Di cosa parliamo, quando parliamo di rifugiati?
La definizione di profugo, la definizione di migrante, la definizione di richiedente asilo, quali sono?
A giudicare dalla dialettica complessiva che si sviluppa su media e social network italiani, si tratta di un tema dibattuto, ma del quale, in realtà, si ha una conoscenza trasversalmente molto superficiale, dove “trasversalmente” significa che non sono il livello d’istruzione, l’età, la cultura generale, a costituire una discriminante rispetto alle informazioni che si possiedono su questo tema: si sa, a prescindere dalle proprie caratteristiche socioculturali, molto poco. Eppure, si tratta di una questione su cui praticamente chiunque ritiene di poter esprimere un’opinione.
Il cuore del problema, da questo punto di vista, sta nell’aver trasformato in”politico” un tema che invece politico non lo è, né dal punto di vista concettuale, né per quanto riguarda i numeri reali. È al massimo una situazione, quella degli arrivi di rifugiati e migranti in Europa, che va gestita dalla politica, il che è molto diverso dal definirla come “questione politica”.
La faccenda è piuttosto sociale, dove per “sociale” s’intende che non dovrebbe mai essere messa in discussione la necessità di accogliere ed aiutare esseri umani in fuga da guerre e povertà, ma al massimo discutere di come accoglierli, di come aiutarli, trovando dunque, come spiegato poco sopra, una soluzione politica a un tema sociale.
In un mondo normale, si dovrebbe dare per scontata l’accoglienza di esseri umani che scappano da un conflitto, da persecuzioni, da condizioni di indigenza e ragionare su cosa è necessario fare per gestire il fenomeno.
Di come migranti e rifugiati siano diventati capri espiatori di una crisi economica che invece non li riguarda per nulla, trascinati nel dibattito politico da formazioni come la Lega in Italia, il Fronte National in Francia, AfD in Germania (che in mancanza di piattaforme programmatiche serie e precise hanno come unica possibilità di costruire consenso quella di polarizzare l’elettorato attraverso un’insistita strategia che mischi populismo e nazionalismo) sarebbe opportuno dedicare un approfondimento a parte.
Adesso c’interessa però fare un po’ di ordine.
Il linguaggio dell’immigrazione: migrante, profugo, rifugiato, richiedente asilo
Cerchiamo qui di operare una distinzione relativa ai differenti termini che vengono utilizzati per riferirsi alle persone che, utilizzando la corrente terminologia mediatica, sono sbarcate in Europa dal 2011 ad oggi. Non dunque una categorizzazione semantica tout court, ma specificamente legata all’utilizzo di questi vocaboli in tale contesto.
Per migrante s’intende qualunque persona che decida di lasciare il proprio Paese non perché in pericolo di vita o per problemi di sussistenza, ma per ragioni economiche, dunque con l’intenzione di migliorare la propria posizione sociale.
Il termine migrante è oggi utilizzato in maniera contrapposta rispetto a quello di rifugiato, che indica invece un individuo in fuga dal proprio paese di origine perché vittima di persecuzioni, discriminazioni o, in linea generale, perché la propria incolumità è direttamente minacciata da guerre, conflitti o condizioni profondamente avverse.
I migranti, tenendo sempre bene a mente che stiamo qui parlando della definizione istituzionale del termine, non si muovono, dunque, a causa di una minaccia diretta di persecuzione o di morte, ma per trovare lavoro, per studiare, per riunirsi con la propria famiglia: un po’ come gli italiani che si trasferiscono in Germania. A differenza dei rifugiati, che non possono rimanere nei loro Paesi d’origine per ragioni di sicurezza e hanno bisogno di protezione, per i migranti non esistono rischi specifici che impediscano il ritorno: se decidono di tornare a casa, continueranno infatti a ricevere la protezione del loro governo.
Si tratta di un punto molto importante, perché tutta la legislazione internazionale in materia di protezione dei rifugiati e richiedenti asilo si sviluppa attorno alla definizione di un individuo in quanto migrante o rifugiato.
Il richiedente asilo (definizione purtroppo poco usata dai media italiani, cui spesso si sostituisce, inopportunamente, il termine clandestino) è un individuo che, sulla base della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, presenta, fuori dal proprio Paese e dunque in uno Stato terzo, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato. In parole povere, la definizione di richiedente asilo comprende tutte le persone che “sbarcano” sul nostro territorio e il cui status giuridico (rifugiato o migrante economico?) viene poi valutato dagli organismi istituzionali predisposti.
Un profugo, tenendo come riferimento la definizione del dizionario Treccani, è una “persona costretta ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi come eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni.
Dal latino profŭgus, derivato di profugĕre «cercare scampo».”
La Convenzione di Dublino
La Convenzione di Dublino è il cardine della politica europea in materia di diritto di asilo, in quanto determina quale paese sia competente per l’esame di una richiesta d’asilo presentata sul territorio UE.
Istituito nel 1990 e passato attraverso varie modifiche (l’ultima datata 2013) la Convenzione sancisce che sia lo Stato in cui il richiedente asilo ha fatto il proprio ingresso nell’Unione europea ad essere l’unico e solo responsabile competente all’esame della domanda d’asilo. L’obiettivo della Convenzione è quello di impedire ai richiedenti di presentare più domande in differenti Stati membri, ma il risultato effettivo del trattato è stato quello di mettere grande pressione sui Paesi di confine.
Quanti richiedenti asilo, migranti e rifugiati ci sono in Italia?
Secondo le fonti del ministero dell’Interno e i dati UNCHR, i richiedenti asilo in Italia dal 1 gennaio al 31 luglio 2017 sono stati 95.074.
Nel 2016 sono arrivati nel nostro paese, complessivamente, circa 180.000 persone, un numero record e mai registrato in precedenza.
Il governo italiano ha respinto, sia nel 2016 che nei primi sette mesi del 2017, circa il 60% delle richieste di asilo presentate.
Il numero dei minori non accompagnati richiedenti asilo e sbarcati in Italia nel 2016 e in questo 2017 costituisce circa il 20% del totale degli arrivi.
I dati UNHCR rivelano che in questo momento l’Italia ospita 147.370 rifugiati e 99,921 richiedenti asilo. Il numero relativo ai rifugiati è pari a 2,4 rifugiati ogni 1000 abitanti, una media fra le più basse d’Europa; in Svezia sono 23 ogni 1000 abitanti, in Germania 8 ogni 1000 abitanti, in Serbia 4,2 ogni 1000 abitanti, solo per fare qualche esempio. Uscendo dalla UE, il distacco si fa ben più ampio: in Libano i rifugiati sono oltre 208 ogni 1000 abitanti, in Giordania 232.
La Germania, offre protezione a 669.482 rifugiati e 587.346 richiedenti asilo. In totale, fra il 2015 e il 2017 il governo tedesco ha ricevuto oltre un 1,5 milioni di richieste di asilo.
La sola città di Istanbul, in Turchia, ospita, ad oggi, 484.810 rifugiati.
Quante persone muoiono cercando di raggiungere l’Italia?
Nei primi 7 mesi del 2017, secondo le stime, inevitabilmente al ribasso, di IOM, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sono morte nel Mediterraneo 1.500 persone. Nel 2016 sono 5.022 gli uomini, le donne ed i bambini rimasti uccisi nel tentativo di raggiungere via mare l’Europa.
In totale, dal 2011 ad oggi, sono 30.000 le persone decedute durante la traversata fra la Libia e le coste europee. Almeno 6.000 di questi morti erano bambini al di sotto dei 10 anni.
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