Soggiornare in Valle Camonica in attesa di una guerra, quando si è giovani e mediamente soli, può rovinare le viscere. Ne sapeva qualcosa il ventiduenne Carlo Emilio Gadda, che di tutto quel mal di pancia mal sopportato sembrava non poterne proprio più. Scriveva rintanato nella sua stanza, all’Albergo Derna di Edolo, quasi trincerato in una mesta solitudine che spesso lo esonerava dalle bisbocce dei commilitoni, per lui forse troppo frequenti.
Sembra di vederlo, mentre impugna la penna e verga il suo Giornale di guerra e di prigionia (che diario di guerra non vuole essere, o forse nemmeno può, come avrà modo di farci intendere in scritti successivi), chino su fogli pregni di parole. Una versione quasi autocensurata rispetto alle lettere, che scrive copiose e in cui non lesina commenti audaci e una lingua più sciolta. Anche sul suo Giornale si lascia però andare ad osservazioni poco simpatiche sui compagni d’arme più sfrontati e perfino su quei generaloni che lontani dal fronte se ne stanno; ne avrai da scrivere di cose in quattro anni Carlo Emilio, eccome se ne avrai! Perciò, non farti distrarre dal fischio del treno che è appena arrivato in stazione portando con sé un carico di nuove reclute, carne da macello per la primavera del 1916 in Adamello. La linea ferroviaria Brescia-Iseo-Edolo è praticamente nuova, quando tu arrivi in Valle Camonica ha solo 6 anni.
“In questi giorni ebbi nuove ire contro i generaloni, persone certo poco capaci. Raramente visitano il fronte, il fronte vero; e soprattutto non conoscono affatto la montagna. I tenenti e i sottotenenti sono quelli che realmente effettuano le azioni, così mi disse un s. tenente ferito; rare volte si muovono i capitani; parlo della zona del Tonale.” – Edolo, 15 settembre 1915
Tu non pensarci ora, che il fronte è un desiderio lontano, mentre tuo fratello ancora è quasi vicino; Enrico, l’Enricotto, il fratello adorato: più giovane e meno parco nelle spese, ma come non perdonarlo per quei piccoli e ingenui gesti di sventatezza economica? Bello, aperto al mondo e al futuro che sognate, a quell’Italia che chiama e vi aspetta lesta oltre gli eventi. Rincorrerai Enrico, credendo di poterlo riabbracciare presto a Ponte di Legno, qualche chilometro più su verso il Tonale. Tenterai di raggiungerlo con lettere e persone, per poi sapere tardi del suo trasferimento in Valtellina; arriverai a sognarlo perfino, parvenza di normalità in un mondo ormai diverso, e dovrai attendere una licenza prima che il tuo periodo camuno volga del tutto al termine per poterti ricongiungere all’ormai prossimo aviatore. Vittima bella e futura di una guerra che non riuscirai mai del tutto a ritenere insensata.
Mentre l’estate del 1915 scorre con la lentezza di una bestia da soma, i primi scontri sembrano un ricordo remoto là “alla fronte”, come ancora si dice. Con quel femminile che sa di guerra per signore, da cartolina o romanzo d’avventura, ma non certo da realtà palpabile, con suoni e odori che presto diventeranno anche roba tua. Al Derna – l’albergo da poco sorto nel viale della stazione e così battezzato per via della Guerra in Libia – ci rimani giusto per dormire, che per mangiare un boccone ci vogliono circa due chilometri verso l’Aprica, con la mensa in Villa Nicolina. E tu li fai ogni giorno, passando certo prima dal “magazzino” (la caserma in via Porro) e ci arrivi già saturo del clima pesante che si respira, tra genovesi arroganti, campanilismi e discorsi da bar in cui non ti ritrovi: finisci ad alzare anche tu un po’ il gomito e ad esagerare con il caffè e allora poi non stupirti se le viscere ti si torcono, caro Carlo!
“Nelle poche ore libere dal servizio mi piacerebbe leggere, studiare, scrivere; ma non ho libri, altro che la guida di Val Camonica, e un manuale militare in tre volumi. Se avrò licenza per recarmi a Milano, porterò qui un sacco di roba, specie i miei poeti.” – Edolo, 22 settembre 1915.
La mamma ti scrive, ma forse mai abbastanza. Di lettere però ne ricevi e la tua misoginia sembra ancora cosa lontana, appartenente ad un tormentato futuro di cui non t’è dato sapere. Conoscerai invece, in questo mondo di penne nere qui e di mitragliatrici sull’Asiago poi, un universo di uomini, con parecchie grettezze ed i pochi rimorsi che la guerra di trincea concederà loro di coltivare. Ma tu continua, versati un bicchiere e non dar retta alle burle degli altri aspiranti ufficiali, che giusto ieri t’hanno fatto credere di dover girare per il paese senza il cappello perché novizio e intanto tutto il V Alpini (cui il 27 marzo, su tua stessa richiesta, sei stato destinato) se la rideva alle tue spalle! Scrivi, non ti distrarre dietro alle ingiustizie dell’ingenua gioventù… con la mente prima ancora che con la mano tu scrivi. Annota ogni cosa: pensieri, emozioni, sensazioni e pure i sogni che ti fanno sentire un poco più a casa e che a casa in qualche modo ti riporteranno. Peccato è, per noi che leggiamo ora i tuoi diari, che sui paesini che presto attraverserai nei tuoi spostamenti di marce e commissioni poco vorrai descrivere, soffermandoti invece su emozioni tue, fatti più o meno vicini e quel frequente mal di pancia.
“È stata questa una giornata tragica: una di quelle giornate in cui mi domando perché vivo, e se non sarebbe meglio farmi scoppiar la testa con un colpo di revolver: subito, naturalmente, il pensiero di mia madre insorge nella mia anima, il pensiero dei miei amati fratelli, e comincia una vicenda di torture, di immaginazioni dolorose, di pensieri tetri.” – Edolo, 25 settembre 1915
Scriverai anche di donne su questo diario, come si scrive – o forse si scriveva – a vent’anni e poco più, come di prede cui tendere qualche lusinghiera ed impacciata imboscata, o di ambizioni soprattutto fisiche difficili da soddisfare. A Rino di Sonico t’intratterrai con una contadina che ha il marito in Australia e dirai di avere trovato di che risolvere la questione per i mesi a venire. Più avanti ancora, sarà una vedova trentenne a concedertisi frettolosamente in una stanza d’albergo. Ma questo non è – e non vuole essere – il racconto delle tue prodezze sessuali, bensì il tentativo di rincorrere la tua calligrafia mentre tra il 18 agosto 1915 e la metà del maggio 1916 te ne starai tra Edolo, Ponte di Legno e il resto della Valle Camonica che al fronte ti avvicina. Tu intanto stai per frequentare il tuo corso di addestramento, sogni di poter correre presto in aiuto alla povera Italia contro il militarismo tedesco e scrivi, ancora scrivi.
“Dopo mezzodì mi trovai con Marchini e Cavalli e andammo a passeggio, alla chiesetta di S. Clemente (se non erro) che si trova sulle falde del M. Torricla, a pochi passi sopra Edolo. Era una meravigliosa giornata autunnale: le più dolci tinte, i più dolci monti, tenerissime nebbie e sole.” – Edolo, 26 ottobre 1915
Intanto attendi di spostarti e di lasciare Edolo; Ponte di Legno lo troverai mezzo vuoto o vuoto quasi del tutto, dopo che era stato evacuato nel maggio del 1915 per paura dei tiri incendiari degli austriaci, arroccati su al Castellaccio. Si scoprirà poi che avevano fatto bene ad abbandonare le case e farsi ospitare altrove: Ponte verrà distrutto dagli incendi provocati dalle granate nemiche due anni più tardi. Il corso per allievi ufficiali cui tanto ambisci lo seguirai quindi in una “chiesuola”, probabilmente antico ospizio per viaggiatori, spostandoti per il pranzo presso la Falegnameria Ferrari, ancora a due chilometri da dove sarai alloggiato per un periodo: la frazione di Precasaglio. Poi ti sposterai nuovamente, questa volta al Grande Albergo, sede del Comando dell’Ottavo Reggimento, dove oltre alla stanza avrai anche una mensa interna! Nel frattempo ti dovrai fare coraggio per fronteggiare il freddo, ma avrai al tuo fianco il buon amico Stefano Castelli e l’umore ti migliorerà un poco.
“Redigo dopo molti giorni di impossibilità il mio diario, nel nuovo paese: è questo Precasaglio, nella conca che da Ponte di Legno sale verso Nord, biforcandosi prima di Pezzo e raggiungendo col ramo Nord Est le pendici dell’Ercavallo e di Montozzo, con il ramo Nord Ovest il Gavia. Moltissime cose avrei da notare, ma poiché è sera e oggi lavorai, mi limiterò a descrivere il trasloco, riserbando a domani il resto, se pure potrò.” – Precasaglio, 17 novembre 1915
Gadda, tu all’epoca ti sei portato una guida della Val Camonica che probabilmente ogni tanto ti consulti e da cui apprendi anche i nomi dei monti tutti intorno, che tanto paiono destare il tuo interesse. Per chi arriverà in valle sulle tue tracce invece ci sarà poi un libro da mettersi in saccoccia insieme al tuo Giornale: “La Guerra Bianca di Carlo Emilio Gadda. La permanenza in Valle Camonica nelle note del Giornale di guerra e di prigionia 1915-1916” (di G. Maculotti e P. Ferrari), che ricostruirà il tuo percorso. Ci saranno delle steli disseminate nei luoghi più significativi del tuo soggiorno in alta valle. Ci saranno anche dei tour, in determinati periodi dell’anno o su eventuale richiesta. Ma il camuno medio di te serberà ben poca memoria.
A chi ti studierà rincrescerà invece che il periodo dal 15 febbraio al 4 giugno 1916 sia destinato a restare scoperto: nessuna pagina sul tuo diario per gli avvenimenti di quei tre mesi e mezzo; grazie ad altri scritti e fonti si riuscirà comunque a tracciare il tuo percorso. Ad esami terminati, a fine gennaio 1916, verrai re-inviato a Edolo in attesa di destinazione, per poi passare due settimane di licenza a Milano, e tornare così alla noia edolese il 17 febbraio. La mancanza di azione lascerà presto il posto ad altro gelo, quando nell’aprile dello stesso anno, partendo dal Rifugio Garibaldi, parteciperai indirettamente ad un’azione sul Pian di Neve, sul Ghiacciaio dell’Adamello. Nella seconda metà di maggio verrai infine trasferito a Torino ed aggregato ad un reparto di mitraglieri ed il 2 giugno te ne partirai per Vicenza.
Quasi a monito del tuo passaggio in terra camuna, resteranno però alcuni degli edifici che stai toccando con mano ora, mutati certo nel vorticare dell’ultimo affannoso secolo; rimarranno certamente le montagne, pale e guglie di roccia e ghiaccio a fare da contorno all’amarezza della storia; e resterà lei, la Storia stessa, che tu soldato cerchi di rendere con parole compite e con il fare preciso della professione che tua madre t’ha imposto: il Politecnico t’attende e lo riprenderai tornato da Celle e da mesi di prigionia in Germania; ma tu questo ancora non te lo puoi immaginare.
E di tutti i tuoi appunti che ti porterai appresso e che in buona parte riuscirai a salvare, negli spostamenti di prigioniero da un campo all’altro, di tutti questi minuti quaderni vergati con cura, che cosa ne farai? Vedranno le stampe, dapprima nel 1955, ma non ne sarai di certo felice. L’avere esposto i tuoi semplici ricordi ti rattristerà non poco e porterà anche delle noie per le persone citate, nonostante tu avrai provveduto a mutarne i nomi rispetto all’originale. Dovremo aspettare così degli anni per delle nuove edizioni, dove potremo leggere anche i veri nomi di quanti ti stanno accompagnando in questi anni di sorti avverse. Di certo, queste pagine resteranno una testimonianza preziosa della quotidianità della Prima Guerra Mondiale, vissuta e raccontata da persona direttamente coinvolta nei fatti: sono e saranno la tua prima palestra di scrittura.
“Come sono poco osservatore delle cose che non mi interessano! Da che sono in Valcamonica non ho sentito mai suonare una campana, eppure solo oggi la mia attenzione si fermò su questo fatto. Nessun campanile si anima mai, né a mattina, né a vespro, né durante le feste. La torre di Edolo (alta e massiccia costruzione in granito, di stile rinascimento abbastanza buono) non batte neppur le ore. La valle suona solo del fiume, della ferrovia, degli automobili, delle segherie elettriche, talora del tiro a segno. Quale differenza da quando, remota a ogni civiltà, solo il fiume e qualche campana vi avrà vissuto!” – Edolo, 26 ottobre 1915
Della Valle Camonica, terra del tuo battesimo del fuoco, non ti dimenticherai poi mai, tanto da citare a più riprese i camuni negli scritti – e nei pensieri? – futuri. Magari per l’incontro con lo sventurato Cesare Battisti, visto proprio in alta valle, o forse anche perché di tutta la tua mesta esistenza, questa fase avrà in fin dei conti costituito una parentesi di relativa serenità; se non di autentica felicità, almeno di crogiolamento nell’attesa di cose grandi, lungi dai dolori di cui ancora non hai cognizione. Questo soggiorno camuno sarà per te di fatto un preludio alla guerra, che dopo la disfatta di Caporetto a sua volta svolgerà la funzione di anticamera al lungo periodo di prigionia: e questa guerra per te, e ci duole ora dirtelo mentre alzi il capo dalle tue carte e sbirci gli ultimi vagoni del treno in stazione a Edolo, sarà lo spartiacque tra un mondo di speranze in divenire, e uno di brutti pasticciacci e di silenzi che mai verranno del tutto riempiti.
“Quattro anni e 3 mesi, cioè 51 mesi. Che anni! Quanti desiderî e rimpianti, ripensando, che atroci dolori, e come sono invecchiato di spirito! Domani vestirò l’abito borghese, smesso 51 mesi fa e non più portato neppur per un’ora, e lascerò la mia cara divisa di alpino.” – Milano, 17 settembre 1919.
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