Quando nell’agosto 1978 si svolgono i campionati mondiali di nuoto a Berlino, Franziska van Almsick ha solo cinque mesi. Ma se anche avesse cinque anni, non potrebbe comunque andare ad assistere alla rassegna iridata, che vede protagonisti incontrastati gli Stati Uniti, con 44 medaglie conquistate, di cui 23 d’oro, contro le sole 16 totali dell’URSS, secondo nel medagliere.
Lei infatti vive dalla parte del muro da cui tutti provano a scappare, inventando stratagemmi come nascondersi in una valigia o nel cofano di una macchina, far volare una mongolfiera o camuffarsi da guardia sovietica. Tentativi rocamboleschi che oggi possiamo rivedere nei film o nei musei, ma che in passato sono costati la vita a moltissime persone. Franziska Van Almsick, una delle migliori nuotatrici tedesche di sempre, nasce il 5 aprile 1978 a Berlino Est.
Provate a immaginare che peso gravi sulle spalle di una ragazzina che a soli 14 anni gareggia indossando i colori della Germania unita alle prime Olimpiadi dopo la caduta di quel maledetto muro che per ventotto lunghissimi anni ha diviso Berlino, la Germania e in sostanza tutta la terra in due blocchi distanti e granitici. Granitici come le spalle e il cuore della piccola Franziska, che a quei Giochi Olimpici di Barcellona si presenta al mondo del nuoto.
Sono le venticinquesime Olimpiadi dell’epoca moderna, ma sembrano le prime: l’URSS non esiste, sostituito dall’Equipe Unifiée, la “squadra unificata”, composta dagli atleti di molte dell’ex repubbliche sovietiche, mentre gli sportivi della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia partecipano alla rassegna come “Partecipanti Olimpici Indipendenti”. La Germania Est di Franziska, seconda nel medagliere quattro anni prima a Seoul, gareggia insieme alla Germania Ovest, per la prima volta dopo Tokyo 1964 (anno della Squadra Unificata Tedesca). L’ultima volta che hanno vinto il medagliere risale invece ai controversi Giochi di Berlino 1936, quando i tedeschi avevano dominato la competizione, uniti tuttavia non sotto il tricolore nero-rosso-oro, ma sotto la bandiera nazista con la svastica.
Il biglietto da visita di Franziska Van Almsick in questo nuovo mondo è l’1:58 della finale dei 200 stile libero, che le vale l’argento olimpico alle spalle dell’americana Nicole Haislett e davanti alla connazionale Kerstin Kielglass, atleta poliedrica capace di vincere l’oro europeo sia nei 200 che negli 800sl.
Sono solo 10 i centesimi che separano Franziska, la bambina prodigio, dal gradino più alto del podio, ma l’età e la facilità di nuoto che mostra, con una bracciata elegante come raramente se ne vedono in giro, fanno pensare a tutti che l’appuntamento con l’oro olimpico sia solamente rimandato: arrivederci ad Altanta, quindi. Per ora possono bastare l’argento e i due bronzi (100 e 4×100) collezionati in Catalogna.
Due anni dopo da quel suo primo exploit, nel 1994, la Opel mette in commercio la Tigra, una coupé con bassi costi di gestione e prestazioni di ottimo livello. Si tratta in sostanza di un’utilitaria sportiva, con poco spazio per i passeggeri seduti dietro, adatta ai giovani neo-patentati che cercano una guida dinamica ma non possono permettersi i top di gamma.
Vi chiederete cosa c’entri questa digressione nel mondo dei motori. Vi ricordate lo scenografico spot della macchina che, per superare un ingorgo, viene risucchiata sott’acqua nell’asfalto e riemerge dalla parte opposta? Beh, la bionda alla guida della Opel Tigra, ricci al vento, maniche corte e gilet di jeans sbarazzino, è proprio Franziska Van Almsick, che a 16 anni sta diventando famosa anche fuori dall’acqua, tanto da diventare testimonial per la casa automobilistica tedesca, che la fa ritornare apposta da Coral Springs, in Florida, dove si sta allenando e sta imparando l’inglese. Dettaglio numero uno: all’epoca Franzi, nemmeno maggiorenne, non ha neanche la patente. Dettaglio numero due: dalla Opel le arriva qualcosa come due milioni di dollari.
Diva in piscina e fuori, la Van Almsick rimane infatti sotto i riflettori per tutta la sua carriera. Le persone che la esaltano come campionessa e icona di bellezza sono pronte ad affondarla senza esitazioni al primo passo falso, come spesso accade per gli sportivi che sono sempre in prima pagina. In questo e nell’ansia di essere costrette a vincere, oltre che ovviamente nei successi tra le corsie, possiamo paragonare Franziska a Federica Pellegrini. E infatti tra le due esiste da tempo una stima reciproca: Franziska Van Almsick era l’idolo di Federica da bambina, mentre adesso la tedesca non perde occasione per elogiare la nuotatrice veneta.
Le loro carriere si incrociano nell’estate del 2004 ad Atene, in Grecia, in quelle che saranno le prime Olimpiadi per Fede e le ultime per Franzi, che quattro anni prima, dopo aver rimediato solo un bronzo a Sidney, aveva annunciato il suo ritiro, salvo poi ripensarci e tornare a dominare gli Europei nella sua Berlino nel 2002. Ad Atene Franziska ha solo 26 anni, ma vive con l’obbligo di vincere da troppo tempo, un peso che non vuole sostenere ancora a lungo. La Pellegrini, al contrario, ha dieci anni in meno ed è l’astro nascente del nostro nuoto.
Il loro fugace incontro su una piscina olimpionica, quasi un passaggio di consegne, avviene nella finale dei 200 stile, a cui la Pellegrini si qualifica con il miglior tempo. Nell’ultimo atto tuttavia un pizzico di inesperienza non consente alla nostra futura portabandiera di gestire bene la gara, e l’oro scivola via negli ultimi metri, con la rimonta in corsia laterale di Camelia Potec. L’argento conquistato a soli 16 anni è il preludio dell’indimenticabile Olimpiade di Pechino di quattro anni dopo, nella quale Federica si consacrerà come una delle migliori nuotatrici di sempre.
In quella gara del 2004 la tedesca finisce quinta a quaranta centesimi dal podio e a quasi un secondo di distanza da quell’oro olimpico al quale deve rinunciare nuovamente, e questa volta per sempre. Franziska Van Almsick infatti arriva da Atene con la casella “ori olimpici” che recita ancora zero nel suo palmares. Alla fine saranno sei gli argenti e quattro i bronzi conquistati nei giochi a cinque cerchi, ma zero le medaglie d’oro, una vera e propria maledizione per una nuotatrice capace di salire due volte sul primo gradino del podio ai mondiali e addirittura diciotto volte agli europei.
Un po’ come Zlatan Ibrahimovic o Gigi Buffon con la Champions League, l’oro olimpico rimane una chimera per la Van Almsick, che per molti anni si sente un’atleta incompleta e non del tutto realizzata a causa di questa mancanza. Al giorno d’oggi, con due figli e una vita che prosegue tranquilla tra famiglia e qualche apparizione nel mondo dello spettacolo, la delusione a cinque cerchi sembra un lontano ricordo per Franziska, ma il flop di Sidney nel 2000 l’aveva fatta piombare in uno stato non molto diverso dalla depressione, con il bisogno assoluto di allontanarsi dal nuoto.
D’altronde, questo spasmodico obbligo di essere la migliore Franzi se lo porta dietro da quando era ancora una bambina. A 5 anni inizia a nuotare nella piscina vicino casa, trascinata dal fratello maggiore. A 7 anni i talent scout della DDR, dopo dei test fisici e un prelievo del sangue, la ritengono idonea a entrare nel loro sistema di allenamenti. A 11 anni vince nove medaglie d’oro all’East German Spartakiad, una competizione sovietica che fa da contraltare alle aristocratiche Olimpiadi, ispirandosi alla figura di Spartaco, il guerriero che guida la rivolta degli schiavi. Si dice che dopo quelle gare il padre di Franziska le abbia attaccato in camera un adesivo con scritto “Barcellona 1992”. Come a dire: questo è l’obiettivo per cui devi lottare, il tuo destino è andare alle Olimpiadi e, va da sé, vincerle.
La prima affermazione come migliore del mondo avviene a Roma, durante i mondiali del 1994, quelli in cui si scoperchia definitivamente il vaso di Pandora del doping di stato cinese. Nella cornice del Foro Italico, anche la vittoria di Franziska arriva in seguito a grandi polemiche, ma il doping non c’entra nulla con questa storia. In questa vicenda ci sono le pressioni, i momenti difficili, le cadute e le risalite che una ragazza di soli sedici anni deve affrontare essendo una delle migliori nuotatrici al mondo: quando ti stacchi dai blocchi e inizi a nuotare, in acqua puoi contare solo su te stesso. Sei tu, da solo, con tutto il peso del lavoro fatto, della fatica, delle sveglie all’alba, dei crampi e dei sacrifici, del non poter vivere una vita normale quando sei un’adolescente e vorresti solo divertirti con i tuoi amici.
Questo enorme peso si fa sentire per Franzi nella semifinale dei 200 stile a quei Campionati del Mondo del ’94. La Van Almsick parte contratta, non riesce a liberare la sua bracciata e all’arrivo il risultato è impietoso: nono tempo. La ragazza prodigio, argento olimpico due anni prima a Barcellona, attesa alla grande consacrazione, non si qualifica neanche per la finale. Come a dire: “Sono umana”.
L’occasione per rifarsi arriva fin troppo presto per Franziska Van Almsick. La federazione tedesca si mobilita per trovarle comunque un posto nella finale dei 200 stile, sfuggitale di una sola posizione. L’unico modo consiste nel lavorare ai fianchi l’unica altra atleta tedesca qualificata, Dagmar Hase, intavolando una trattativa lampo per farla rinunciare alla finale. Il prezzo per “comprare” la Hase, oro a Barcellona nei 400 stile e anche grande dorsista, ma qualificatasi come ottava, è un viaggio-premio con destinazione a scelta: la federazione si fa carico della sua vacanza e una Van Almsick ancora frastornata e inizialmente titubante si prepara alla sua prima finale mondiale, portando sulle spalle anche il peso dello smacco fatto alla compagna di nazionale, con tutte le cattive voci di corridoio che ne conseguono.
Quello che succede in vasca, durante la finale, è storia: Franziska Van Almsick divora l’acqua, supera negli ultimi cinquanta metri la cinese Lu Bin, cancella tutte le polemiche e abbatte il record del mondo: 1:56:78. Un primato destinato a durare fino al 2002, quando sarà lei stessa a superarsi, nell’ultima, straripante performance di una carriera vissuta sulle montagne russe.
La stessa Van Almsick definirà l’arrivo di quella gara “il momento più felice della mia carriera”, raccontando l’emozione di leggere sullo schermo il suo record del mondo. Ma ricorda con poco piacere tutto i momenti precedenti alla finale, dalle lacrime per il nono posto, all’imbarazzo per il caso-Hase, fino alla rabbia agonistica che la coglie quando si posiziona sul trampolino: della gara non ricorda niente.
Franziska Van Almsick è la prima superstar dello sport tedesco. Più dei fenomeni del tennis Steffi Graff e Boris Becker, più di Beckenbauer e degli altri dei del calcio, per la risonanza mediatica che riesce ad avere nella vita di tutti i giorni. Non che a lei piaccia tutto questo, ma ci si ritrova dentro e deve convivere con il suo essere una celebrità, con i continui gossip e le persone che la fermano per strada. L’ex coach della Germania Ovest Michael Lohberg diceva di lei: “È senza dubbio la più popolare atleta tedesca. In Germania è come Michael Jordan”. La ricetta della popolarità di Franzi, sempre nelle parole dell’ex allenatore, che ha lavorato con lei nel suo soggiorno a Coral Springs, deriva da diversi fattori: “Carisma, atteggiamento, bellezza fuori dal comune e, soprattutto, straordinario talento. L’efficacia della sua bracciata è incredibile, sembra che non faccia alcuno sforzo in acqua, come un delfino. Tutto si muove perfettamente in lei, guardarla nuotare è come guardare un’opera d’arte: si avvicina quanto è più possibile a un pesce”.
Questa creatura mezza umana mezza marina, nonostante il record ai Mondiali del ’94 e la roboante conferma con cinque ori agli Europei di Vienna l’anno dopo (100, 400, 4×100, 4×200 stile e 4×100 misti), manca l’appuntamento con il destino ad Atlanta, alle Olimpiadi del ’96, suo obiettivo dichiarato. I due secondi posti nei 200 e nella 4×200 sanno di sconfitta per lei, la Franziska Van Almsick che anche nei due successivi grandi appuntamenti, i Mondiali di Perth del ’98 e gli Europei di Istanbul nel ’99, non va oltre tre ori in staffetta, non riuscendo a imporsi nel singolo.
Dopo Atlanta ’96, Franziska si prende una piccola pausa, che diventa un lungo stop forzato a causa di un terribile incidente in moto che le occorre nel 1997 e la tiene per diverso tempo lontana dall’acqua.
Dopo la debacle di Sidney 2000, un solo bronzo in staffetta (bruscolini per la primatista al mondo nei 200), il Berliner Zeitung la ritrae in una caricatura mentre fatica a infilarsi il costume, affibbiandole il poco simpatico soprannome Franzi Van Speck, per la sua apparente scarsa forma fisica: lei, una sirena che in acqua vola e fuori fa la modella. Come altre volte, si sente stanca e abbandonata, anche da alcune sue compagne di squadra, tra le quali Sandra Volker, che non le rivolge nemmeno la parola. Troppe sono le invidie, troppe le persone pronte a salire sul carro della Franzi vincitrice e ad abbandonarlo nei momenti difficili: “A nessuno interessa l’uomo, tutti guardano il campione che vince. E quando cadi, rimani da solo”, raccontava Franziska a Dario Torromeo, ex penna del Corriere dello Sport e del Messaggero.
Ma ancora una volta Franziska trova la forza di risollevarsi dal vortice delle critiche, della troppa ribalta mediatica e delle incessanti pressioni, e decide di regalare al mondo la sua ultima, indimenticabile performance nel rettangolo della piscina olimpionica. Sceglie di farlo a casa, davanti ai suoi tifosi, nella sua Berlino unita ormai da quasi 15 anni e pronta a spingerla oltre ogni limite. Una parte del merito di questa nuova rinascita della fenice Van Almsick va data a Stefan Kretzschmar, ventott’anni all’epoca, campione di palla a mano, piercing, tatuaggi, cresta da gallo e un matrimonio alle spalle, rotto proprio per l’irrompere di Franzi, che fino all’inizio del 2000 si era frequentata con il collega Steffen Zesner, oro mondiale in staffetta nel ’91.
Da quando inizia a vedersi con Kretzschmar, qualche tempo prima, la tedesca ritorna serena e convinta dei propri mezzi. La loro love story, chiaramente al centro dei riflettori, dura fino al 2004, quando i due si lasciano per differenza di vedute: tre anni dopo, mentre Stefan si risposa con la ex moglie, nasce l’amore tra Franzi e Jürgen B. Harder, e la nuotatrice mette alla luce il suo primo figlio, Don Hugo. Sei anni dopo, nel 2013, per Franziska Van Almsick arriva Mo Vito Harder, il secondogenito.
Ma, dicevamo: Berlino 2002, Europei di Nuoto, l’ultimo grande ballo di Franziska, che non vince un oro in singolo in una competizione internazionale dal 1995, anno dell’Europeo da pigliatutto di Vienna. Pur rimanendo una delle migliori nuotatrici del circuito, a soli 24 anni viene considerata finita, o comunque in netta fase calante: in pochi pensano che possa tornare a vincere. Come Nowitzki, che contro ogni pronostico conquista nel 2011 con i suoi Mavs il titolo NBA spesso sfiorato, per citare un suo connazionale. Con la differenza che Franzi è veramente ancora una ragazzina, seppur con l’esperienza di una veterana e un bagaglio di avventure difficilmente accumulabile in un quarto di secolo.
Prima dell’Europeo, come primo passo per rispondere alle critiche e chiudere la querelle di Franzi Van Speck e della sua scarsa forma fisica, la tedesca posa in costume per una nota rivista di moda, con buona pace del Berliner Zeitung e dei suoi soprannomi.
Ma è nel suo habitat naturale, la piscina, che Franziska Van Almsick convince anche i più scettici sul fatto che, a prescindere da tutto, lei è una delle più grandi nuotatrici della storia. Dal 25 luglio al 4 agosto, durante la frizzante estate berlinese, va in scena un monologo della Van Almsick. Siamo nella piscina “Schwimm und Sprunghalle im Europasportpark”, vicino a Landsberger, nella ex Berlino Est. A due passi da dov’è cresciuta Franzi, tra i quartieri di Friedrischain e Prenzlauer Berg, un tempo poveri e arretrati, oggi al centro della gentrification berlinese, un po’ hipster e un po’ bohemienne, pieni di vita, ragazzi e nuove iniziative. Ok, ci stiamo ancora perdendo: torniamo alla piscina e all’impresa di Franziska Van Almsick.
Si potrebbe scrivere un intero reportage solo su quelle prestazioni: quattro, eccezionali prove di forza, con la quale si impone come miglior medagliata di quell’edizione. Sono solo del metallo più prezioso le medaglie che conquista Franzi.
La 4×100 e la 4×200 vengono dominate dalla Germania, che vince anche il medagliere con 16 ori (e 36 medaglie totali). Ma sono le gare singolari che tornano a incoronare Franziska Van Almsick come regina della velocità: nei 100 stile arriva prima con 54:39, 22 centesimi meglio della russa Martina Moravcova.
Nei 200 stile poi, il delfino di Berlino Est, prima ragazza prodigio, poi campionessa tramontata, torna a splendere e lo fa con una prestazione monstre, resa ancor più mitica dalla febbre e dai crampi allo stomaco che la attanagliano la mattina della gara. L’1:56:64 finale abbatte il record del mondo da lei stessa detenuto da quei Mondiali di Roma del 1994, quelli che, dopo la polemica del nono posto e della rinuncia della Hase, l’hanno fatta entrare nel pantheon delle migliori nuotatrici di sempre. Ma se nell’Olimpo del nuoto Franziska Van Almsick ha sempre saputo di meritare un posto, dagli Europei di Berlino 2002 la tedesca ha trovato finalmente spazio anche nel cuore della gente: la diva irraggiungibile e maledetta che diventa mujer del pueblo, come nelle migliori storie che solo lo sport sa raccontare. Il tricolore tedesco che svetta sopra al podio non ha mai avuto una rappresentante migliore.
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