Foto di Loris Rizzo
A Jyväskylä ci arriviamo un tardo pomeriggio di metà maggio, dopo aver percorso lunghe strisce d’asfalto di cui è difficile intravedere il fondo. E’ la luce, più di ogni altra cosa, a sembrarci diversa. Non ce ne accorgiamo subito, ma ha qualcosa di insolito, quasi surreale, questo bagliore intenso che, di nascosto, illumina gli specchi d’acqua e il verde che corrono accanto all’autostrada E63, da Tampere a Jyväskylä, con un velo chiaro e soffuso che allunga gli sguardi. Ci fermiamo solo su stazioni radio che passano musica finlandese, un po’ perché è difficile trovare qualcos’altro, in parte perché ci piace l’idea di calarci in maniera completa nel clima rustico e misterioso di questa lingua il cui suono mi fa pensare, continuamente, al simbolismo fonetico.
Mentre Loris guida la nostra gigantesca Ford Focus Wagon a noleggio e sa che io, che la patente non ce l’ho, il cambio non potrò darglielo mai, continuiamo a meravigliarci di quanto spazio, di quanta acqua, ci siano intorno a noi. Ogni tanto controlliamo la cartina e, quando ci approssimiamo a quelli che ci sembrano dei paesi un po’ più grandi, cerchiamo di capire se possa valere la pena fermarsi a dare un’occhiata. Scopriamo quasi sempre che in realtà quelle decine di nomi sulla mappa, Kakaristo, Orivesi, Häijää, Linnavuori, non sono in realtà nient’altro che sparuti gruppi di case, al massimo una trentina di persone, ma assurti al rango di amministrazioni comunali in un paese che in fondo ha appena cinque milioni e mezzo di abitanti: è tutta una questione di proporzioni.
Quando il navigatore ci segnala a ormai pochi chilometri dalla nostra direzione finale vediamo che, sulla destra, si apre un enorme distesa d’acqua e, sopra di essa, un ponte poggiato su due grossi blocchi di cemento. In cima si aprono due bianche V rovesciate, piene di tiranti. Non è niente di particolare, in fondo è solo un ponte, però ci sembra bello. Usciti dall’autostrada imbocchiamo Ahlmaninkatu, che non è il parente di un faraone egizio della XVIII dinastia, ma un’anonima via di Jyväskylä che ci porta sino al complesso di edifici di cui fa parte anche il nostro albergo, l’hotel Alba.
L’edificio è un lunghissimo rettangolo percorso da due linee strette e lunghe di finestre. Il lato posteriore dà direttamente sul lago e va incrociarsi proprio con il nostro ponte, l’Ylistön Silta, che dalle nostre camere ci sembra ancora più bello. Siamo entusiasti. Qui sono tutti gentilissimi e la città, vista dal balconcino alla francese della stanza, ci appare un’oasi di tranquillità, un posto morbido. Abbiamo persino la nostra piccola sauna personale in bagno, una per alloggio, e allora decidiamo che davvero non possiamo esimerci da un tuffo nel lago. Chiediamo alla reception se in effetti ci si può tuffare, e ci dicono di sì, anche se temono che, da siciliani, potremmo soffrire la temperatura dell’acqua. Ci proviamo lo stesso.
Sono le 20.30 e ancora la luce è fortissima: non andrà mai via del tutto. Soltanto per un attimo, fra le 2 e le 3 di notte, smorzerà di un piccolo tocco la sua perenne intensità. Usciamo dalla porta sul retro che, direttamente dall’albergo, conduce a un piccolo ballatoio di legno e poi a un pontile che s’interrompe di fronte al lago Jyväsjärvi. Sulla destra, ancora il nostro ponte. Indugiamo. Un ragazzo esce dall’acqua con la faccia soddisfatta di chi ci sfida a fare lo stesso. C’è una calma perfetta, disturbata soltanto dalla presenza di una piccola imbarcazione, con tre persone a bordo, che sta attraccata proprio in fondo al pontile, da dove dovremmo tuffarci. Avremmo preferito dare meno spettacolo e goderci da soli lo shock termico cui abbiamo deciso di sottoporci, ma procediamo ugualmente.
L’acqua in effetti non è fredda, è congelata. Loris all’inizio sembra resistere meglio di me, ma uscirà un po’ prima. Io, di rimando, da subito penso che sia la cosa più fredda in cui ho mai immerso il mio corpo. Poi però mi abituo e diventa bellissimo. Stiamo, per non più di due minuti in totale, a tremare di gelo e, contemporaneamente, a dirci quanto è accogliente, nella sua algida semplicità, il posto in cui siamo capitati. A cena, dopo la sauna e la convinzione, ripetutaci a vicenda, che tutto sommato non sarebbe male vivere tutta la vita così, viaggiando e tuffandosi in notti che notti non sono dentro laghi gelati e calmando i propri freddi pensieri in saune bollenti, ci troviamo nella stanza di Loris. Imbandiamo la tavola di pesci affumicati e pani e polpette di pesce. Stappiamo una bottiglia di vino e conversiamo amabilmente nel soffuso chiarore che la luce delle 23 spande sull’acqua del lago.
Il nostro vero e proprio viaggio a Jyväskylä comincia la mattina seguente. Ci ritroviamo a colazione, in una sala circondata da grandi vetrate che danno direttamente sul lago, con Johanna Maasola di Visit Jyväskylä. Johanna ci spiega quali siano le cose più interessanti da visitare e ci spiega, soprattutto, che il giorno seguente in città ci sarà lo Yläkaupungin Yö, un festival imperdibile con eventi in tutta la zona universitaria, concerti, mostre, spettacoli, sino a notte fonda. Noi abbiamo in programma di partire per Helsinki il giorno successivo, eppure Johanna quasi ci convince. Alla fine seguiremo il nostro programma, ma un po’ dispiaciuti. Jyväskylä ci piace e all’hotel Alba sono tutti così affabili che restare un po’ di più non sarebbe certo una fatica.
Dopo aver mangiato io e Loris ci dividiamo. Lui starà un po’ in giro a fare foto, mentre io approfitterò della giornata di sole per circumnavigare di corsa tutto il perimetro del lago Jyväsjärvi: ci diamo appuntamento alle 13.30 al centro dell’altro ponte, il Kuokkalan Silta, che collega il centro della città con la zona residenziale di Ainolaranta, sul lato sud di Jyväskylä.
Attraverso l’Ylistön Silta e comincio a percorrere un viottolo tracciato a pelo d’acqua.
Le case hanno strutture sfacciatamente geometriche e colori che le fanno somigliare a modelli a grandezza naturale di giocattoli LEGO. C’è una continua simbiosi, qui a Jyväskylä come nel resto della Finlandia che abbiamo visitato, fra il verde e l’azzurro. Gli alberi e i laghi, i fiori ed il mare, non sono a distanza. La linea di separazione netta fra acqua e foresta, cui sono stato abituato sin da bambino, qui non esiste. Gli elementi si combinano, quasi si appoggiano l’uno sull’altro, e infatti cambiano completamente le sensazioni trasmesse dalla natura. C’è una percezione dei dettagli più intima, più personale: i colori, ad esempio, sembra di poterli toccare.
Ci ritroviamo con Loris sotto la tettoia centrale del Kuokkalan, pronti ad esplorare il centro. Dall’alto vediamo due imbarcazioni in legno, un po’ compassate, scaricare una cinquantina di turisti di rientro da una crociera sul lago. Pensiamo che sarebbe stato bello, girovagare sull’acqua dell’arcipelago di Jyväskylä, ma ci abbiamo ragionato troppo tardi. Sono le insegne dei negozi ad attirare la mia attenzione mentre ci addentriamo fra le vie del centro. Non c’è stato molto ricambio commerciale a Jyväskylä e, per questo, camminando sembra di stare in un luogo fermatosi a metà degli anni’90. I ristoranti, le librerie, le botteghe di barbiere, sono segnalate da luminarie fosforescenti su cui stanno incisi nomi incomprensibili, con grafiche e caratteri di tempi passati.
La Kaupakkatu è la via principale di Jyväskylä. Ci si trovano i supermercati, i casinò, il museo di artigianato locale, i fast food e decine di persone che camminano senza dare l’impressione di essere particolarmente indaffarate. Qui, più che negli altri luoghi visitati in Finlandia, è facile ritrovare le atmosfere di sommesso fascino, i colori emaciati, con cui il regista Aki Kaurismaki ha intriso di molle tristezza tutti i suoi film.
Facciamo l’ennesima spesa di pesci fumé e polpette al K-Market e ci dirigiamo verso il nord-ovest della città, nella zona universitaria, dove possiamo ammirare diversi edifici progettati da Alvar Aalto, uno degli architetti più importanti del ‘900. Non riusciamo a restarne impressionati così come, probabilmente, lo sarebbero occhi più esperti dei nostri, eppure continuiamo a percepire un anomalo interesse per un luogo, Jyväskylä, di cui ci appassionano, soprattutto, le cadenze e i ritmi.
Sembra un po’ che l’esistenza qui si muova più lentamente, che gli avvenimenti del quotidiano non stiano accadendo adesso, ma in un altro tempo, in un altro momento, come lieve e cedevole.
Rientrati in albergo, dopo la sauna, consumiamo, ancora una volta nella stanza di Loris, il nostro ormai consueto pic-nic notturno e pieno di luce.
La mattina, prima di lasciare la stanza, mi affaccio per l’ultima volta alla finestra.
Guardo il lago in silenzio.
Dal basso l’acqua sembra controllare il grande ponte bianco sopra di essa, come a volergli indicare che qui, a Jyväskylä, la padrona continuerà a restare sempre lei.
REDAZIONE
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