AVVERTENZA – Questo non è un articolo tecnico e qui non si leggeranno recensioni: chi scrive non è un critico cinematografico.
Ci abbiamo pensato tutti, almeno una volta.
L’Argentina, il paese dei gauchos e del tango, del Boca Juniors e degli spazi sterminati, dell’asado alla domenica e del Fernet con Coca. Il paese degli scioperi, delle rivoluzioni, della passione e della follia.
Il paese del Che, soprattutto.
Perdersi nel quartiere di Palermo, a Buenos Aires, oppure passeggiare nel pomeriggio caldo di una domenica a dicembre fra le piazze di Parque Patricio, mentre le coppie ballano al ritmo della chacarera. Ma anche la Buenos Aires brutale e senza compassione, dove la vita vale meno di zero e puoi sentire il pericolo addensarsi sulla pelle. Un autobus che parte dalla stazione di Retiro e viaggia verso il “campo”, la campagna: il Chaco, Santa Fe, Misiones, Santiago del Estero, mentre alla radio passa la fisarmonica del chamamé. Ore passate sentendo la strada infinita che scorre via, fuori dal finestrino il vuoto immenso e la terra rossa e il tempo di un altro tempo. Per rovesciare il mondo basta puntare verso il Sud, dove ogni cosa sembra immobile da sempre, fra ghiaccio e solitudine: l’Argentina non finisce mai.
ATLANTIDA (2014) – di Inés María Barrionuevo
Due sorelle adolescenti, così diverse fra loro eppure così simili nelle insicurezze, restano in casa da sole durante una giornata di caldo insopportabile. C’è il racconto delle sensazioni in Atlantida, un tempo scandito dai paesaggi secchi ed esuberanti della campagna cordobese, il ritmo di una storia intima: amicizia e famiglia, sentimenti e dolore. Si entra, contemporaneamente, sia nella vita quotidiana, nel ritmo compassato, di un piccolo villaggio argentino, che nelle tensioni emotive delle tre giovani protagoniste, alla scoperta travolgente della loro identità sessuale. Qui c’è l’Argentina dei piccoli chioschi che vendono i porron di Quilmes, le birre da un litro, a qualsiasi ora del giorno e della notte; c’è l’Argentina delle macchine scassate che si muovono tra i piccoli villaggi; c’è l’Argentina in cui vorremmo, forse, essere cresciuti pure noi.
GARAGE OLIMPO (1999) – di Marco Bechis
Garage Olimpo è forse il film più conosciuto di questa piccola lista. E non si poteva non inserirlo, perché per capire l’Argentina fino in fondo è essenziale conoscere la storia tragica, violenta e feroce della sua dittatura. Garage Olimpo non fa sconti. Ci racconta con la lucidità del dolore la Buenos Aires di fine anni ’70 e le torture bestiali inflitte dagli uomini della Junta Militar presieduta da Jorge Rafael Videla agli oppositori del regime. La forza tormentosa del film di Marco Bechis sta tutta nello scontro fra l’andamento ordinario della Buenos Aires che si muove alla luce del sole e l’inferno oscuro, silenzioso, dei sotterranei metropolitani in cui migliaia di uomini e donne venivano distrutti.
LA CIENAGA (2004) – di Lucrecia Martel
Lucrecia Martel è considerata da molti la più importante regista del cinema indipendente argentino. Il suo stile, il suo taglio, hanno portato sullo schermo la società argentina senza filtri, raccontandone la cultura familiare, gli equilibri della relazioni, la distanza siderale tra città e campagna. Osserviamo in maniera lenta, destrutturata, disordinata, due famiglie in vacanza in una casa residenziale da qualche parte nel Nord Ovest del paese. Non succede niente, ma succede tutto: il ritratto, senza compromessi, della classe media argentina, della sua superbia e della sua assurdità.
LAS ACACIAS (2011) – di Pablo Giorgelli
In viaggio dal Paraguay a Buenos Aires, lungo la Ruta 11, la strada da 1000 chilometri che collega la capitale al confine paraguayo attraverso le province di Santa Fe, Formosa e del Chaco. Un road movie silenzioso, che racconta il carattere di una terra e ci parla di relazioni fra esseri umani veri. Gli attori, non professionisti, con le loro paure, i loro movimenti, la loro parlata castellana pesante, ci fanno ridere e commuovere: è la storia di due persone che pian piano scoprono di volersi conoscere, mentre sullo sfondo scorre l’Argentina più vera che c’è.
BUENA VIDA DELIVERY (2003) – di Leonardo Di Cesare
Come per la dittatura di fine anni’70, seppur nella chiara differenza dei presupposti e delle conseguenze pratiche, non si può dire di conoscere sino in fondo l’Argentina senza passare dalla crisi economica che nel 2001 ne ha mutato, per sempre, il volto. Da paese guida del continente sudamericano, faccia borghese e terra promessa per milioni di uomini e donne in arrivo dalla Bolivia, dal Paraguay, dal Perù, Buenos Aires, nel giro di poche settimane, si trovò a fare i conti con una delle catastrofi bancarie più pesanti di tutti i tempi. Questo piccolo film ci porta dentro l’Argentina della crisi e con ironia nera ci racconta la reazione di un popolo e il clima di un’epoca che nessuno, da quelle parti, dimenticherà facilmente.
EL BONAERENSE (2002) – di Pablo Trapero
Buenos Aires è una città straordinaria, un luogo di cui ci si innamora facilmente a prima vista per la sua natura selvaggia e incontenibile. Buenos Aires è un animale oscuro e bellissimo, diverso, una volta che ci si trova ad ammirarlo da vicino, dall’immagine romantica che ci si immaginava: no, Buenos Aires non è tutta Borges e Cortazar, tango ed empanadas. Ciudad Capital può diventare, nel giro di pochi secondi, il buco più oscuro di questa Terra. Il film di Pablo Trapero racconta la storia di un ragazzo di provincia che si trasferisce nella capitale ed entra in uno dei corpi di polizia più corrotti e immorali del mondo: la Bonaerense. Attraverso la scalata al potere del protagonista, Zapa, conosciamo una Buenos Aires spesso trascurata, ma la cui eccitazione inquieta ritroviamo dappertutto.
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