A quanto pare, in una non meglio precisata Università della North Carolina, accade questo: un gruppo misto di uomini e donne è radunato per essere sottoposto a un test.
Per prima cosa si intendono misurare i livelli di ossitocina e cortisolo (entrambi ormoni) di ciascun partecipante, e a questo scopo i volontari sono dapprima isolati in una stanza singola; quindi il gruppo viene riunito.
A quel punto è chiesto sia agli uomini che alle donne di sedersi insieme e di rispondere alla domanda su cosa li renda particolarmente felici. In seguito guardano 5 minuti di un film romantico, si parlano l’un l’altro per dieci minuti e, infine, vengono invitati ad abbracciarsi per 20 secondi.
Lo scopo è quello di misurare nuovamente i livelli di ossitocina e cortisolo dopo questi scambi e il risultato finale è quello che conduce il gruppo di studiosi universitari all’elaborazione della seguente tesi: le donne traggono maggiore beneficio rispetto agli uomini nell’essere abbracciate. Il loro cuore sembra funzionare meglio.
Ora, dalla North Carolina, questa sensazionale scoperta rimbalza da lì a qualche giorno sul web. Ne parla persino la BBC.
Come spesso accade, la notizia – le cui fonti non sono neppure fino in fondo accertabili – senza indugi e approfondimenti, viene fagocitata da internet e numerosi portali, che si occupano di social media, la sfruttano per produrre video accattivanti e acchiappa click sotto l’egida di questo messaggio: “studi scientifici dimostrano che le donne devono essere abbracciate il più possibile!” O, ancora, “abbracciare le donne fa bene alla loro salute”.
Le immagini scelte per darvi voce sono quelle di donne di tutte le età strette nella morsa di un abbraccio caloroso da parte di uomini protettivi e forti, che le tirano al petto e le stringono a sé.
I numeri parlano chiaro: 2.534.024 condivisioni; 359.000 likes. 101.641.241 visualizzazioni e più di 235.000 commenti.
Il contenuto piace e viene condiviso un numero strabiliante di volte.
Così, nell’arco di poco tempo, arriva anche sulla scrivania della sottoscritta, che lavora presso una società tedesca che si occupa di editoria online.
A me, come agli altri team internazionali con cui lavoro, viene chiesto di occuparci della produzione di questo contenuto, traducendo, ciascuno nella propria lingua, il messaggio che vi è sotteso.
Siamo undici paesi differenti, tra cui America Latina, USA, Russia, Giappone, Corea del Sud e buona parte dell’Europa. La maggioranza di noi è composta da redattrici donne.
Le più sensibili, a costo di procurarsi l’appellativo di vetero femministe, sollevano dunque la questione che il contenuto, e il modo in cui si è scelto di presentarlo, sia sessista: invece che diffondere il messaggio che un abbraccio – e l’affettività in generale – possono contribuire a migliorare il benessere psicofisico di ciascuna persona, ci si concentra sulle donne, che vengono rappresentate, ancora una volta, come esseri particolarmente fragili e indifesi. Al pari di altri video che girano in rete, le donne sembrano dover evocare, nell’occhio di chi guarda, solo sentimenti di dolcezza e ingenuità, caratteristiche sicuramente proprie del femminile ma su cui ci si concentra in un modo esclusivo che finisce per degradarle: donne come cagnolini spauriti.
In un’epoca in cui la questione della diversità di genere si fa sempre più spinosa e complessa, e in un mondo in cui la donna è malauguratamente spesso ancora relegata in una condizione subalterna, un video e un messaggio di questo tipo vengono dunque inevitabilmente a rafforzare luoghi comuni che non aiutano in una battaglia già di per sé lunga e faticosa.
Il ruolo della donna, tacitamente, è ribadito come quello di una ripetuta subalternità.
Nella mia azienda si apre così un dibattito interno che non a caso è sostenuto con maggiore forza e argomentazioni soprattutto da quelle redattrici che provengono da paesi come il Brasile (e l’Italia anche non fa difetto) in cui la problematica è più sentita.
Gestiamo pagine di social network che ogni settimana raggiungono più di un milione di visualizzazioni e un video virale come questo, solo apparentemente innocuo, può invece facilmente diventare un ennesimo strumento di potere sociale nelle mani di una società già fortemente virilizzata, incline ad esasperare la distinzione tra un sesso forte e un sesso debole.
Alle nostre contestazioni, sulle prime viene replicato che, come dimostrano le statistiche, lo studio condotto dalla Università della North Carolina ha avuto molto successo e che la maggior parte delle persone che ha condiviso quel contenuto sono proprio le donne. Non a caso, anche nel nostro gruppo interno di redazione, non tutte si sono schierate allo stesso modo. In molte non hanno partecipato al dibattito o per paura di urtare le politiche aziendali, o per disinteresse o, ancora, perché non coglievano il punto di questa disquisizione e magari rientravano loro stesse in quella fetta di pubblico che avrebbe volentieri condiviso il contenuto.
Anche un esempio microscopico come questo, ben esemplifica come sia molto difficile toccare la questione della diversità di genere senza esporsi al rischio di essere tacciate di esagerazione o, ancora, passare per donne che in fondo hanno problemi con gli uomini. Rende evidente, inoltre, come il maschilismo sia prima di tutto un modello culturale e mentale, un modo di intendere e decifrare il rapporto tra le persone.
Le insidie sono in questo senso numerose e coinvolgono il linguaggio, i contenuti, le immagini e persino i fini ultimi di una “ricerca scientifica” come quella in questione che, almeno agli occhi della sottoscritta, rimangono ancora oggi oscuri.
La mia piccola vicenda personale si è comunque conclusa in modo parzialmente soddisfacente: a chi non lo riteneva un contenuto adeguato, è stata accordata la possibilità di non produrlo, né pubblicarlo. E così è andata.
Tuttavia, nel cammino per una civiltà più evoluta e libera, il problema persisterà finché non sarà maturata la consapevolezza che il superamento degli antichi pregiudizi di cui la donna è stata vittima – e in nome dei quali si è esercitato su di essa un dominio secolare – si possono superare solo a patto di non perpetuare la ripetizione di schemi inclini a dividere e polarizzare.
Gli abbracci, poi, fanno bene a tutti. Non è così?
Foto Copertina: CC0 Public Domain
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