[di Manuel Lieta]
Confezionata in combutta con il fratello Olof nei fondamentali The Knife, o frutto del suo talento come nel progetto Fever Ray, la musica di Karin Dreijer si caratterizza sempre per essere bella tosta e di non facilissima digeribilità.
La cosa non è dovuta necessariamente a complessità armoniche o melodiche, anzi: negli The Knife, ma anche in Plunge, (per ora uscito solo in formato digitale: il disco vedrà la luce a febbraio 2018), le canzoni ammiccano spessissimo al pop, come del resto, in passato, fecero brani come “Pass This On” o “Heartbeats”. Però c’è sempre qualcosa, un suono fuori contesto, un campione sbagliato e fuori tempo, quasi sempre l’uso della voce (aliena, distorta, raddoppiata sulle quinte o sulle ottave, pitchata in modo caricaturale), che punta al fastidio, al tarlo e allo scardinamento delle comfort-zone.
Necessario dire che il mood generale è completamente diverso dal precedente, e ormai datato, primo disco di Fever Ray: nel 2007 il tono era quello di una apocalittica elegia della maternità. Oggi il sentimento è la celebrazione della femminilità più vitalistica: la sessualità come arma ludica, politica e freedom-defining, il corpo come strumento di appropriazione beyond gender, l’ambientalismo radicale, il tutto in una dimensione (la canzone-manifesto è “This Country”: Free abortions/and clean water/Destroy nuclear, destroy boring/This country makes it hard to fuck/Every time we fuck we win) che conduce a un femminismo ultra-contemporaneo, molto nord-europeo e lontano anni-luce dai birignao che, nelle lande italiche, si esprimono in questi tempi. Di conseguenza i suoni disturbanti vanno verso il tutto a cannone, fermandosi giusto un attimo prima del terrorismo sonoro: ascoltate i synth malvagi in “Wanna Sip”, “IDK about you”, dagli stranianti suoni giapponesi, o il pop finto-sbarazzino di “To The Moon And Back” (I want to ram my fingers up your pussy, giusto per rimarcare i concetti). L’unica tregua è nella soave “Red Trails”, incentrata su uno struggente violino celtico, ma è un attimo, perché “An Itch” ci riporta a ritmi ossessivi e vocalità spinte, prima dell’ipnosi di “Mama’s Hand”.
Da Plunge uscirete con orecchie e testa affaticate, ma ne vale la pena, credeteci.
Karin Dreijer porterà Fever Ray a Berlino il 28 febbraio 2018, alla Columbiahalle. Altre tre date in giro per la Germania (Monaco, Amburgo, Colonia), una sola data in Italia, a Milano il 20 febbraio 2018 al Fabrique.
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