No, ti prego.
Non farlo.
Dai no.
Per favore, no.
Niente.
Ha iniziato a russare. Ciao sonno.
Mi giro a guardarlo e, nonostante tutto, provo del sollievo. Temevo che il primo pensiero a sorprendermi sarebbe stato: ‘Che cosa stai facendo?’ oppure ‘Perché sei qui, vattene.’ Invece mi trovo a pensare che sia bello, lui, e che abbia una faccia davvero rotonda. Dorme già da un po’, è tipo svenuto, con la luce accesa e la musica ancora in play. Io invece sono qua, con gli occhi sbarrati. Le pecore le ho già contate. Il soffitto, le tende, il comodino, la testiera del letto li ho già ispezionati. Il resto della stanza è troppo in penombra perché riesca a vedere qualcosa. Il cuscino é comodo. Il letto anche. Mi ci sono messa in tutte le posizioni. Lato destro, lato sinistro. Pancia in sù, in giù. Gambe a fenicottero. Gambe a rana. Braccia sopra la testa. Sotto al sedere. Mani a mo’ di preghiera. A mo’ di faraone. Vicino a lui, lontano da lui. Niente. Cosa fare?
Opzione A: me ne vado.
Pro:
Dormirei.
La mattina sarei da sola.
Non lo sentirei più russare.
Contro:
I mezzi non hanno ancora ricominciato a funzionare e non abito vicino.
Non ha il sonno così pesante da non accorgersi di niente. Sicuro si sveglierebbe mentre mi sto allacciando le scarpe e mi chiederebbe cosa stai facendo, con quel suo tono perentorio e io gli darei una risposta stupida come, il fiocco alle stringhe, o gli direi qualcosa di solo tangenzialmente pertinente come, hai finito la camomilla, perché é così che faccio quando sono in imbarazzo. Lui sarebbe troppo stordito dal risveglio per fare quell’espressione semi spazientita di quando dico cazzate e lui si crede troppo gentile da farmelo notare, quando invece ce l’ha stampato in faccia cosa pensa, ma sbufferebbe sonoramente l’aria dalle narici. Appoggerebbe di nuovo la testa sul cuscino e chiuderebbe gli occhi. Io rimarrei lì immobile senza sapere cosa fare per qualche secondo. Poi lui mi direbbe torna a letto ed io obbedirei un po’ perché mi piace quando mi si danno degli ordini, un po’ perché mi sentirei un’infame per aver cercato di sgattaiolare via nel mezzo della notte.
Opzione B: mi faccio una camomilla.
Pro:
Nessuno. La camomilla non serve a niente.
Contro:
Non so dove siano le cose. Dovrei aprire ante e sportelli e finirei per fare rumore. Sicuro si sveglierebbe, verrebbe in cucina e mi troverebbe lì, come un gatto a farsi le unghie sulla poltrona di pelle. Che cosa stai facendo, mi chiederebbe con quella sua aria seria che allo stesso tempo è sempre un po’ canzonatoria. Io gli direi, non ti preoccupare, torna a letto. Cosa cerchi, mi risponderebbe, ignorando completamente il fatto che in realtà non voglio che si disturbi. E finirebbe per prepararla lui la tisana, con quel suo fare sbrigativo che mi fa sentire un’incapace e anche un po’ viziata.
Opzione C: leggo.
Pro:
Mi stanca gli occhi.
Contro:
Devo aspettare che ci sia abbastanza luce. Altrimenti dovrei accendere l’abat-jour, che si trova dal suo lato del letto. Sicuro si sveglierebbe, mentre faccio il possibile per non toccarlo troppo allungandomi sopra di lui alla ricerca dell’interruttore. Cosa stai facendo, mi chiederebbe, voglio leggere gli risponderei, devi proprio? E mi verrebbe una stizza che mi farebbe riconsiderare l’opzione A valutando se farmela a piedi fino a casa. Ma alla fine risponderei che no, posso evitare, perché sono ospite e non voglio dar fastidio.
Opzione D: cammino
Pro:
Mi rilassa.
Contro:
Le assi del pavimento scricchiolano e le case in Germania sono costruite così male che ad ogni passo, seppur lieve, vibrano tutte le pareti. Dovrei adottare una camminata alla Lupin, prima punta poi tacco, leggiadra. Mi ci dovrei concentrare così tanto che non sarebbe affatto rilassante. E la casa è piccola, finirei per fare avanti indietro tra cucina e corridoio per un totale di undici passi all’andata e undici al ritorno. Poi é scontato che quando si cerca di non far rumore si sbatte sempre il mignolo contro la scarpiera, producendo quel tonfo sordo, seguito da un mugolio involontario e una sfilza di imprecazioni sussurrate. Sicuro si sveglierebbe, mi troverebbe appoggiata allo stipite mentre mi stringo il piede. Cosa stai facendo, mi chiederebbe, e mi sentirei colta in fallo come nelle notti d’estate in cui mio padre mi sorprendeva a vedere i film di Lino Banfi che davano in seconda serata. Niente, direi, avevo sete. C’è la bottiglia sul comodino, mi direbbe, e io penserei a come diavolo fa a fare mente locale da appena sveglio.
Opzione E: medito.
Pro:
Dicono che distenda i nervi, ma non ho le prove.
Contro:
Non sono capace. Proverei a respirare. Mi domanderei, ma inspiro dal naso ed espiro dalla bocca, o posso fare tutto dal naso. Poi mi accorgerei di quanto i miei respiri siano superficiali, darei la colpa ad una cassa toracica troppo piccola. Mi verrebbero in mente i test dal medico sportivo in cui mi facevano soffiare in quell’aggeggio, che puntualmente non passavo, ma su cui chiudevano sempre un occhio. Mi ricorderei che lo scopo della meditazione é non pensare, allora mi immaginerei un boa constrictor che fluttua in uno stagno. Poi penserei al Piccolo Principe e al fatto che non mi sia piaciuto quel libro, ma che forse dovrei rileggerlo. Sbufferei innervosita dal fatto che stia miseramente fallendo. Ricomincerei i respiri da capo, ma mi verrebbero veloci e rabbiosi. Forse lui questa volta non si sveglierebbe, ma si agiterebbe al mio fianco contagiato dalla mia agitazione. Opterei per smettere e rimarrei ferma nel letto a pancia in sù, con il battito accelerato, più sveglia di prima.
Opzione F: niente.
Pro:
Non lo sveglio.
Contro:
Non dormo.
Ancora supina, una mano sul seno sinistro, una sulla pancia. Guardo l’intonaco che non è completamente liscio e gli angoli del soffitto, che non hanno ragnatele. La notte comincia a schiarirsi. Domani è domenica. Comincio a fare piani per la giornata, vagliare le opzioni, a, b, c, d. Poi penso al lunedì, al martedì. Ha smesso di russare. Che cos’ho da fare mercoledì? Penso a tutti gli impegni, alle persone che devo chiamare, alle mail a cui devo rispondere, alle consegne. Tutto ciò non aiuta. È quell’ora in cui gli uccelli iniziano a cantare, tipo le quattro. Non riesci a dormire, mi chiede una voce impastata alla mia destra. Mi giro e lo vedo che mi guarda, con gli occhi socchiusi, che anche nel buio so essere lacustri. Scuoto la testa e lui fa quel suo sospiro da drago. Chiude gli occhi, affonda la testa meglio nel cuscino. Alza un braccio fuori dalla coperta, aspetta che io mi giri su un fianco, che mi avvicini, e poi mi avvolge.
Opzione G: dormo.
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Foto di copertina: Public Domain
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