Abbiamo letto percorsi di vita, ci abbiamo meditato sopra. Abbiamo stretto forte tra indice e pollice ogni singola pagina, confortati dall’odore della carta quando è nuova. Abbiamo imparato e abbiamo ancora voglia di imparare, da strade giovani percorse da grandi, da strade antiche per passi più acerbi.
Tra empatia e distacco, c’è un terreno adatto ad ogni piede.
Futuro
Marc Augé (Bollati Boringhieri, 2012)
Il celebre urbanista dei non luoghi ragiona su quella che è di certo una delle cifre distintive del nostro tempo: vivere in funzione di un’idea già prestabilita del nostro domani. Finché non raggiungeremo e vedremo materializzata davanti a noi quella che, nel nostro immaginario, da decenni, viene proiettata da libri e film come la visione del futuro a cui dobbiamo arrivare, non riusciremo a liberarcene e non potremo modificarla: viviamo in una sorta d’ipertrofia del presente.
In un certo senso il nostro tempo non è più lineare ma circolare. Come quello delle società primitive, come quello del mondo contadino, fondati sull’alternanza delle stagioni. E anche noi del resto viviamo di stagioni: sportive, scolastiche, politiche. Come uscirne? “La crisi provocata dalla finanza, amplificata dai media, vecchi e nuovi, ci ha rubato il futuro. Lo ha letteralmente seppellito sotto le paure del presente. Tocca a noi riprendercelo”.
Michele Galasso
Il potere delle immagini. Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico
David Freedberg (Piccola Biblioteca Einaudi, 2009)
“Intendo occuparmi di quelle reazioni che vengono represse in quanto troppo imbarazzanti, troppo evidenti, troppo rozze o troppo elementari, in quanto […] hanno radici psicologiche che preferiamo non ammettere”. Passando in rassegna una grande quantità di esempi storici e artistici, Freedberg conduce il lettore ad interrogarsi sull’empatia con l’immagine e sul confine tra reazione reale e reazione potenziale risultanti dall’impatto visivo con un’opera d’arte. Gli aneddoti intriganti, tra statue di cera dalle sembianze umane e latitanti condannati in effigie, si integrano a pieno nella tesi fluida che regge tutta la struttura del libro: esiste un quoziente di energia intrinseco alla stessa opera d’arte che distoglie chi la osserva dalla costrizione della convenzione.
C. Montebecchi
L’eleganza del riccio
Muriel Barbery (E/O, 2007)
Ho letto la prima pagina di questo libro davanti ad una cioccolata calda, perché anche se a Berlino non fa più tanto freddo, avevo bisogno di una coccola invernale. Seduta ad un tavolino che dà sulla Spree ho conosciuto Renée e Paloma e Kakuro, perché hanno scelto delle sedie accanto alle mie. Sembravamo molto distanti, ognuno concentrato sui propri contorcimenti filosofici, ognuno con un cubo di Rubick mentale troppo colorato, troppo incasinato nel suo essere semplicemente un cubo.
Poi ci siamo guardati e sorrisi, tutti e quattro, e insieme siamo venuti a capo delle nostre incongruenze individuali e sociali.
Pensieri cremosi di una scrittrice che indossa i panni di ogni personaggio e che consente al lettore di introdursi altrettanto facilmente in un mondo quasi elitario; elitario non perché non adatto a tutti, ma perché nell’intimità si entra uno per volta sentendosi un po’ speciali.
Greta Canestrelli
La rivoluzione del filo di paglia
Masanobu Fukuoka (Libreria Editrice Fiorentina, 2011)
Un libro da assorbire giorno per giorno, nella calma della meditazione. Fukuoka non insegna ai suoi discepoli l’arte dell’agricoltura naturale, ma uno stile di pensiero: parla per parabole e quello che ne deriva è una filosofia del saper vivere, del riprendersi gli spazi politici e sociali, le gioie imprescindibili, di cui il mondo del progresso vuole facciamo a meno.
Dalla sua storia personale come scienziato e microbiologo per il ministero giapponese alla sua radicale scelta di vita: dedicarsi ad uno stile di vita ancestrale, in rapporto con l’uomo, la natura e quanto di più alto e profondo ci sia, in ogni piccolo stelo di paglia che cresce al vento. Una battaglia personale che Fukuoka ha portato avanti dal dopoguerra dapprima nelle sue terre, poi attraverso conferenze e pubblicazioni, in un paese e in un’epoca che alla produzione e all’occidentalizzazione sembrano invece aver donato l’anima.
Attorno a lui una rinascita del sano vivere si è a poco a poco fatta strada in Giappone, e questo libro diffonde in noi la serenità adeguata perché un cambiamento possa avere atto. Più che un libro, un testo sacro per il nostro immediato futuro.
M. G.
L’origine
Thomas Bernhard (Adelphi, 1992)
Dentro la stanza delle scarpe è concesso di suonare il violino. E di pensare al suicidio. E la scrittura incalza, chiarisce, spiega, sottolinea, evidenzia, incide. Incide la manina morbida di un bambino staccata dal resto del corpo che la suola della scarpa calpesta. Viene travalicato il cinismo e l’odore delle macerie dei bombardamenti d’improvviso si traduce in ripetuti conati.
In questa origine di un uomo costretto ad offuscare rapidamente la propria sensibilità dietro una patina di praticità, come si conviene nei tempi di crisi, c’è una fluida ricostruzione di blocchi di cemento che solidificano l’opinione di se stesso in un viaggio che, nonostante tutto, incontra momenti di tenerezza per i propri affetti. Alla sua destra Montaigne, alla sua sinistra gli insegnamenti del nonno: una visione quasi kantiana del concetto di sublime si traduce nella forte necessità di essere chiari, con se stessi e con gli altri, in un’ottica di sopravvivenza.
Bianca Tigre
Memorie d’una ragazza perbene
Simone de Beauvoir (Einaudi, 2005)
Mi è stato regalato questo libro con una dedica più preziosa della carta che tenevo tra le mani. Dietro quella dedica, ad impugnare la penna, c’era una donna che stimo molto. Ce n’era un’altra nell’inchiostro di quelle pagine che raccontava se stessa con dovizia e sentimento. E poi c’ero io che imparavo da loro.
L’educazione di Simone de Beauvoir, nata il 9 gennaio 1908 alle quattro del mattino, è un’educazione che si addice ad un animo curioso e impavido, fermo e preciso. Con grande determinazione e con perizia cronologica racconta della formazione di una giovane venuta al mondo già con un passo in avanti. Dalla disillusione della religione all’incontro con Sartre, dalla passione per i suoi studi al confronto con tante menti, si scivola su un percorso che, nonostante qualche sobbalzo, dà l’idea di essere rettilineo e ricco.
Tamara L.
Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere
Michel Serres (Bollati Boringhieri, 2012)
In un momento in cui da più versanti il sistema Scuola viene messo in discussione, un saggio senza peli sulla lingua su come andrebbe ripensata l’educazione infantile. Scuole alternative, ricerche sulle relazioni tra libero movimento del corpo e profondità d’apprendimento, metodi nuovi per una società che è mutata ed aspetta un cambiamento.
Le tecnologie digitali, la virtualità e la connessione in tempo reale dell’intero pianeta minano alle basi l’accesso e la fruizione del sapere per come le concepivamo fino a solo un decennio fa. Una rivoluzione pari a quella dell’invenzione della stampa, di un impatto così importante per il nostro intero quadro culturale ed antropologico, che sarà difficile stare al passo con i suoi sviluppi. Su questo si interroga la giovane mente di Serres, nonostante i suoi oltre ottanta anni di età (classe 1930): siamo noi a dover ancora insegnare ai nostri ragazzi, o sono loro da cui dovremmo oggi apprendere?
Il mondo non è più monolitico, non ha più spazio per i vecchi mostri, le vecchie gerarchie e i privilegi secolari: tutto si è disciolto, ridotto in infinite particelle e si trova semplicemente diffuso tutto attorno a noi. Noi siamo il cambiamento. E per farlo non si può far altro che guardare ai ragazzi, ai giovani e alla loro brillante e ostinata inventiva, unica capace di svincolarci dalle nostre atrofizzate rigidità.
Michele Galasso
L’immortalità
Milan Kundera (Adelphi, 1993)
Laura, con studiata eleganza, stendeva quel braccio fino a stirare completamente le dita e lievemente accennava quella formula di saluto che era appartenuta a qualcun altro. Ero dentro ai suoi muscoli in tensione e mi proiettavo a quando, dalla finestra che dà sul cortile, nonna si affacciava dal terzo piano e io voltavo mezzo busto e slanciavo il braccio sorridendo.
Tra sentimenti propri e rubati, i gesti sono la chiave di lettura di due intrecci di storie più o meno recenti che ricordano all’essere umano che il tessuto di cui è composto ce l’ha ben scritto sull’etichetta.
Sedete anche voi sulle ginocchia di Goethe e lasciate che i romanticismi volino effimeri con una leggera ma palpabile sensazione alla gola. Scegliete con cura un gesto che vi contraddistingua. O sottraetelo a qualcuno se la sicurezza in voi stessi vi dichiara una maggiore eleganza.
Greta Canestrelli
Emotions in history – Lost and found
Ute Frevert (Ceu Press, 2011)
Questo libro l’ha scritto la direttrice del dipartimento “Moral Economies” dell’Istituto Max Planck di Berlino, dove volevo fare domanda di dottorato ma dove poi mi è stato detto non accettano più candidature. Mai più. A parte la tristezza di questo preambolo poco pertinente, il libro è davvero interessante. Si tende a pensare che emozioni come amore, paura, aggressività, vergogna o malinconia siano concetti che rimangono stabili nel corso della storia. Invece no, subiscono delle profonde modifiche in accordo alla società in cui si sviluppano. Addirittura alcune emozioni scompaiono lungo il corso della storia e vengono rimpiazzate da altre in base alle esigenze culturali del momento. C’è un focus su come l’identità di genere influisca e abbia influito sulla conformazione delle emozioni cosiddette “maschili” e “femminili”, io ho trovato particolarmente affascinante la parte che tratta del concetto di onore e della pratica del duello.
Margherita Seppi
Aria sottile
Jon Krakauer (Corbaccio, 2005)
Neve, ambizione e giornalismo. Questo è quello che troverete in Aria Sottile, probabilmente il miglior libro mai stato scritto sull’alta montagna. Inviato come reporter al seguito di un gruppo di scalatori intenzionato a conquistare l’Everest, Krakauer si trova precipitato in una delle peggiori tragedie che l’alpinismo ricordi. Un libro sempre attuale, benché scritto nel 1996, che serve a far riflettere sui rischi del cosiddetto “turismo d’alta quota”: è giusto derogare ai propri limiti fisici per inseguire la gloria? E questa gloria può avere un prezzo? Sono tutte domande alle quali il mondo dell’alpinismo sta ancora cercando di dare una risposta. La descrizione minuziosa, l’analisi umana e ambientale sono i tasselli che permettono all’autore di ricostruire la catena degli eventi, chiedendo a se stesso e ai lettori dove si trovino la moralità e il limite umano ad un’altitudine che permette di sopravvivere per meno di 24 ore.
Francesco Somigli
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