AVVERTENZA – Questo non è un articolo tecnico e qui non si leggeranno recensioni: chi scrive non è un critico cinematografico.
Definiamo innanzitutto cosa s’intende per “film d’amore”. Per noi sono le storie in cui il sentimento trascina il senso della narrazione, i racconti in cui è la parte emotiva del rapporto, a divenire centro e fulcro dell’azione e di ciò che, cinematograficamente, gli sta intorno: insomma, tutto ciò in cui l’affetto viene raccontato. Mettere in scena quindi l’amore, senza compromessi superficiali, lasciando perdere stereotipi e adolescenti romani, lontano da Santorini, dalle tragedie a orologeria, dal lieto fine sempre e per forza. Non è un genere semplice questo: scadere nel romanzo rosa è a portata di mano. E invece si può andare oltre. Oltre i pianti e i lunghi capelli biondi, oltre le conversazioni alla moda e i dubbi alla Genitori in Blue e Jeans. Via i pregiudizi di genere e anche quelli di stile: sì, è possibile narrare una storia d’amore facendo grande cinema.
6 film, 6 innamoramenti. Ma non finisce sempre bene.
PARIS, TEXAS (1984) – di Wim Wenders
Una protagonista seducente, di cui si scrutano a piccoli pezzi le sottili debolezze, che resta sullo sfondo e ne sentiamo parlare tutto il tempo, ma di sfuggita: diventa subito chiaro che forse non la raggiungeremo mai. Un uomo disperato e silenzioso, che sembra incomprensibile nelle sue azioni, e invece non lo è: tutto ha un senso. Wim Wenders porta il suo sguardo dentro gli spazi incontenibili dell’Est statunitense e costruisce un piccolo capolavoro di luci e sensazioni. Harry Dean Stanton poi, puoi starlo a guardare per ore, mentre Nastassja Kinski appare e scompare e invece vorresti non finisse più.
SUNSET BOULEVARD (1950) – di Billy Wilder
L’amore per se stessi, per quello che si era e non si è più, per il ricordo del tempo passato. L’amore disturbante, doloroso, folle, che non lascia spazio alla ragione e si avvoltola attorno ai binari morti di un abbandono inevitabile. Provateci voi a non lasciarvi prendere dalla recitazione sconvolgente di Gloria Swanson, dal realismo inquieto della regia di Wilder, dalle scenografie oscure di un palazzo che si chiude sopra i protagonisti e lascia ovunque un alone di irrisolutezza difficile da sconfiggere.
MILLENNIUM MAMBO (2001) – di Hou Hsiao-hsien
Una ragazza bellissima (Shu Qi) cammina lentamente dentro un tunnel. Ogni tanto si volta a guardarci. È notte, una notte blu scuro, una notte di luci al neon e traffico e fumo terso. C’è una voce in sottofondo, a raccontarci una storia. È la voce della ragazza bellissima che non possiamo smettere di guardare. Sono passati quasi due minuti, adesso dal tunnel siamo passati a delle scale. Le scendiamo, velocemente ma con un montaggio al rallenty. In fondo tutto finisce in un’illuminazione nebbiosa. Eccoci, siamo arrivati e questo è uno degli inizi più belli del cinema contemporaneo. Il resto, invece, è una storia d’amore raccontata da una prospettiva sorprendente, che ci trascina dentro.
OSSESSIONE (1943) – di Luchino Visconti
L’umanità vera, scarna, impaurita. Le facce quotidiane dei sentimenti e delle preoccupazioni. Lo stile netto, pulito, rigido. Qui le pulsioni sono reali: si prende ciò che si desidera e poi si paga il conto. Si resta vittime della passione e dell’animalità istintiva dell’amore. Visconti porta il neorealismo nel territorio delle emozioni pure, senza filtri. Andiamo dentro le periferie, vediamo le facce della fatica quotidiana: il coraggio lucido di descrivere il proprio tempo.
ODGROBADOGROBA (2005) – di Jan Cvitkovic
No, non è un film balcanico, almeno non nel senso in cui si intende “balcanico” nel cinema contemporaneo. Questo è un film sloveno e se è vero che conserva i ritmi e le tendenze surreali tipici di una moda d’immagine inaugurata da Kusturica, vira poi verso una schiettezza nera che distorce i toni da commedia e ci porta a ragionare. Si riflette, con riso amaro, sull’incomunicabilità dell’amore e su come a volte sia così difficile far coincidere le proprie emozioni con i momenti degli altri.
ENOUGH SAID (2013) – di Nicole Holofcener
In mezzo a tante proposte “angolate” ci teniamo a inserire anche un film che per struttura narrativa, recitazione e idee è lineare e semplice. Qui si dimostra definitivamente come si possa fare una pellicola d’amore senza girarci tanto intorno, eppure mantenendo un approccio limpido e intelligente. James Gandolfini lo vorresti abbracciare forte, sempre. L’amore nella provincia americana è uguale a quello di ogni altra parte del mondo.
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