Alla Mercedes-Benz Arena ci vado a piedi. Da casa mia saranno 25 minuti. Il tardo pomeriggio non è romantico, nemmeno malinconico. Grigio, piuttosto. Di un colore così pienamente fermo da farsi argenteo, se si ha il tempo di puntare lo sguardo sullo specchio d’acqua coricato sotto l’Oberbaumbrücke. Sono le sei e mezza della sera. Gennaro e Andrea mi aspettano fuori dalla fermata della U-Bahn di Warschauer Strasse. Li vedo da lontano, in mano una Pilsner Urquell da mezzo litro e intorno l’aria liscia di qualcuno che, almeno per un po’, non ha intenzione di pensare al tempo. Mentre scendiamo le scale vediamo una fila lunghissima distendersi da un baracchino che vende birra e panini con i Würstel. Siamo in basso adesso. Passiamo sotto i pilastri del ponte di Warschauer e ci infiliamo dentro il vialetto che, quasi di nascosto, ci accompagna sino all’entrata dello stadio. Intorno tutto è in costruzione. Enormi gru illuminate, alte 60, forse 70 metri, sembra passino oltre l’opulenza di nuvole che riempiono lo spazio. Hanno delle scale lunghissime e Gennaro non può fare a meno di immaginare quanto tempo ci vorrà al manovratore di turno, ogni mattina, per salirle tutte, per arrivare sino in fondo e poi guardare la città da un posto che supera, di molto, il concetto popolare di “panoramico”.
Stiamo andando a guardare una partita di hockey su ghiaccio. Mentre ci avviciniamo allo stadio, dubbiosi su quale sia l’entrata giusta presso la quale ritirare i nostri accrediti stampa, ci rendiamo conto che nessuno di noi ha idea di cosa sia, l’hockey su ghiaccio: non lo abbiamo mai visto, nemmeno alla televisione. Imbocchiamo il portone giusto e dopo una perquisizione in grande stile ritiriamo i biglietti. Le due donne al botteghino ci porgono tre cartellini blu, sul fronte è stampato il logo della squadra di casa, gli Eisbaeren Berlin. Eppure non sembrano tanto convinte della nostra competenza: forse anche per questo non ci spiegano dove dobbiamo andare. Stiamo per prendere l’ascensore quando Gennaro si rende conto che proprio non abbiamo idea di quali siano i nostri posti. Torniamo a chiedere. Ci viene indicata un’area al quarto piano, che scopriremo poi essere un settore misto, media e tifosi, ma non abbiamo numeri preassegnati: bisognerà sedersi dove capita.
Stasera si gioca una partita importante: è gara 2 dei quarti di finale della Deutsche Eishockey Liga 2016-2017, uno dei campionati più duri e prestigiosi al mondo. Gli orsi polari di Berlino non sono andati alla grande durante la stagione regolare e per arrivare qui hanno dovuto affrontare un playoff preliminare, agguantato alle ultimissime giornate. Anche per questo si trovano adesso a sfidare una delle squadre più in forma della Lega, l’Adler Mannheim, secondo classificato in regular season, appena un punto dietro l’EHC Monaco. Il primo match (si gioca al meglio delle sette gare) è andato alla squadra del Baden-Württemberg, la pressione è quindi tutta sui padroni di casa, che devono far valere il fattore campo per non vedere scivolare via la serie sul 2-0.
Alcuni dettagli sulla Mercedes-Benz Arena.
La birra alla spina da mezzo litro costa 4 euro, che è un sacco per Berlino, ma tutto sommato ci sta se consideriamo che siamo dentro uno stadio.
Al piano intermedio, credo il terzo, c’è un fantastico terrazzino panoramico sul quale si può uscire a fumare.
I bagni (quelli degli uomini almeno) sono sempre in ordine e sugli orinatoi è disegnata una rete per convincervi a puntare nella direzione giusta.
Dei lunghi corridoi circolari portano agli spalti attraverso dei portelloni di ferro. Mentre si gioca i corridoi sono completamente deserti, isolati dal rumore del campo e delle tifoserie, come se aldilà di quella porta non stesse succedendo niente. La sensazione è la stessa di quando alle scuole superiori si va in bagno durante l’ora di lezione.
All’inizio della partita mancano ancora più di 20 minuti. I giocatori si riscaldano, lanciando il disco a velocità spaventose verso la porta di un uomo che pare corazzato: è il portiere. Non riusciamo a distinguere le squadre. Hanno tutti una magliettona bianca e mentre li guardiamo non possiamo che sperare decidano di cambiarsi prima di cominciare a giocare sul serio. Dal nostro settore si vede tutto benissimo. Siamo in una tribuna centrale, in alto, ma con una visuale completa sul palazzetto. Andrea porta le prime birre. Stiamo cercando di capire se oltre alla partita di hockey riusciamo pure a connetterci via telefono con uno streaming illegale per guardare Juventus-Milan. Si avvicina una coppia. Entrambi hanno le mani occupate da birra e panino con la salsiccia. Sono brutti. Anzi no, sono bruttissimi. Indossano delle magliettone blu della squadra di casa sopra dei jeans scuri. A vederli così, i capelli di lui sembrano unti della stessa salsa che ricopre il wuerstel, una salsa che peraltro sta lentamente colando dall’estremità sinistra sui suoi pantaloni mentre, con eccezionale rusticità, ci fa notare che siamo seduti al suo posto. Ha ragione, ma non possiamo comunque fare a meno di stupirci: la tribuna, almeno un centinaio di sedili, è praticamente vuota.
Ci spostiamo una fila più in basso a colpi di “limortaccisua”, mentre la coppia adagia il suo terzo di tonnellata sui poveri seggiolini destinati ad ospitarla.
In campo, intanto, succede una cosa strana. Due camion stanno percorrendo in lungo e in largo il terreno ghiacciato di gioco, le porte già smontate. Sembra stiano levigando la lastra gelata, forse per renderla più scivolosa, ma le nostre rimangono supposizioni. Andrea, comunque, dichiara che guidare quel camion sarebbe il lavoro perfetto per lui.
Gli Eisbaeren entrano in campo nella bolgia di un tifo assordante. La curva alla nostra destra, la Fankurve, batte i tamburi e intona cori come nella migliore tradizione dei catini sudamericani. I giocatori fanno capolino da un lungo testone d’orso gonfiabile che apre la sua bocca nei pressi del centrocampo. Bruno Gervais, Florian Busch, Sven Ziegler, Micki DuPont e almeno un’altra ventina di nomi vengono annunciati dalla voce dello speaker, che imbraccia il microfono dal centro del terreno di gioco.
Ci aspettiamo vengano presentati, anche se con meno fervore, pure i giocatori avversari. E invece niente. Il Mannheim viene completamente ignorato. Probabilmente, pensiamo, è una tradizione dell’hockey su ghiaccio, quella di concentrarsi soltanto sui giocatori di casa.
Comincia la partita. Gennaro arriva con la terza birra della serata: siamo quasi a due litri ormai. Mi accorgo di alcune cose. Innanzitutto il disco non si vede benissimo. A volte, soprattutto nelle fasi più concitate, quando un nugolo di uomini battaglia a colpi di bastone nei pressi di una delle porte, diventa praticamente impossibile capire dove sia andato a finire il bussolotto scuro. Capisco pure che ci sono delle regole strane, regole che non conosco e che in realtà inficiano la comprensione di quanto sta succedendo in campo. Succede, ad esempio, che a un certo punto un giocatore si nasconde dietro la sua porta, con il disco accanto al bastone, e nessuno lo va a disturbare. Le sostituzioni poi, sono un altro bel mistero. Apprendiamo con una certa sorpresa che nell’hockey su ghiaccio i giocatori entrano ed escono dal campo mentre l’azione sta scorrendo. Non ci sono soste o annunci, al volo si entra e si esce da una piccola porticina che dà direttamente sul campo. E poi le botte. Si riempiono di legnate, schiantandosi contro le balaustre a tutta velocità. A vederli sembra ci sia una logica nelle saccagnate che si scambiano, eppure, per quanto ci ragioni, non riesco a trovarla. Rimane interessante, dal punto di vista dinamico, vedere dei personaggi imbottiti correre su dei pattini da distanze siderali con l’unico obiettivo di sfracellare un tipo contro un muretto di plexiglas.
Sì, il Can Can, quando segna la squadra di casa qui parte fortissimo il Can Can, anche se abbiamo tutti una certa difficoltà a capire cosa c’entri e speravamo, invece, saremmo stati inondati da un riff di Silence is Sexy degli Einsturzende Neubauten.
Una partita di hockey su ghiaccio dura tre tempi da 20 minuti. In mezzo due soste da 15 minuti. Il tempo è effettivo, per questo difficilmente un incontro si conclude prima di due ore. Ce ne andiamo a fumare sul risultato di 2:2. In realtà non sappiamo se è una bella partita, non sappiamo neppure se ci piace. Anzi, ci sembra un po’ noioso a dire il vero, però siamo onesti e ci rendiamo conto che senza sapere le regole ci perdiamo gran parte di quello che succede in campo. Rientriamo con un altro carico di birra verso i nostri posti, nel frattempo ci hanno raggiunto due amiche da un altro settore: sono molto più entusiaste di noi, Giulia prova addirittura a spiegarci alcuni passaggi fondamentali del gioco prima che Andrea la fermi dicendole che a lui comunque non interessa sapere: è lì per la birra.
Arriviamo all’ultimo tempo sul risultato di 3:3. Da copione bisognerebbe scrivere che “l’atmosfera è incadescente”, ma in realtà da dove siamo noi tutto è abbastanza tranquillo. In curva sì, pare si stiano divertendo da matti. Pure noi non ce la stiamo passando male, ma l’attenzione verso il gioco ormai è andata scemando. Veniamo risvegliati a 5 minuti dalla fine, quando parte a tutto volume dalle casse dello stadio l’ennesimo colpo di Can Can: gli Eisbaeren hanno segnato il 4:3. Adesso la domanda è: il Can Can? Sì, il Can Can, quando segna la squadra di casa qui parte fortissimo il Can Can, anche se abbiamo tutti una certa difficoltà a capire cosa c’entri e speravamo, invece, saremmo stati inondati da un riff di Silence is Sexy degli Einsturzende Neubauten. Andrea comunque ogni volta che la musica arriva si lancia in un balletto celebrativo che ricorda Andrea Roncato con De Sica ne I Pompieri.
La partita è finita. Berlino ha vinto 6 a 3. A un certo punto gli avversari hanno cominciato a giocare senza portiere, in quello che abbiamo immaginato essere un tentativo disperato di recuperare i gol di svantaggio. Fumiamo l’ultima sigaretta sulla terrazza del palazzetto mentre gli stewards ci invitano ad andarcene a casa. La metropolitana dista soltanto pochi minuti. Compriamo un’altra, ennesima birra, al chiosco dentro la fermata U-Bahn di Warschauer Strasse. Andrea prova a convincerci ad andare a una festa. La risposta è inesorabile: no. Sto morendo di fame. Azzanno con un morso un pezzo di panino che il saggio Gennaro ha comprato poco prima di partire per il viaggio che lo riporterà verso Wedding. Sembra buonissimo il panino, a quest’ora, nell’antro di questo vagone. Il treno arriva a Kotti, saluto e mi incammino verso casa.
n.d.r. La serie è terminata 4-3 per gli Eisbaeren Berlin, che con la vittoria fuoricasa del 21 marzo 2017 si sono aggiudicati il punto decisivo e sfideranno adesso in seminifinale l’EHC Monaco, favoritissima per la vittoria finale del torneo
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