Ogni decima della terra, cioè delle granaglie del suolo, dei frutti degli alberi, appartiene al Signore; […] Ogni decima del bestiame grosso o minuto, e cioè il decimo capo di quanto passa sotto la verga del pastore, sarà consacrata al Signore.
Levitico 27,30-32
Questo è un passo della Bibbia e testimonia uno dei primi esempi di “tassa” richiesta al lavoratore per motivi religiosi.
Teniamolo a mente e facciamo un passo indietro.
Quando si arriva a Berlino con l’intenzione di fermarvisi, anche per un breve periodo, il primo documento che viene richiesto è l’Anmeldung. Si tratta della registrazione all’anagrafe dei cittadini – che in Germania vale anche come residenza fiscale – un foglio senza il quale qui non si può fare nulla, neppure prendere un libro in prestito in biblioteca.
Ottenerlo è piuttosto semplice: bisogna recarsi al Bürgeramt (l’equivalente dell’Ufficio Anagrafe in Italia), compilare un documento e rispondere a qualche domanda: nome, cognome, un indirizzo di casa cui fare riferimento, e poi la religione di appartenenza.
Se si è atei, bisogna dichiararlo forte e chiaro.
Ciascun parroco è così incaricato di inviare una lettera ai fedeli che hanno testimoniato la volontà di abiurare, indicando chiaramente le conseguenze a cui andranno incontro.
A una burocrate tedesca del Bürgeramt, intenta a compilare migliaia di carte ogni giorno, seccata dal fatto che in molti si presentano senza neanche parlare la lingua tedesca, non interesserà infatti la storia della vostra famiglia.
Personalmente, ad esempio, io non ho fatto né la Cresima né la Comunione; non ho frequentato le lezioni di religione quando andavo a scuola, e la mia è sempre stata una famiglia non osservante. Ho avuto forti conflitti interiori, anche di natura religiosa, ma tutto questo, si diceva, alla burocrate non interessa.
Lei è battezzata?, chiede piuttosto.
Sì, lo sono, rispondo.
Ma il fatto è, vorrei proseguire, che lo zio di mia madre era frate francescano nel convento di Fiesole, si chiamava Cencio, ed era una persona di rara spiritualità, pura come il saio che indossava, ed ecco, vede, quando sono nata…
No.
È una leggerezza ritenere che in Italia, in un modo o nell’altro, sia come una “tradizione” essere cattolici. È una leggerezza ritenere che questo possa interessare a un funzionario tedesco.
Se non dichiarate con forza di non aver ricevuto sacramenti e di non credere in un Dio, la Frau Kassel di turno barrerà una casella.
E da questo momento, per la Germania sarete dei credenti.
Farete cioè parte di una delle tre religioni monoteiste (cattolicesimo, protestantesimo, ebraismo) che sono sottoposte a tassazione. Questo vi renderà simili all’agricoltore biblico della nostra premessa, che doveva una decima del suo bestiame al Signore.
Un domani che entrerete nel sistema lavorativo, vi spetterà pagare una tassa.
E anche molto salata.
2. La decima
Si chiama Kirchensteuer.
Equivale all’8-9% delle imposte e ogni mese viene detratta in modo automatico dalla busta paga e devoluta nella quasi totalità alla Chiesa cui si è dichiarata l’appartenenza.
Gli enti religiosi sono trattati dallo Stato tedesco in maniera simile a un partito politico o a un’istituzione pubblica e, sulla transazione monetaria effettuata, lo Stato trattiene una percentuale.
Circa 5 miliardi di euro vengono versati ogni anno alla Chiesa cattolica e a quella protestante, che investono questo denaro nella costruzione e nel restauro degli edifici sacri, nelle spese amministrative, negli stipendi degli ecclesiastici, nella gestione degli enti benefici che gestiscono.
La Kirchensteuer, essendo obbligatoria, agisce, inoltre, come attendibile indicatore per calcolare il numero dei credenti e degli atei residenti in Germania. Questi ultimi – circa il 34% – sono coloro che hanno dichiarato apertamente di non credere nell’esistenza di alcun tipo di dio o di spirito superiore.
Negli ultimi anni, tuttavia, le statistiche sono vertiginosamente mutate.
Il numero di credenti che dal 2014 al 2016 ha abbandonato la Chiesa è infatti cresciuto a livello esponenziale. All’origine di questo esodo non stanno solo – come pure sarebbe lecito ritenere –i pesanti scandali che hanno coinvolto la Chiesa negli ultimi anni, ma anche proprio lei: la Kirchensteuer.
Considerandola troppo salata, infatti, sempre più persone decidono di avviare le procedure per il Kirchenaustritt, il documento ufficiale con il quale si dichiara di voler abbandonare la religione di appartenenza. La registrazione avviene all’Amtsgericht (tribunale) di riferimento e costa 30 euro.
Considerando che ogni mese, da uno stipendio medio, se ne vanno circa 25 euro per la tassa sulla Chiesa, è facile immaginare come, per chi abbia deciso di iniziare le pratiche, questa cifra sia ben poca cosa.
Una volta pagato e consegnato tutto, infatti, si è liberi per sempre dall’onere di questa tassa.
Ed è quello che ha fatto anche la sottoscritta dopo tre anni di soldi versati per ignoranza sul sistema, e per il fatto di essere stata battezzata da quell’adorato zio Cencio, frate francescano.
Altre carte, altro edificio, altra Frau. Ma poi liberi.
Almeno in teoria.
3. Apostasia
La sempre più massiccia fuga delle anime ha incoraggiato infatti la Chiesa a esercitare controlli più severi sui registri dei battezzati; anche al di fuori dei confini tedeschi.
Per essere sicuri dunque di non finire in un controllo incrociato da parte del fisco ecclesiastico, bisognerebbe attuare anche le procedure dello sbattezzo (nel mio caso, in Italia) e far risultare ufficialmente l’apostasia. Tale si definisce, nel diritto canonico cattolico, l’abbandono totale della fede da parte di un battezzato.
L’atto di rinuncia è antico ed è chiamato abiura.
Per avere qualche dato, nel solo 2014, 200mila fedeli protestanti hanno abbandonato la Chiesa con un atto ufficiale, rispetto ai 138mila dell’anno precedente.
La Chiesa non ha voluto però considerare il fatto che il numero è cresciuto di anno in anno per opportunismo fiscale, più che per una reale crisi religiosa delle coscienze. Anzi, forse proprio per questo, è ricorsa al pugno duro.
Dal 2012 è in vigore, infatti, un decreto emanato dalla conferenza dei vescovi cattolici tedeschi che impedisce, a chi si è dichiarato apostata, di ricevere i sacramenti, salvo in punto di morte; di avere un funerale religioso (a meno che non ci si sia pentiti); di far parte di associazioni parrocchiali; di poter esercitare la funzione di padrini o madrine in battesimi e cresime.
In altre parole la Chiesa – in parte anche a ragione – non intende distinguere tra un’appartenenza civile e un’appartenenza spirituale alla comunità ecclesiale.
Ciascun parroco è così incaricato di inviare una lettera ai fedeli che hanno testimoniato la volontà di abiurare, indicando chiaramente le conseguenze a cui andranno incontro. Parallelamente, si è assistito anche a un inasprimento fiscale, nella misura in cui la Kirchensteuer si applica ora anche al cosiddetto capital gain, ovvero a quelle entrate che provengono da altri introiti e che precedentemente non erano soggette a tassazione. Le banche sono incaricate di riscuotere direttamente la percentuale da questo tipo di ingressi.
Il dibattito, in conseguenza di questi due provvedimenti, si è fatto negli ultimi anni ancora più acceso, anche a risultato dell’inasprirsi della crisi economica, ma le questioni sono ancora molto ampie e complesse, tutt’altro che risolte.
Persino la sottoscritta è titubante a effettuare le pratiche per lo sbattezzo.
Le ragioni hanno a che fare con la memoria storica, personale e familiare, inclusa quella dello zio che, tenendomi tra le mani, mi immerse nell’acqua santa appena nata.
in copertina: Habemus Papam – screenshot
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