Change your life, change yourporn collection.
Vidi il mio primo video porno a diciassette anni; con enorme scaltrezza mi burlai della scritta che mi chiedeva se fossi maggiorenne e avanti tutta. Non ricordo le sensazioni della prima volta, so solo che ce ne furono altre appresso e bene o male si attivava ogni volta un meccanismo quasi matematico secondo la regola di – aperta parentesi – eccitazione più senso di colpa – chiusa parentesi – moltiplicato per terrore di essere scoperta, uguale profonda frustrazione. Ma il risultato non modificava la mia attrazione nei confronti di questa attività che era “da maschio” facendomi sentire un po’ lontana dalla visione delle mie amiche, con le quali evitavo di parlarne. Se le femmine non erano eccitate dal porno doveva allora vivere in me un fondo di perversione che non ero pronta a condividere; non ero ancora ben consapevole del fatto che essere un essere umano comporta il non poter smettere di sentire ciò che si sente, perché è la naturalezza delle cose. Per questo motivo ora so confessare che, sì, il porno mainstream fisiologicamente mi eccita, ma allo stesso tempo non mi piace come mi fa sentire.
Negli anni in cui ero maggiormente demoralizzata dai miei sentimenti in contrasto, Erika Hallqvist aveva visto da un bel pezzo il suo primo video porno, a Stoccolma; lì al nord pare che fossero più aperti sull’argomento già sul finire degli ’80 e la mentalità della giovane Erika non era quindi soggetta a troppe forzature culturali. Ma anche a lei qualcosa non quadrava, quel porno mancava di una visione più realistica e meno maschilista. Quando si iscrisse alla facoltà di Scienze Politiche e Studi di Genere le capitò di leggere un libro di Linda Williams, Hard Core: Power, Pleasure, and the “Frenzy of the Visible”. Fu la sua illuminazione, scoprì cosa avrebbe fatto da grande: rigenerare la prospettiva femminile come pubblico della pornografia, sfatando il mito che il porno sia solo “da maschio”.
Cambiò il suo cognome in Lust, più d’impatto e riconoscibile rispetto all’originale scandinavo, si trasferì a Barcellona e iniziò la sua carriera come regista di film hard. La concorrenza era molta e all’inizio nessuno credeva nelle sue capacità. Il suo porno era diverso, era concentrato sul risolvere tutte le falle che aveva potuto annotare negli appunti presi scrutando il lavoro dei colleghi già in pista. Voleva il porno delle pari opportunità, donne e uomini con i difetti e i pregi fisici che un corpo lontano dagli standard dei social può esprimere attraverso la propria unica sensualità, la complicità degli attori, i sentimenti. Le diedero della sognatrice o dell’incompetente, ma alla fine ottenne quello che voleva, e a oggi conta davvero molti fan, di tutti i generi.
Quattro regole, dice, sono essenziali da seguire nel suo cinema per adulti, quattro regole che definiscono il suo marchio di fabbrica e che, a livello empatico, permettono allo spettatore di partecipare in uno scenario non solo più coinvolgente, ma in qualche modo anche più sicuro.
Regola n° 1. L’importanza del piacere femminile
Facendo una chiacchiera con qualche amica ho scoperto che quasi tutte sono d’accordo nel dire che una percentuale che rasenta il cento per cento dei video o dei film porno che hanno visto non ha ben lontanamente l’idea di dare spazio al piacere femminile, a meno che, aggiunge qualcuna, non piaccia la sottomissione. Tuttavia la maggior parte di loro pensa che il porno possa risultare uno strumento educativo, che possa rendere più disinibite e che possa insegnare a dare piacere e a capire come riceverne. Questo non le porta comunque, se non in rari casi, a riscontrare un’eccitazione sessuale; il sentimento prevalente è la rabbia per lo scarso realismo, e l’esperienza, valutata come poco soddisfacente, difficilmente è stata ripetuta.
Basicamente la Lust, aveva riscontrato le stesse problematiche nel porno mainstream e a rappresentare il suo pensiero a riguardo c’è un simpatico video in apertura del suo sito internet in cui simula scherzosamente una boccaccia per esprimere il suo bleah. Un buon porno deve chiaramente tenere conto anche delle esigenze della vagina, bisogna quindi rimediare agli spezzoni internettiani in cui l’uomo s’acquieta e il video finisce. Five Hot Stories For Her è una possibile soluzione; già nel primo episodio le si deve dare conto che anche se non facile da rappresentare cinematograficamente come quello maschile, l’orgasmo femminile può riuscire sullo schermo, può trovare una sua soddisfacente espressione.
Ora, non si pensasse che il porno femminista – così lo definisce lei – sia il porno di petali di rosa e preliminari come, dice, accade spesso nei female friendly. Nei film di Erika Lust sono apprezzati tutti gli attrezzi del mestiere, che si tratti di classici vibratori o di stringi capezzoli, maschere o body da bondage. Non è importante quale categoria ecciti di più, l’importante è sapere che quello che si guarda riservi una formula di agio e conforto, e che il rapporto tra i performer sia sempre realisticamente paritario.
Regola n° 2. Esistono dei valori cinematografici anche nel porno
Il mio rapporto con il porno si è per lo più basato sui video dei siti internet, caratterizzati da breve durata e assenza di trama, un poco aridi e uguali a se stessi. Gianmarco, che ha svolto in ambito universitario diverse ricerche sul porno da un punto di vista prevalentemente semiotico, mi dice che esistono trame di film hard non troppo brutte e aperte a interpretazioni o riferimenti “culturali” – come il remake di Alice Nel Paese Delle Meraviglie con Sasha Grey. Gli chiedo qualche suggerimento circa il materiale che secondo lui è più utile consultare, mi passa un paio di link e sottolinea: il consiglio che ti do è di avere la pazienza di guardare un film intero, vedere singoli video cambia drasticamente il senso. Ha ragione sul fatto della pazienza, io non ne ho mai avuta.
Comincio quindi con Five Hot Stories For Her e Life Love Lust e non giudico particolarmente stimolanti le trame della Lust, né le ambientazioni e soprattutto trovo irritante il doppiaggio in spagnolo. Ma stempero la critica dopo Cabaret Desire, che mi pare più vicino a questa seconda regola: un salotto scuro, diversi attori tatuati portano i baffi come negli anni venti, diverse attrici sono strette in corpetti più che aderenti o vestono da uomo con grande eleganza. I clienti del cabaret hanno acquistato dei gettoni che assomigliano alle fiches del poker, sono il compenso da fornire all’attore prescelto perché apra il suo taccuino di cuoio e legga loro un racconto erotico. Per lo spettatore si aggiunge una rappresentazione scenografica efficace con particolare cura nell’arredamento delle scene d’interno.
Il divano di pelle nera in una stanza scialba è decisamente out.
Regola n° 3. La realtà della varietà dei corpi; forme, razza ed età
A un certo punto i video porno di facile portata mi iniziarono a stufare, volevo qualcosa di più realistico e affine a me. Iniziai a cercare dei video in italiano, scoprii un sito nel quale tizi con maschere alla Eyes Wide Shut usavano un linguaggio spinto ma che perlomeno comprendevo. Mi sembrò curioso l’essere principalmente attratta dai loro corpi, non troppo giovani, non troppo magri, decisamente non rifatti. Mi piaceva la cellulite e mi piacevano i seni penduli; ero attratta dalla loro normalità.
Molti degli attori di Erika Lust – non tutti – sono prevalentemente giovani e in buona forma fisica, ma allo stesso tempo portano addosso qualche segno che rende il loro aspetto unico, e in quanto unico attraente. Il maggiore grado di sensualità si rileva negli attributi non belli ma drasticamente realistici; un’attrice ha una cicatrice particolarmente evidente sulla natica sinistra, un attore ha una curvatura del naso molto pronunciata. Un altro ha tatuaggi di conchiglie sul petto, un’altra ha un sedere piuttosto morbido e diverse smagliature.
Soprattutto la Lust mira ad una rappresentazione varia da un punto di vista etnico; Spagna, Cina, Perù, Brasile si incontrano in uno stesso letto e ballano le loro mille sfumature. Raccontano di corpi che, in fondo, sono simili nell’essere diversi.
Il realismo rende tutto decisamente più naturale.
Regola n°4. Il processo di produzione deve essere etico
Per Erika Lust la complicità tra gli attori è fondamentale. Il casting è un processo lungo volto non solo a comprendere se effettivamente l’attore che si propone sposi o meno la visione della casa di produzione Erika Lust Films, ma anche a capire il grado di compatibilità tra i performer. Nella fase di selezione antecedente al ciak viene chiesto loro con chi preferiscano lavorare per cercare di creare situazioni che siano il più possibile confortevoli. Tutti devono essere sex positive, devono cioè essere orgogliosi del proprio lavoro e avere a cuore il compiacimento del proprio partner. Devono essere entusiasti e coinvolti in quello che fanno. C’è poi la questione del preservativo, sono pochi i video in cui compare, ma anche qui la decisione viene lasciata ai performer che possono scegliere di indossarlo e farlo indossare o meno.
Questo è il processo che la Lust definisce etico, il rispetto dell’essere umano e la dignità dello svolgere il proprio lavoro nella più totale serenità.
La Lust parla con naturalezza della perversione sessuale, lascia spazio alla fantasia del suo pubblico, incoraggiandolo a vincere le resistenze sul porno – e sul sesso – che tutti, ognuno a suo modo, abbiamo dall’adolescenza. Promuove il progetto XConfessions, volto a mettere in scena i desideri che i fan le confessano in forma anonima tramite un sito internet creato appositamente. Il mondo dell’immaginazione erotica è sconfinato: quanto potrebbe essere stuzzicante sapere di esserne, per i dieci minuti che dura una XConfession, il protagonista? Submit, un click per una risposta.
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Immagine di copertina: uno screenshot dall’homepage del sito di XConfession
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