Ogni mese raccogliamo il meglio di quello che è stato proposto da Yanez e lo riproponiamo. Questi sono gli articoli che avete apprezzato di più nel primo mese del 2017, raccontati attraverso stralci e citazioni (cliccando sul titolo verrete rimandati direttamente all’articolo):
Stronzo, hai abbandonato la tua famiglia
Di Margherita Seppi
“Appena alzata ho preso il cellulare dalla borsa, C’erano tre chiamate da casa della sera prima, cosa che non mi sorprende perché mia madre, da quando me ne sono andata da casa, a 19 anni, mi chiama tutti i giorni alle 20 in punto. Non importa dove sia, non importa se io le rispondo solo la metà delle volte e poi parlo a monosillabi, non importa quante volte le dica che non serve che mi telefoni tutti i giorni, lei imperterrita alle 20 in punto chiama, anche due, tre o quattro volte, e se accetto la telefonata, sempre mi saluta come se non mi sentisse da mesi, con un ciao sospirato, e con un tono nella voce che io lo so che in quel momento sta sorridendo ed è felice. Pensare a tutte le chiamate che ho lasciato scorrere di proposito fino alla fine, buttandole in un limbo, mi strazia.”
“È il senso di colpa per l’appagamento che sento quando sono distante da chi mi ha amato e cresciuto, che mi aspetta e vuole che torni, e ogni volta che me ne vado lo accetta con garbo e ritegno, ma nel contempo con profonda, terribile e malcelata sofferenza.”
“Ricorderò come da un’intuizione nata da un attimo di shock ero riuscita ad elaborare un compromesso per permettere a me di crescere e ai miei famigliari di avere qualcuno su cui contare.”
Non chiamatemi bisex
di Michele Galasso
“La maestra d’asilo mi dice di accompagnare a far pipì un bambino piccolo (lui 2 anni) per aiutarlo. Mentre gli tiro su i pantaloni la mia mano indugia sul suo culetto glabro e il mio cervello da bambino di quattro anni pensa, con una maturità che ancora mi impressiona: “Michele ma sei un pedofilo”!”
“Lo spettacolo è nello spazio off – back side – nel posteriore del Gorki: Studio R. Attraverso Mitte come fossi in un quadro: una città deserta, pietrificata e vuota. Tutto è immobile. Solo il cantiere del Pergamon fa intuire che qui, in altri orari, forse c’è vita. Palazzi nuovi, perfetti, assoluti, e strade metafisiche dai lampioni radi. Come abbiamo fatto a scordarci cos’è una città? Ma la lobotomia non è solo spaziale: è riverberata nella fauna dispersa che, lentamente, anch’essa rada, senza legarsi a niente di ciò che gli è attorno, inizia a puntinare il teatro.”
“La mia famiglia era abbastanza libertina: mia madre a sei anni mi spiegava come si fa sesso, mi diceva che masturbarsi è sano e giusto, mi faceva vestire da donna e mi regalava le bambole (elementari, unico maschio della classe che non gioca a calcio, passavo le ricreazioni ad essere il Ken delle cinque compagne femmine). Quando ho chiesto ai miei di fare danza, però, anche a loro è sembrato troppo rischioso. A 11 – 12 anni, nelle mie scuole medie dell’EUR, andavano di moda le seghe di gruppo. A ricreazione la capetta delle ragazzine ci mostrava come fare un ditalino, e vidi la mia prima vagina dal vivo (mamma esclusa). Dai 14 anni avevo la ragazza e facevo sesso regolarmente e con pieno gusto. Anche quello è stato un gran bel periodo. Poi a 16 anni, per togliermi lo sfizio e ogni dubbio, ho provato per la prima volta ad andare con un ragazzo.”
Rest in Palermo
di Edoard Bluma
“Pietro Giordano è morto. Stroncato da un malore nella sua abitazione a Palermo. Aveva raggiunto quei 68 anni che già dimostrava un ventennio fa. Verrà ricordato per il capolavoro Lo Zio di Brooklyn, il primo lungometraggio dei due registi, datato 1995, summa dell’esperienza di Cinico tv, e per il ruolo di Sua Eminenza, il Cardinale Sucando, ne Il ritorno di Cagliostro che lo vedeva come co-protagonista a fianco di una vera star internazionale del calibro di Robert Englund. Poi la fine del sodalizio tra Ciprì e Maresco ha distrutto la sua carriera. Ciò non ha impedito che il suo mito continuasse a diffondersi, grazie ai video che ancora oggi si possono trovare in rete. Ora è culto, è leggenda. Ora è morto.”
“Attore poliedrico, ha coperto numerosi ruoli come quello del gobbo in cerca dell’anima gemella, del topo di fogna, dell’albero di natale, dell’escremento che vive il dramma di puzzare troppo, del verme solitario, dell’esausto uccello di uno stupratore.”
“Le luci bluastre del Grunding illuminano il soggiorno dove tutto è fermo. Troppo caldo anche solo per respirare. Mia madre dorme già da qualche ora. Posso sentirla russare nonostante sia a due stanze dalla mia. È il segnale che aspettavo per dare sfogo ai richiami della pubertà. Mi assicuro che la porta della sua camera sia chiusa. Torno in sala, abbasso il volume della tv, poi le mutande. Inizia il frenetico zapping tra le reti locali alla ricerca dello stimolo perfetto.”
True Sciamano
di Alessandro Borscia
“Deve esserci, in questa regione un po’ sconosciuta della Toscana meridionale, qualcosa di speciale e propizio per il mondo spirituale e immateriale”
“Cana è a 480 metri sul livello del mare ma qui, dopo la discesa, si è più o meno a livello zero e il sole implacabile e l’assenza di vento rendono l’aria immobile e pesante. Le cicale friniscono rumorosamente nella folta vegetazione, che è ricca e variegata: alberi da frutto selvatici, vecchie querce e grandi lecci offrono riparo agli arbusti legnosi di cisto e lentisco. Cespugli impenetrabili di prunus spinosa, il prugnolo selvatico, mettono in mostra le chiome ricche di bacche.”
“Quando the spirits ti chiamano è come l’amore: o ti fa disperare o ti eleva all’assoluto”, mi racconta Hugo-Bert Eichmüller, all’interno della sua Volkswagen Tuareg. Hugo mi invita ad accompagnarlo a Roccalbegna, per riempire alla fonte d’acqua le numerose taniche e bidoni che stanno sul carrello agganciato alla sua Tuareg. Ha lunghi capelli bianchi che svolazzano ribelli nel vento pomeridiano.”
Scientology a Berlino non esiste
di Martina Hell
illustrazioni di Simon Rizzi
“La struttura che ospita Scientology è enorme, sei piani in un palazzone prevalentemente costituito da vetrate. Uno stile che vuole richiamare la Berlino antica, ma che si scontra duramente con il grigio del cemento e la luce gialla delle sale illuminate. Al piano terra, il centro informativo è aperto al pubblico tutti i giorni dalle 10 alle 21, ed è lì che mi dirigo. Quando entro, piú che una chiesa, tutto mi dà l’idea di un’enorme sala giochi.”
“Quando mi alzo dal divanetto arancione, c’è sempre qualcuno che arriva svelto, pronto a domandarmi se giá voglio andare via. E cosí ogni volta mi risiedo davanti allo schermo, dove viene selezionato per me il video successivo.”
“Tutto ció che è buono viene da Scientology e dal suo studio”. Il video mostra persone in difficoltá, che vivono un lutto o una grave malattia, riprendere in mano le redini della propria vita utilizzando le tecniche di Scientology. Non solo persone emotivamente in crisi, ma anche ragazzi che non sanno che fare della propria vita, militari di ritorno dalle missioni di guerra, universitari, giovani famiglie.”
Stranger than Jarmush
di Elena Cascio
“Molte ore dopo, quando il buio serale si è ormai mangiato gli avanzi di quella domenica, nella cucina disordinata del ragazzo dal sorriso strano, con indosso solo una maglietta oversize dei Dead Kennedys e un paio di calzini, mi trovo ad osservare la locandina di Daunbailò appesa accanto alla finestra, cercando di fare mente locale nel mio database cinematografico mentale. “It’s Jarmusch, baby”, il ragazzo strano è dietro di me e mi porge una tazza di tè fumante.”
“Silvia arriva trascinando i piedi sul marciapiede ghiacciato, un tentativo ben studiato per non scivolare a terra. “Quindi? Paterson?”, i suoi occhi sono due piccole perle scure e brillano sotto le luci gialle della biglietteria del cinema. Paterson, l’ultimo film di Jim Jarmusch, quello con Adam Driver. Un inno dichiarato alla Poesia della Mediocrità, dicono. E io ci credo, perché Jarmusch è un poeta.”
C’è vita su Marzahn
di Francesco Somigli
foto di Zaira Biagini
“È per questo che in un normalissimo pomeriggio infrasettimanale ho deciso di visitare Marzahn, il quartiere sito nell’estrema periferia est di Berlino. Più che di Berlino Est si potrebbe quasi parlare di Polonia Ovest.”
“Se vengo a Marzahn è per le persone: voglio vedere chi vive negli alveari, chi ogni giorno si sveglia, apre la finestra e vede il cielo grigio cemento che incornicia il resto del cemento made in DDR. Cerco di capire cosa succede quando tutti rientrano a casa dal lavoro, a cosa si pensa nei piccoli salotti illuminati al ventesimo piano di un dinosauro prefabbricato.”
“La sensazione che mi rimane addosso è quella di desolazione: per vedere la versione moderna del panem et circenses mi sono dovuto spostare in quella che era la Germania Est, in un quartiere popolare in cui i meno poveri si godono lo spettacolo dei più poveri che cercano di guadagnare qualche spicciolo. Sono confuso, mi vergogno di aver assistito allo spettacolo. E poi mi vergogno anche dell’idea che, se non avessi assistito, sarei rimasto comunque ignaro di tutto. Mi vergogno addirittura per cose che non ho fatto e che probabilmente mai farò.”
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In copertina: Rocky I – Screenshot
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