Quando Katarina Witt partecipa alle Olimpiadi Invernali del 1984, vincendo, nel pattinaggio di figura, uno dei nove ori collezionati in quella edizione dalla Germania Est, Tonya Harding ha appena quattordici anni. È da considerare altamente improbabile che quest’ultima si trovi di fronte alla televisione a sognare un futuro simile per se stessa, nel momento in cui Katarina, nel suo vestito rosa, poggia la lama del pattino sul ghiaccio, durante quella competizione.
Totalmente impossibile, invece, è che una delle due possa anche solo immaginare che, di lì a dieci anni, la pista di Lillehammer, dove si svolgeranno le Olimpiadi Invernali del 1994 sarà segnata in lungo e in largo dalle sottili lame dei pattini di entrambe. E non solo. La Witt, sarà allora sul finire della sua carriera agonistica, arriverà settima e gareggerà sotto i colori di una Germania finalmente riunificata.
Anche la Harding si troverà, in quella occasione, a sua insaputa, alla fine di una carriera agonistica troppo breve e si esibirà con una prestazione deludente conquistando solo un ottavo posto. E, soprattutto, sarà immischiata nel crimine commesso ai danni della sua diretta avversaria, Nancy Kerrigan, aggredita dopo una sessione di allenamento ai Campionati Nazionali dello stesso anno.
Ma facciamo un necessario passo indietro, perché se il nome di Tonya Harding è tornato alla ribalta dopo la recente uscita del film Tonya diretto da Craig Gillespie e incentrato sulla vita della pattinatrice, quello della sua collega Katarina Witt potrebbe non essere così scontato.
Katarina nasce nel 1965 a Staaken appena fuori Berlino, nel territorio dell’allora DDR. Il che dal punto di vista della sua carriera sportiva è indubbiamente da considerare una fortuna. La ragazza, infatti, ha la possibilità di imparare e allenarsi per il pattinaggio artistico su ghiaccio gratuitamente e di frequentare la Kinder- und Jugendsportschule di Karl-Marx-Stadt, ora Chemnitz, di fatto esercitandosi quasi sette ore al giorno, sei giorni a settimana. La sua vita gira tutta intorno ad un unico obiettivo: diventare la miglior atleta al mondo nella sua disciplina. Ed effettivamente Katarina riesce nell’impresa. Nel suo palmares troviamo due medaglie d’oro olimpiche, quattro titoli mondiali e sei vittorie agli europei, tutti conquistati tra il 1983 e il 1988.
In una serie di interviste rilasciate negli anni, la Witt ha avuto modo di raccontare le due facce, in completa antitesi, dell’influenza del regime sulla sua carriera. Da un lato, l’atleta gioiello viene coccolata e sospinta da un governo che, in piena Guerra Fredda, punta moltissimo sulle vittorie sportive per esaltare la sua forza agli occhi degli avversari politici. Dall’altro, però, la pressione che subisce perché conquisti la medaglia è davvero fortissima, sotto la minaccia di perdere quello che, in quegli anni, era sicuramente uno dei privilegi più difficili da ottenere, e per questo più desiderati dai cittadini della DDR: la possibilità di viaggiare e visitare Paesi fuori dal blocco sovietico. La Witt è osservata speciale della Stasi fin dall’età di nove anni. Negli archivi dell’epoca è stato ritrovato un fascicolo sull’atleta di circa 180 pagine. Il suo compagno di squadra Ingo Steuer, ha apertamente dichiarato, in un documentario del 2013 prodotto da ESPN, di essere stato una delle spie incaricate di tenere sott’occhio la Witt. Nel commentare a posteriori la vittoria alle Olimpiadi Invernali del 1988, Katarina, ha rivelato come la conquista della medaglia d’oro le era stata posta come condizione sine qua non per mantenere addirittura la possibilità di proseguire nello sport. Non un argento, ma una prestazione senza sbavature che potesse far scintillare la Germania Est agli occhi di tutto il mondo. Riuscirà nell’impresa, posizionandosi prima, seguita dalla canadese Manley e dalla sua storica avversaria, Debi Thomas, che era riuscita a strapparle l’oro ai Campionati Mondiali di Ginevra, appena due anni prima. Così come, alla fine, riuscirà nel suo intento la Germania Est, che arriverà al secondo posto nel medagliere, a sole quattro medaglie di distanza dai Russi, staccando di misura tutti gli altri Paesi partecipanti. E sarà proprio quella medaglia che le aprirà le porte degli Stati Uniti dove inizierà una tournée di tre anni insieme al campione olimpico statunitense di pattinaggio artistico, Brian Boitano, privilegio davvero raro per gli atleti della Germania Est, con uno spettacolo talmente apprezzato che farà il tutto esaurito al Madison Square Garden di New York.
Ma la storia della “Atleta femminile dell’anno della DDR”, come nel 1984 viene votata dai lettori dello Junge Welt, non finisce con la caduta del Muro.
Nel 1994 infatti la Witt partecipa ai Giochi Olimpici invernali gareggiando sotto i colori della Germania riunificata e arrivando al settimo posto, esibendosi, nel programma libero, sulle note di Sag mir wo die Blumen stehen, come messaggio di pace per la popolazione di Sarajevo, dove aveva conseguito la sua prima vittoria olimpica, colpita in quegli anni dalla guerra.
Insomma, anche a voler cercare una sbavatura nella vita di questa atleta straordinaria, bisogna arrendersi all’evidenza: Katarina Witt non sembra appartenere a questo mondo.
Katarina Witt è l’atleta che, se solo fosse stato possibile, probabilmente la federazione americana avrebbe voluto con tutte le forze per rappresentare il Paese alle Olimpiadi del 1994. Ciò che ebbe invece la federazione americana fu Tonya Harding.
Tonya nasce a Portland nel 1970, in una famiglia disastrata. Da bambina subisce abuso fisico e psicologico dalla madre, e appena possibile va a vivere con Jeff Gillooly, il suo compagno di sempre, con il quale si sposa e sul quale poi penderanno una serie di ordinanze restrittive per aver ripetutamente picchiato e praticato violenza sulla moglie. È la madre, dispotica e crudele, a trascinare la bimbetta di appena quattro anni nel campo di allenamento di Portland, vedendo in lei ciò che solo una madre può vedere nella figlia, per quanto snaturata possa essere: una campionessa. L’ascesa di Tonya comincia ed ha il suo climax nel 1991, quando ai Campionati nazionali statunitensi esegue il suo primo triplo axel e vince il titolo con il 6.0 ottenuto nel punteggio tecnico. Il triplo axel è probabilmente il gesto atletico più complesso e interessante dal punto di vista della fisica del pattinaggio artistico su ghiaccio, e al tempo era stato eseguito, durante una competizione, solo da un’altra donna, la giapponese Midori Ito.
Eppure dopo il 1991 la vita difficile e dissoluta condotta dalla Harding, unita ad una generale diffidenza nei suoi confronti da parte dei giudici delle varie competizioni, specialmente americane, la portano ad un periodo di prestazioni deludenti, e ad una serie di posizionamenti fuori podio, che soprattutto fanno sì che Tonya rischi di non partecipare alle Olimpiadi del 1994. “Non sei l’immagine che vogliamo per il nostro sport. Noi vogliamo qualcuno che rappresenti una normale famiglia americana” le rivela uno dei giudici di gara da lei interpellato per una richiesta di spiegazioni circa i punteggi bassi ricevuti in una competizione.
Non basta il triple axle perché l’immagine della campionessa rimanga cucita addosso a Tonya.
Nel novembre del 1993, la Harding dichiara di aver ricevuto una lettera minatoria che la costringe a lasciare la competizione alla quale stava partecipando. Il problema delle minacce alle pattinatrici non era purtroppo una novità in questo mondo, tanto che la stessa Katarina Witt, ne fu vittima per anni. Nel dicembre del 1991 Harry Veltman III, accusato di averle inviato lettere minatorie e di averla stalkerata per anni, venne preso in custodia dall’FBI, il giorno precedente all’esibizione della Witt al Forum di Inglewood, e successivamente condannato a trentasette mesi di carcere e tre anni di libertà vigilata. È da questo clima quindi che parte l’idea dell’ex-marito della Harding e della sua guardia del corpo che, nel gennaio del 1994, organizzano un’aggressione ai danni della diretta concorrente della Harding, Nancy Kerrigan, con l’idea di facilitarne la partecipazione ai Campionati Nazionali Statunitensi, prima, e alle Olimpiadi Invernali, poi, fatto che invece rappresenterà il definitivo declino della carriera agonistica dell’atleta nel pattinaggio sul ghiaccio.
Nonostante il danno subìto dall’aggressione, la Kerrigan parteciperà alle Olimpiadi, e così farà anche la Harding, il cui possibile coinvolgimento nell’attacco non è ancora saltato fuori. Evidentemente però, in qualche modo, il destino rimette le cose al loro posto e, subito prima dell’esibizione della Harding, il laccio di uno dei suoi pattini si rompe. La ragazza tenta lo stesso di iniziare l’esercizio ma dopo poco si ferma e, in lacrime, si rivolge alla giuria, spiegando cos’è accaduto e chiedendo di ripetere l’esercizio. La giuria le concede questa possibilità, ma ormai la concentrazione della Harding è scivolata via, su un altro pianeta. Tonya finirà in ottava posizione, appena dietro la Witt.
In definitiva, quindi, il palmares di Tonya Harding si riduce ad un secondo posto ai Campionati del Mondo del 1991 e ad un oro ai Campionati Nazionali dello stesso anno. L’altra medaglia d’oro, quella vinta nel 1994 ai Campionati Nazionali le viene revocata a seguito del suo coinvolgimento nell’aggressione alla Kerrigan.
In un’intervista al New York Times del 1994, dal titolo At dinner with: Katarina Witt, firmata dal giornalista Ira Berkow, Katarina interpellata circa i recenti avvenimenti delle Olimpiadi Invernali di Lillehammer, dichiara: “Non potevo crederci quando Tonya Harding ha fatto l’appello in lacrime per i suoi lacci. Ho pensato, ‘Ragazza, datti una svegliata’. Non ero solidale con lei. Ha avuto già tre o quattro incidenti in competizione, in cui le si è rotto qualcosa: una lama, un vestito, qualcosa. So che ha avuto una vita difficile, ma molte persone hanno avuto una vita dura. Io sono cresciuta in un paese che non era libero. Spero che venga circondata da persone a cui importa di lei e che la aiutino a crearsi un nuovo ambiente”. Dopo la fine della carriera agonistica, le strade di Harding e Witt, che pure così brevemente si erano incrociate, si dividono inesorabilmente.
Nella sopracitata intervista, la Witt, alla domanda postale dal giornalista circa il tipo di uomo che le interessa, risponde: “Vorrei un uomo con cui condividere tutto, che sia onesto, affidabile, divertente. Non deve essere un macho, aggiunge, mi piace un uomo che abbia le sue debolezze, che sappia piangere.” La Witt ricevette una corte sfrenata da Alberto Tomba e, si mormora, anche dell’attuale presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Nel 1998 posa nuda per Playboy. Il numero fa il tutto esaurito, per la seconda volta nella storia della rivista. La prima quando ad essere fotografata fu Marilyn Monroe.
Katarina Witt vanta anche una serie di apparizioni, più o meno importanti, in film e serie televisive. Dopo aver vinto un Emmy nel 1990 per aver recitato nel film Carmen on Ice, ottiene una parte anche nel film Ronin con Robert De Niro, del 1998. La Witt non si è mai sposata né ha avuto figli e da qualche anno ha fondato un’associazione, la Katarina Witt Foundation, per la cura di bambini e giovani con disabilità.
Cosa ne è stato della Harding invece? Tonya ha dovuto affrontare per buona parte della sua vita post-agonistica lo spettro di una relazione tossica e di un’infanzia difficile, fatta di violenza e vessazioni.
Deve liberarsi della figura di Jeff Gillooly che durante gli anni di matrimonio l’ha picchiata (e che lei ha a sua volta impallinato sparandogli con un fucile durante una lite), che ha venduto ai tabloid un loro video hard, con la Harding vestita da sposa, e che ha portato al fallimento la sua carriera di pattinatrice. Sposa il secondo marito Michael Smith nel 1995, dal quale divorzia l’anno successivo e poi, nel 2010, Joseph Price, con il quale ha avuto un figlio nel 2011. La Harding si è anche riproposta al mondo dello sport come pugile nel 2003, con il soprannome di Bad Girl, con un totale di tre vittorie e tre sconfitte. È apparsa inoltre durante uno show di wrestling professionista dell’AAA come manager della stable dei Los Gringos Locos, ed ha tentato una breve carriera musicale esibendosi con scarso successo con la sua band, i Golden Blades, nel 1995 a Portland. Anche Tonya, come Katarina, ha avuto una parentesi come attrice, recitando nel film d’azione a basso costo Breakaway. Il 29 ottobre del 1996 salva un uomo di 81 anni praticandogli la respirazione bocca a bocca, dopo che questo era crollato in un bar mentre giocava a video poker.
Ad oggi, Katarina Witt, star apprezzata e famosa in tutta la Germania, prosegue con le numerose partecipazioni televisive – è di questi giorni una sua intervista per Bild al segretario della FDP Christian Lindner.
Tonya Harding invece al momento è impegnata nella partecipazione alla 26ma edizione del programma televisivo Dancing with the stars, dove purtroppo porta con se l’ingombrante storia che pare non riesca a scrollarsi di dosso, come ci tiene a ricordare il suo avversario Adam Rippon, in una recente intervista in cui ricorda le spiacevoli circostanze che hanno visto la sua carriera crollare e che l’hanno vista bandita dalle gare di pattinaggio artistico sul ghiaccio.
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