Ogni mese raccogliamo il meglio di quello che è stato proposto da Yanez e lo riproponiamo. Questi sono gli articoli che avete apprezzato di più a novembre 2017, raccontati attraverso stralci e citazioni (cliccando sul titolo verrete rimandati direttamente all’articolo):
Pescara, la Twin Peaks dell’Adriatico
di Paola Moretti
Foto di Marco Antonecchia
“Su Pescara non ho scritto mai niente perché è brutta. Sembra la versione mediterranea di Miami, in cui le palme invece di essere alte e sottili sono basse e grasse, come se avessero mangiato troppa pasta. Quando i miei amici stranieri mi chiedono con occhi sognanti come sia la città da cui vengo in Italia li avverto subito di non immaginarsi un borgo con casette di pietra, né porticati, né chiese barocche.”
“Quando ero ragazzina pensavo che non ci fosse niente da fare in città. Probabilmente esageravo, in fondo c’era l’Indie Rocket che già nel 2005 aveva portato i God is My Co-Pilot, gli Xiu-Xiu, i Melt Banana, i Ten in the Swear Jar. C’era il Pescara Jazz, primo festival in Italia dedicato al genere. C’era il Premio Flaiano, che promuoveva letteratura, cinema, teatro, televisione e radio. C’era Fuori Uso, una rassegna di arte contemporanea che si appropriava di spazi in disuso. Come l’ex Ferrovie Elettriche Abruzzesi, l’ex clinica Baiocchi, l’ex Cooperativa Ortofrutticola. Pescara è piena di ex-qualcosa a dimostrazione che l’abbandono è una pratica frequente.”
Berlino-Melbourne solo andata
Di Margherita Seppi
Illustrazioni di Francesco Gulina
“A Melbourne non ci sono piccioni.
Pensavo a questo mentre camminavo per la spiaggia di St. Kilda. C’era il sole, c’era un unico uomo che faceva il bagno, c’era l’oceano grande e piatto, acceso da miliardi di luci riflesse, come una palla stroboscopica spalmata sull’orizzonte. Ma non c’erano piccioni. Al loro posto, piccoli gabbiani bianchi dal collo storto si combattevano un minuscolo pesce e lanciavano grida pazzesche, come se quello fosse l’ultimo pezzo di cibo in tutta l’immensità dell’acqua lì di fronte.”
“A Melbourne c’è tanto di Berlino: l’amore per l’arte e per il deviante, per la musica e per il sociale. Ci sono apertura al futuro e apertura di confini, accettazione, solidarietà, voglia di cambiare. Al Lentil as Anything (gioco di parole con il nome della band new wave australiana Mental as Anything) si trova un po’ di tutto questo. Si tratta di un’associazione basata sul pay as you feel, paga quello che ti senti, e Melbourne ne ospita tre sedi. Io sono capitata per caso in quella di Abbotsford, ricavata da un ex convento e circondata da un orto e un bellissimo giardino.”
Quarant’anni di Radio per il popolo
Di Manuel Lieta
Foto di Elettra Dotti
“I primi ricordi che mi legano a Radio Popolare risalgono all’incirca alla prima metà degli anni ’90: nel pieno dell’esplosione del grunge, mentre Tangentopoli si consumava in processi trasmessi in tivù e si tiravano monetine a Bettino Craxi, si vedevano di nascosto le puntate di Twin Peaks e a scuola si provavano a organizzare le autogestioni.”
“Un mezzo di comunicazione come il nostro non sconta solo le difficoltà attuali del medium radio e del crollo degli introiti pubblicitari, ma ancora di più quelle del nostro essere quasi un unicum nel panorama internazionale: ovvero una radio che si basa su un canone volontario dato dalle sottoscrizioni dei nostri abbonati. Che sono con noi e ci seguono in virtù della nostra riconosciuta indipendenza e della nostra onestà intellettuale, e che proprio per questo sanno che la crisi economica ha toccato anche noi, costringendoci a un patto di solidarietà e al taglio degli stipendi per i nostri lavoratori, ma che giustamente esigono che indipendenza e onestà intellettuale non vengano mai meno in ciò che trasmettiamo.”
Dal Poppero al pop povero
Di Paola Moretti
“C’è una pila di libri di fotografia di fianco a lui, li fisso, ma stavolta non chiedo niente. Quando mi nota guardarli mi dice che non è abituato a parlare del suo lavoro, di solito lo mostra, che quelli gli potrebbero fungere da supporto. Mentre parla si tormenta un callo sul palmo della mano.
Gianluca fa il direttore della fotografia ed è l’occhio dietro agli acclamati video di Liberato, Calcutta, Motta, Giorgio Poi, Giovanni Truppi e quasi tutti i cantatori italiani di successo degli ultimi anni.
Tiro fuori il quaderno, metto il telefono sul tavolo con il microfono rivolto verso di lui, mi schiarisco la voce, ma prima che inizi a parlare mi chiede se sto già registrando. Annuisco, al che lui copre il telefono e mi fa: “In questo caso prima di iniziare, te la voglio fare io una domanda: perché mi vuoi intervistare?”
“Mi parla dei sopralluoghi, della scelta sfondi, della palette colori: tutto si fa confrontandosi con gli altri membri della troupe. Sembra una mole immensa di lavoro per un processo che si esaurisce in massimo due settimane. Conferma che è così e che c’è anche tutta la parte fisica di cui tenere conto, caricare e scaricare i furgoni di materiali, automaticamente si poggia una mano sul fianco come a reggersi la schiena.”
La cameretta
Di Cristiana Palias
“La mia stanza dell’infanzia è il luogo più triste del mondo.
Quando avevo cinque anni vivevo a Torino con mia madre e andavo in Grecia d’estate a trovare mio padre. A volte senza trovarlo.
Quell’estate mio padre aveva una sorpresa: il plastico realizzato da lui, architetto, della nuova casa, la dimora estiva. Tale magione sorge su un appezzamento di terreno quasi dentro il mare: è distesa su una micro penisola alla periferia di un piccolo paese chiamato Anxialo, provincia di Bolos, Tessaglia.”
“Intorno, su tutti i muri, la sua opera omnia, il suo masterpiece: sulla destra uno scorcio di Topolinia, il grande prato verde, fili d’erba, e fiori dai colori accesi, con Mickey, Pippo, Pluto e più in alto, a sovrastare i sorci pezzenti, il Deposito e zio Paperone. Amelia! c’era anche Amelia la strega sulla sua scopa volante, col suo ghigno malefico.”
Chi non ha mai molestato, scagli la prima pietra
di Mauro Mondello
“Le molestie sessuali, le molestie in genere, riempiono le pagine dei media ormai da diverse settimane. Si tratta di una questione esplosa dopo le denunce di decine di donne ai danni di Harvey Weinstein, il produttore cinematografico che nel corso della sua lunghissima carriera avrebbe stuprato, violentato, molestato, una lunga sequela di attrici; atti, questi, rimasti per anni in un’oscurità pubblica alimentata dalla paura di eventuali ritorsioni professionali.
Il caso Weinstein ha messo in moto un circuito di proporzioni mastodontiche, con migliaia di denunce in ogni parte del mondo, un hashtag, #metoo, subito rilanciato da milioni di utenti e un punto, quello delle molestie, divenuto finalmente centrale nel dibattito culturale contemporaneo.”
“Vorrei chiedere a tutte le donne: avete pubblicato gli hastag #metoo, e avete fatto benissimo, perché è una battaglia di dignità fondamentale questa, e ci riguarda tutti. E poi? Fatevela questa domanda, che è una domanda culturale, perché bisogna andare oltre la moda del momento se davvero si vuole provocare un cambio netto nella dimensione empirica della percezione della donna nel nostro tempo: la rivoluzione non si fa soltanto nei fine settimana. Questa è una battaglia che va sostenuta nei comportamenti quotidiani.”
Di decadenza e anarchia
Di Paola Moretti
“A cena siamo un costumista di teatro, una curatrice d’arte, un filosofo ed io. A seguito di una conversazione sulle camicie con le maniche a sbuffo di fine Ottocento, si parla di serie TV. Siamo a sud del Tamigi, a Londra, a New Cross. Più precisamente nella cucina di Federico Campagna, scrittore e filosofo classe 1984. Durante il dibattito Dawson’s Creek versus The O.C. lui si schiera dalla parte di quest’ultimo, che definisce bellissimo.”
“Gli chiedo come mai sulla sua pagina Wikipedia c’è scritto che è un anarchico. “Perché non so come si cambia!”
Questa volta rido io, ma Federico insiste che davvero non l’ha scritta lui e non ha capito ancora come modificarla. Mi dice che comunque è a causa del suo primo libro, uscito nel 2013. In The Last Night: Anti-Work, Atheism, Adventure fa riferimento a Max Stirner, il primo anarchico individualista. Secondo Stirner le ideologie sono dei fantasmi che ti fanno vivere secondo i loro ordini e non secondo la tua volontà personale. Campagna in quest’opera intende il lavoro come l’ ideologia stirneriana.”
Io amo il porno. Io odio il porno. Io sono porno.
Di Pseudonimo
foto di Pietro Romeo
“Era una mattina ventilata di fine agosto quando, poco più che adolescente, salivo su una sedia per prelevare da uno scaffale piuttosto alto un libro di Roberto Gervaso. Non ci è dato sapere il motivo reale per cui lo volessi consultare, sta di fatto che a un certo punto perdetti l’equilibrio e precipitai al suolo, coinvolgendo in questa disavventura gravitazionale cinque ripiani di Enciclopedia della Natura Garzanti e una piantagione di videocassette hard sbucate fuori inaspettatamente dal sottosuolo editoriale della biblioteca paterna.
Fui ritrovato qualche secondo dopo da mia madre steso sul pavimento, quasi per intero sommerso da penetrazioni anali, pompini, fighe pelose e un volume dedicato ai flussi migratori della balenottera azzurra.”
“Al suo terzo garbatissimo – Please, try it – non me la sento più di temporeggiare e accetto.
Caso vuole però che mentre me ne sto lì a consumare dignità in mezzo ad una folla, una passante lesbocentrica oltre i confini del tatuaggio, scatti una foto ricordo del mio primo ditalino in pubblico.
Ad oggi, il fatto che io trovi questa circostanza più imbarazzante della mia prima comunione, è un fenomeno che mi fa riflettere.”
Meredith è quella che muore
di Daria Tombolelli
Illustrazioni di Luca Di Battista
“La mattina del 2 novembre 2007, la città di Perugia è avvolta dalla nebbia. Ad attraversare l’aria come una lama sottile che stabilisce un prima e un dopo, la terribile notizia del ritrovamento di un cadavere in una villetta in Via della Pergola 7. Il corpo è quello di Meredith Kercher, una ragazza inglese che si trova nella cittadina umbra per svolgere il suo periodo di studio Erasmus presso l’Università per Stranieri. Due telefonate effettuate a breve distanza una dall’altra giungono al 112 dal telefono di Raffaele Sollecito, che si trova di fronte alla villetta con la ragazza con cui si frequenta da qualche giorno. E’ l’americana Amanda Knox, una delle tre coinquiline di Meredith. I due hanno dormito insieme a casa di lui.”
“Raffaele picchietta con il dito sul comodino accanto al letto, facendo saltellare la droga. Tracce di umidità appese al soffitto aleggiano sulle loro teste. Amanda ha un paio di mutande color carne, senza cuciture. Il resto delle sue cose è sparso sul pavimento. Stringe tra le dita una canna d’erba che ogni tanto porta svogliatamente alla bocca inspirando ed espirando, in profondità. Il fumo denso scende e risale e si perde nell’aria della stanza. Lo schermo del computer proietta lampi di luce sulle loro facce turgide. Una ragazza dai capelli neri corre per le strade di Parigi inseguendo un ragazzo che colleziona fototessere. Note di pianoforte si disperdono piano tra gli infissi.”
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Immagine di copertina: © wikicommon
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