economics, il cui rettore, Jean Tirole, è stato insignito nel 2014 del premio Nobel per l’Economia.
Non sono solo gli universitari, però, a rendere questa città sorprendentemente multiculturale.
Tolosa è infatti il principale centro in Europa per l’industria aerospaziale ed accoglie quindi migliaia di stranieri legati all’indotto.
Anche Isabel, che incontro di fronte alla sede principale dell’Ufficio del Turismo di Tolosa, in Place du General De Gaulle, e che parla un italiano perfetto, arrotondato in maniera gentile dalla sua sottile cadenza francese, mi spiega come Tolosa stia crescendo in maniera progressiva e costante, sotto ogni punto di vista. Ciò che lei però mi racconta di più importante riguarda la storia della città, a partire dal Capitole, il municipio, un edificio costruito nel lontano 1190 e la cui facciata di mattoni rosa (siamo nella Ville en Rose, non dimentichiamolo) è lunga 135 metri.
Il palazzo si affaccia sull’omonima piazza ed ospita, nella parte anteriore, il teatro d’Opera più amato da les toulousain. Isabel mi spiega che sono stati diversi, nel tempo, i tentativi di trasferire l’ensemble in una location più comoda, ma che la popolazione si è sempre opposta vigorosamente: l’Opera a Tolosa resta al Capitole.
Mentre percorriamo la recentemente pedonalizzata Rue de Taur, Isabel mi racconta come l’amministrazione stia portando avanti un cambiamento culturale nella città, attraverso la chiusura al traffico di porzioni sempre più vaste del centro storico, con l’intenzione, a lungo termine, di allontanare del tutto le automobili dal cuore di Tolosa. La passeggiata è rilassante, mi concentro sui palazzi antichi, tutti rosa, che si allungano per tre o quattro piani. Mi piacciono le imposte di legno che chiudono le finestre, e poi i piccoli negozi che vendono la Viola di Tolosa, un fiore che qui si coltiva da centinaia di anni e che viene utilizzato nei campi più disparati: profumi e creme, ma anche dolci, liquori, tinture.
Siamo intanto arrivati alla basilica di Saint-Sernin, San Saturnino, sui cui resti è stato costruito l’edificio. Ne ho viste tante di chiese, in vita mia, però questa è un po’ diversa. L’hanno tirata su con i mattoni e poi ha una torre altissima, con un campanile ottagonale, che in qualche modo mi fa pensare ad un vecchio castello.
A stupirmi davvero è però un’altra chiesa, quella dei Giacobini, oggi sconsacrata e custode delle spoglie di San Tommaso d’Aquino. Edificata in mattoni rosa, questa struttura ha una forma completamente diversa da quella che ci si aspetterebbe. Entrando, si perde quasi l’orientamento. Di fatto saltano i punti di riferimento classici del luogo sacro: la Chiesa dei Giacobini è più un luogo di riflessione, di tranquillità. Da una porticina adiacente si accede al chiostro del convento, in cui si viene accompagnati lungo un percorso che ci riporta alla Francia del 1400.
Saluto Isabel e continuo a passeggiare per il centro. Su Rue de Lois trovo un negozio bellissimo, Mucca, che vende stampe, quaderni, mappe, vecchi libri, agende, tutto fatto a Tolosa, nei loro laboratori. In vena di acquisti, che comunque non porterò a termine, mi sposto poi su Rue d’Alsace Lorraine, la vera via dello shopping cittadino. Il mio obiettivo è semplice: lo store ufficiale dello Stade Toulousain, la mitica squadra di rugby orgoglio di tutta Tolosa. Qui la palla ovale è un affare serissimo: il XV rossonero è uno dei club più antichi e vincenti di Francia, con 19 campionati conquistati, trionfi europei e una fondazione che porta la data del 1907.
Galvanizzato dalla vista delle magliette dello Stade rientro verso l’albergo, deciso ad impegnarmi in una corsetta precena sul lungofiume tolosano. Nonostante siano le 7 di sera, la temperatura è ancora piena e avvolgente, eppure, cionondimeno, è un piacere corricchiare sulla riva del Canal du Midi.
A cena scelgo un locale elegante, Glastag, che cerca di portare avanti un’idea di cucina francese meno stereotipata, più concreta, legata ai sapori del territorio occitano. La sala è in un locale sotterraneo; la trovo raccolta, accogliente, rilassata: un bel posto in cui sedersi e mangiare. Ordino un antipasto con formaggio e delle cialde ripiene di crema con alici e zucchine, poi una moussaka e infine un dolce, strepitoso, sul quale rischio (ricompensato): un babà al rum!
Rientrando verso l’albergo faccio un giretto nella zona di Les Carmes, il centro della vita notturna a Tolosa. Tapas bar, decine di ragazzi a chiaccherare sorridenti, qualche artista di strada di contorno.
Prima di lanciarmi verso il mio secondo giorno a Tolosa decido di emulare il mito cinematografico de La Grande Abbuffata e mi lancio in maniera indecorosa sul buffet da colazione dell’hotel, che definire ricco è riduttivo: qualsiasi cosa abbiate intenzione di mangiare nel vostro primo pasto della giornata, qui c’è.
Sono in anticipo sull’ora dell’appuntamento con Marie-France, la mia guida del giorno. Decido così di fare una breve deviazione, sino al Musée des Augustins, un edificio del 1300 in stile gotico che conserva decine di sculture e dipinti antichissimi, dal Medioevo al Novecento. Ci andrò nel pomeriggio (e sarò ricompensato da un patrimonio di bellezza favoloso: quello degli Augustini, per me, è un museo da non perdere), utilizzando il mio fiammante Pass Tourism 3 Jours.
Anche Marie-France, come Isabel ieri, mi parla in un italiano perfetto. Mi porta sulla riva della Garonna, il fiume che collega Tolosa a Bordeaux, e mi racconta della potenza di acque che per centinaia di anni hanno sradicato ponti e inondato la città. L’unico a resistere, dal 1659, quando venne inaugurato da re Luigi XIV, è il Pont Neuf, decisamente il più bello di Tolosa, forse uno dei più belli di tutta la Francia, un monumento simbolo composto da sette campate e lungo 220 metri. Il Pont Neuf fu capace di resistere alla tremenda inondazione del 1875 e collega Rue de Metz, sulla sponda destra della Garonna, con Rue de la Republique, sulla riva sinistra.
Arriva il tempo di salutare Marie-France e mi fermo a riflettere sul Canal du Midi e su una città, Tolosa, la cui anima mediterranea si mischia, constantemente, a un sentimento atlantico, un luogo che vive immerso nel piacere della contaminazione fra storie e geografie diverse e che di questa contaminazione ha fatto un motivo di orgolio e identità. Non è un caso, se questa è la città di Carlos Gardel ed Antoine de Saint-Exupery.
A cena per stasera sono in un luogo speciale, il N°5, eletto nel 2017 miglior wine bar al mondo.
Thomas e Anne Cabrol hanno aperto, nel 2013, un posto davvero speciale, con una selezione di oltre 700 vini provenienti da 100 diversi paesi ed un clima, un ambiente, in cui ogni cosa è al suo posto. Inevitabilmente, mi perdo fra Bordeaux La Faviere, Menetou-Salon, Malbec Terazzas de Los Andes, Chateaux Mousar, solo per menzionarne alcuni. Ma non finisce qui. Perché ciò che rende davvero unico il N°5, un wine bar dove vorresti sempre tornare, è l’attenzione che la piccola cucina dedica al cibo. Il vino, certo, è il protagonista, eppure sul tavolo arrivano cialde di limone con la nocciola, gazpacho di pomodori verdi, uova al tartufo, che ogni volta Thomas, in maniera affabile e sincera, mi presenta, raccontandomi, senza intrusioni, quello che bevo, e quello che mangio. E io poi ci penso: il procedimento mi piace.
La mia ultima mattina a Tolosa prevede una visita alla Cité de l’Espace, 2500 metri quadrati di esposizione e 5 ettari di spazi aperti dentro i quali provare a capire, in maniera semplice ma ben concreta, cosa sia lo Spazio, quello con la S maiuscola, e come funzioni la vita di un’astronauta. Al complesso della Cité de l’Espace mi accoglie Richard, che si rivelerà un compagno di visita prezioso ed attento. Richard, fra le tantissime cose, mi spiega in un italiano garbato come fanno gli astronauti a tenersi in forma dentro le navicelle, mi fa vedere i video di Samantha Cristoforetti (che qui è di casa) mentre si taglia i capelli fluttuando, mi imbraca in una tuta che simula la mancanza di gravità: mi metto a camminare e provo la stessa sensazione del primo uomo sulla Luna. Quando sto per prenderci davvero gusto e mi vedo già proiettato nell’esplorazione solitaria di nuovi pianeti il tempo a mia disposizione è terminato: devo scappare verso la stazione.
Sul taxi che si dirige verso il centro penso che qui, a Tolosa, potrei persino rimanere a viverci.
REDAZIONE
Wale Café
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