C’è una cosa importante da sapere prima di qualsiasi altra su Baden-Baden. Se vivi a Berlino, è lontana. Tanto lontana. Tipo 709 chilometri, come da Roma a Torino. Ed è difficile da raggiungere: l’aeroporto più economico è a Stoccarda, ma comunque il biglietto devi comprarlo diverso tempo prima, prendere un Flixbus neanche parlarne, quindici ore di viaggio, il treno no, costa troppo, la città ha un proprio aeroporto ma, se partendo dall’Italia è conveniente, da Berlino invece è piuttosto caro.
Però io tutto ciò non lo sapevo quando mi hanno proposto di visitarla. Per questo, all’andata, mi sono ritrovata a prenotare all’ultimo secondo un passaggio in BlaBlaCar con partenza alle quattro di un lunedì mattina. Passeggeri: io, Abdou, Omid, Ghafran e Petru. Tutte persone che dalle foto sembravano avere intenzioni non migliori dei vicini di Erba.
Mi presento all’appuntamento dopo due notti insonni, con uno zaino preparato a fantasia e il solo obiettivo di sopravvivere fino a meta raggiunta. Mi siedo dietro con il proposito di dormire ma, a parte la scomodità, c’è Petru che crede di aver trovato in me un piacevole intrattenimento di viaggio e inizia un torrone chilometrico sui bitcoin, che è una moneta elettronica mi sembra di capire. Vuole convincermi a comprarne. Io capisco pochissimo del suo tedesco, ma probabilmente capirei poco anche in italiano dato che l’argomento mi interessa meno del numero di scarpe del mio vicino di casa. Gli continuo a dire che il mio tedesco non è molto buono, ma lui va avanti come un treno. Anche i suoi compari sembrano tremendamente annoiati da questa solfa soporifera. Ogni tanto sbuffano e Abdou alza la radio a volumi che rendono la comunicazione impossibile. Alla fine Petru capisce che non mi convincerà mai, ma capisce anche che scrivo per un giornale, allora la sua nuova missione diventa commissionarmi un articolo sui maledettissimi bitcoin. Esasperata, ad un certo punto nei pressi di Würzburg, gli dico di sì, che lo scriverò. Quando lui mi chiede se lo farò in tedesco, mi viene il serio dubbio che mi stia prendendo in giro da ore.
I miei nuovi amici mi lasciano a Mannheim e da lì devo prendere due treni e un autobus per arrivare a destinazione.
Dopo appena dodici ore di viaggio, finalmente raggiungo Baden-Baden.
La città è un gioiello. È immacolata, composta di edifici bianchissimi che hanno lo stampo dell’eleganza francese, le persone trasudano classe, le donne sembrano tutte ballerine e gli uomini tutti agenti di borsa, sono sicura che profumino come le violette in primavera, o le banconote appena stampate.
Io invece sembro uscita da una puntata di The Walking Dead.
Mi siedo su una panchina a mangiare un panino al tonno che mi sbrodolo sulla maglietta e un bambino di fronte a me mi fissa con quell’espressione di repulsione e fascino che si assume quando si vede qualcosa di brutto e non si è capaci di distogliere lo sguardo. Lascio il panino a metà perché mi vergogno un po’e vado in albergo.
Baden-Baden è tutta una salita e una discesa e l’Hotel Magnetberg si trova in cima ad una ripida. Offre una bella vista sulla città, è pulitissimo, luminoso e ordinato. Mi accoglie personalmente il gestore, il quale in modo molto educato ignora le condizioni in cui riverso e mi spiega tutto ciò che c’è da spiegare. Tragitti, attrazioni, regole dell’albergo e via dicendo. In camera mi butto immediatamente sotto alla doccia e mi faccio una dormita di quattro ore, per arrivare fresca fresca al mio appuntamento della sera: la visita al casinò.
Il gioco d’azzardo ha una lunga storia a Baden-Baden. Agli inizi del diciannovesimo secolo la città stava lentamente diventando una delle mete preferite dell’aristocrazia europea per le vacanze estive, tanto da guadagnarsi il soprannome di Sommerkapital von Europa. I nobili, attirati dalle acque termali, si intrattenevano nella Promenadehaus dove, nonostante ai tempi fosse proibito, giravano scommesse sotto gli sguardi volutamente distratti delle autorità. I soldi iniziarono così ad affluire copiosi e la Promenadehaus venne ampliata trasformandosi nella Kurhaus, edificio oggi simbolico di Baden-Baden con le sue otto colonne corinzie che ne adornano gli esterni. Dentro si ballava e fuori si giocava d’azzardo.
La vera fortuna di Baden-Baden iniziò però nel 1838, quando il re Luigi Filippo d’Orleans proibì il gioco in Francia. Per la vicina Germania questo significò l’arrivo di nuovi aristocratici e nuovi capitali che arricchirono le località di villeggiatura e le fecero fiorire architettonicamente. Prima fra tutte, la confinante Baden-Baden, il cui casinò, incorporato nella Kurhaus, divenne la meta principale della borghesia europea, specialmente quella russa. Dostoevskij, ad esempio, vi perse tutta la sua fortuna, e scrisse Il Giocatore ispirandosi proprio a Baden-Baden.
Io non ho una grande fortuna da perdere come ce l’aveva Dostoevskij, ma quei pochi soldi che ho me li vorrei tenere stretti e conosco la mia scarsissima capacità di mantenere il controllo. Quindi mentre mi preparo prendo la ferma decisione di giocare solo 10 euro e di stare ad almeno 10 metri di distanza dal bar. Il dress code prevede di indossare qualcosa di elegante-casual. Io frugo nel mio zaino preparato in condizioni mentali non ottime e noto con piacere di avere solo un paio di jeans già messi qualche volta e due canottiere da 3 euro di tezenis. In compenso, però, trovo anche il pupazzetto che di solito tengo vicino all’armadio, perché ogni tanto sbronza-me fa degli scherzi a sobria-me (sì, questo è quello che accade quando ci si abitua a stare da soli per tanto tempo). Mi faccio una risata ed esco provando almeno ad imitare la postura di quelle signore chic che ho visto nel pomeriggio. In fondo, è l’attitudine quella che conta.
Appena entro al casinò – e non esagero – devo trattenere il fiato. È opulento, magnificente, fastoso, e un’altra manciata degli aggettivi più altisonanti che vi vengono in mente. È ancora conservato allo stato originale. Ogni salone ha un nome ed uno stile diversi: la sala rossa è ispirata a Fontainebleau e Versailles, la sala d’inverno ha un intenso sapore orientale, la sala fiorentina, che era usata anche per i concerti d’orchestra riservati all’alta società, ha un’aria tutta italiana. Era chiamata anche sala dalle mille candele, perché mille candele illuminavano l’ambiente e dovevano essere cambiate tre volte al giorno dalla servitù.
Essendo un lunedì sera non c’è molta gente. I tavoli più affollati sono quelli del poker, dove uomini – ma soprattutto ragazzi sui 25 anni – mantengono espressioni impassibili nel loro completo nero giacca e cravatta. Io mi aggiro spaesata per un po’, accecata da quei lampadari maestosi e insicura su dove giocare. Passeggio di stanza in stanza, accarezzo le tende pensando che sono le stesse che forse una principessa russa ha accarezzato duecento anni fa, ammiro i dipinti e gli affreschi, mi immagino i balli e gli scandali, gli uomini che fumano la pipa e le donne che si si sistemano le balze dei loro gonfissimi vestiti. Ad un certo punto un signore mi si avvicina e mi offre un drink, mettendomi di fronte ad un dilemma etico tremendo. Io ho poche regole morali che governano la mia vita, e una di queste è di accettare sempre drink dagli sconosciuti. Oggi, però mi sono promessa di non toccare alcool. Dopo un attimo di confusione paralizzante decido che la legge generale prevale su quella particolare e accetto. L’uomo mi porta il mio drink e io mi sento in obbligo di fare conversazione. Qui mi viene un’idea che al momento mi sembra brillante: l’ambiente è adatto per tirare fuori l’argomento dei bitcoin di Petru. Chiedo all’uomo se ne abbia mai sentito parlare, quasi certa che sia un esperto, invece lui sta sul vago e mi chiede spiegazioni. Mi sento un po’ come Aldo negli sketch di Aldo Giovanni e Giacomo mentre provo a dire qualcosa di sensato e non ci riesco. L’uomo è evidentemente annoiato, infatti presto se ne va con una scusa. Non ho mai visto nessuno così poco impressionato da quello che ho da dire in vita mia.
Per tirarmi su il morale dopo questo magro esordio nell’alta società di Baden-Baden vado a giocare i miei miseri 10 euro. Ci sono 2 roulette francesi, 2 roulette americane, 5 tavoli di blackjack e 3 o 4 tavoli di texas holdem (gli incassi maggiori arrivano però dalle slot machine che si trovano in una zona separata nel seminterrato). Mi ispira il blackjack, ma appena arrivo un ragazzo punta 500 euro come niente fosse e mi fa venire un piccolo infarto. Rimuginando sulle mie scelte di vita decido infine per la roulette americana, perché le regole sono facili e mi sembra di riuscire a capire quello che succede ai tavoli. La puntata minima è 2 euro, gioco 5 euro su due numeri vicini, 13 e 14. Perdo. Allora rischio un po’meno e gioco gli altri 5 sulla terza dozzina. Perdo di nuovo. Inizio a sentire una voce maligna che mi sussurra all’orecchio “Cambia altri soldi, dai, cambiane altri, recupera quello che hai perso”, allora scappo velocemente prima di indebitarmi per sempre.
Il secondo giorno ho in programma una visita guidata alla città organizzata dall’Ufficio del turismo. Valeria mi accoglie alla reception, è piemontese ma vive in Germania da una ventina d’anni, di cui 15 a Baden-Baden. Mi spiega che Baden-Baden fu fondata dai romani, attirati dalle fonti di acqua calda dell’insediamento, e fu una delle poche città tedesche a non venire distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale grazie ad un accordo dei francesi (che avevano là un quartier generale) con gli americani. Poco importa però, perché venne messa a fuoco nel 1600, quindi molti degli edifici non sono quelli originali. Valeria è molto orgogliosa della sua città, si vede e me ne trasmette la passione. Ci tiene a sottolineare come Baden-Baden non sia solo un’elegante meta di villeggiatura dal sapore belle époque, ma anche una comunità proiettata nel futuro che ospita eventi politicamente rilevanti, come il G20 che si è tenuto a marzo, ed organizza esibizioni all’avanguardia, come quella di Rodney Graham che andrò a vedere l’indomani.
Il centro città si gira tranquillamente tutto a piedi ed è un piacere farlo, è uno stacco netto da Berlino e dalla sua essenza caotica, sempre in movimento, che non riesci a raggiungere mai. Baden-Baden invece ha un’anima tranquilla che si lascia addomesticare, tesa fra un passato romantico e un futuro moderno, stesa sul verde dei suoi parchi curatissimi e accomodata nei salotti delle sue ville raffinate. Se Berlino è povera ma sexy, Baden-Baden è regale ma accogliente.
Nel centro storico vediamo la casa dove visse Dostoevskij, il museo Fabergé che testimonia il legame del luogo con la Russia, possiamo ammirare i dettagli architettonici francesi nelle abitazioni, ad esempio nelle decorazioni dei balconi, e guardare le vetrine dei negozi di lusso sulla Sophienallee. Nella Römerplatz c’è una fontanella da dove sgorga l’acqua termale e là si possono visitare le rovine romane (Valeria onestamente mi dice che per un italiano non ne vale molto la pena, quindi non lo faccio).
Arriviamo poi alle terme, la vera attrazione della città da secoli.
Ci sono due stabilimenti termali a Baden-Baden, completamente diversi l’uno dall’altro. Le terme di Caracalla sono alimentate da 12 fonti termali e comprendono, oltre alle piscine al chiuso e all’aperto con acqua dai 18 ai 38 gradi, anche la sauna romana. Ci si può rilassare e disporre del tempo come si desidera, alternando il nuoto alla sauna e i massaggi al sole. Io ci trascorro il pomeriggio, un pomeriggio caldissimo, come ce ne sono tanti in questa zona che offre il clima più temperato della Germania. L’ambiente all’interno è estremamente rilassante: le luci soffuse, i colori opachi dei marmi e i fumi dei vapori mi accompagnano immediatamente in un luogo morbido e accomodante, mettendomi in uno stato mentale meditativo. All’esterno invece il clima è più gioviale, con alcuni bambini che giocano e il sole che batte forte sulla piscina, risvegliando i sensi e l’attenzione. Le saune si trovano al piano superiore, dove si può accedere solo senza costume da bagno. Ce ne sono di vari tipi e temperature, quelle che preferisco si trovano all’esterno in una specie di boschetto, dentro a piccole casette che sembrano baite di montagna.
Il Friedrichsbad, le terme romano-irlandesi, offre invece un altro tipo di intrattenimento, ovvero un percorso attraverso 16 stanze che dura circa tre ore e comprende docce, saune, massaggi, e infine anche una sala da the. Mark Twain ne era un grande estimatore, al punto di affermare al termine di una sua visita che “Qui al Friedrichsbad, dopo dieci minuti vi dimenticate del tempo e dopo venti minuti del mondo”.
Mentre con Valeria percorriamo la Lichtentaler Allee parliamo di come per alcune persone sia indispensabile cambiare, viaggiare, vedere il mondo, a costo di farlo da sole. Di come ci si abitui a spostarsi senza compagnia e come diventi più facile mano a mano che lo si fa. Intanto di fianco a noi scorre il fiume Oos e le ville di lusso e i musei si alternano agli hotel a cinque stelle, tra i quali quello inimmaginabilmente sfarzoso del Dr Oetker (tradotto in italiano Cameo), il tutto immerso in un verde che è così intenso da dare quasi il mal di testa. Raggiungiamo la Festspielhaus, il secondo teatro dell’opera più grande in Germania, e la chiesa russa ortodossa – altro simbolo del legame della città con la Russia – vediamo il Castello Vecchio e quello Nuovo che dominano la città dall’alto, infine Valeria mi accompagna alla funicolare che prenderò per salire fino al Merkurberg, il quale offre una splendida vista sul Reno, la Foresta Nera e la Francia.
Il monte è alto 668 metri e si può raggiungere anche a piedi seguendo dei percorsi appositi, il viaggio in funicolare, invece, dura appena cinque minuti. Il nome del monte deriva dal dio romano Mercurio, al quale è consacrata una pietra votiva ritrovata sulla cima, risalente al Sedicesimo secolo. Se siete stati in nord Italia in montagna a fare escursioni, potete immaginare il tipo di paesaggio e di vegetazione che si trova in questa zona: sempreverdi, aghifogli e arbusti contornano i sentieri che si snodano fino ai rifugi nel bosco o nelle radure. Dove sono cresciuta, in Trentino, ci sono percorsi molto simili. Sulla cima c’è una torre dalla quale si può ammirare il paesaggio spaziando verso tutti i punti cardinali, fra la torre e la stazione della funicolare, invece, 17 tipi di pietre con a fianco una spiegazione delle loro origini e composizione costituiscono una mostra a cielo aperto sulla geologia di Baden-Baden.
La sera decido di provare la cucina del posto. Scarto blandamente, ma non senza amarezza, i due ristoranti stellati Michelin che mi sono stati consigliati, faccio un controllo incrociato Tripadvisor, prezzi del menù online, Google Maps, e scelgo un’osteria a una ventina di minuti a piedi dall’albergo che offre piatti tipici del Baden Württemberg.
Dopo 40 minuti di camminata per una ripida tortuosa che sembra conduca nel bosco, mi arrendo all’idea di essermi persa. Il mio fantastico cellulare cinese va a scatti e indica la mia posizione in mezzo ad una chiazza azzurra che non riesco ad identificare. Ho fame. Mi siedo sul muretto di una villa e mi chiedo che effetto farebbe passeggiare per queste viuzze eleganti con il sottofondo musicale dei Death Grips, quindi metto un album in playlist e cammino a caso fino a quando raggiungo nuovamente la civiltà e posso chiedere indicazioni per il ristorante.
Il ristorante Molkenkur si trova un po’fuori dal centro e ha un’atmosfera familiare, allegra e poco pretenziosa. Il menù è solo in tedesco, quando chiedo a una cameriera che carne sia quella di “Reh” lei mi guarda interdetta, fa no no con la testa qualche volta, mi dice che non lo sa dire in inglese e poi scappa. Non tornerà più. Scoraggiata dall’esordio e non essendo una grande fan della carne vado sul classico e ordino una Schnitzel schwäbische Art. Mi arriva una cotoletta classica appoggiata su una salsa marrone che ha un gusto che non è malvagio ma copre tutto. Quando metto il limone sulla cotoletta si crea un mix elettrico di sapori che sono sicura non sia adatto alle papille gustative umane, ma ha un che di curioso, quindi finisco alternando smorfie di fastidio a mugoli di piacere e me ne torno in albergo un po’confusa.
L’ultima mattina a Baden-Baden prima di prendere l’aereo la passo al Museo Frieder Burda per la mostra di Rodney Graham. Il museo, progettato dall’architetto “star” newyorchese Richard Meyer, è uno dei gioielli della città. Architettonicamente è un ambiente composto di bianchi astronave e di enormi vetrate che si stagliano sul verde, che lascia molti spazi vuoti di ampio respiro per permettere alla mente di non stancarsi e all’attenzione di concentrarsi sulle opere esposte. Rodney Graham è un artista e musicista che viene dalla scena punk anni 70 di Vancouver, le cui opere sono un complesso gioco dal sapore post-modernista di rimandi intellettuali ironici e satirici, intrecciati con riferimenti alla cultura pop e punk. La mostra lighboxes comprende 20 fotografie di grande impatto scenico dove il protagonista è proprio Rodney Graham che gioca con l’arte e la cultura, decostruendole.
Torno a Berlino questa volta con un comodo volo da Stoccarda e intanto mi immagino alcune delle vite che non potrò mai vivere per passare il tempo. Ecco chi tra i miei alter ego farei andare in vacanza a Baden-Baden:
– Sono Charlotte, vivo a Newcastle, ho 74 anni e mi piacciono le cose belle. Mio marito si chiama Frank, ha 82 anni ed è un taccagno. Non ho mai lasciato Newcastle in vita mia, ho lavorato cinquant’anni come donna delle pulizie e ho messo via dei soldi. Il mio Frank questo non lo sa. Il mio Frank ha un tumore al pancreas, ce l’ha da due anni, per due anni mi sono presa cura di lui giorno e notte, giorno e notte ho aspettato questo momento. Al mio Frank restano poche ore di vita.
-Sono Jose, vivo a Barcellona, ho 26 anni, sono scappato di casa quando ne avevo 16 perché mio padre è uno stronzo. Ho vissuto in strada per cinque anni, poi ho fatto dei lavoracci sottopagati, poi ho conosciuto Paola, poi mi sono innamorato. Ho vissuto con Paola in un appartamento di 40 metri quadri per un anno, mentre lei faceva i turni di notte e io consegnavo pacchi a domicilio alla gente per bene. Poi abbiamo deciso. La banca l’abbiamo scelta in un paese vicino, eravamo fuori di testa, ma non è stato difficile come pensavamo, l’abbiamo fatto e basta, e non ci hanno presi.
-Sono James Bond.
Se vi riconoscete in una di queste figure e più in generale avete dei soldi da parte, vi piace la vacanza relax e amate l’arte e le cose raffinate, io, fossi in voi, un salto a Baden-Baden lo farei.
Foto di Copertina: Trinkhalle © Baden-Baden Kur & Tourismus GmbH
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